Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23491 del 26/08/2021

Cassazione civile sez. I, 26/08/2021, (ud. 14/05/2021, dep. 26/08/2021), n.23491

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27951/2015 proposto da:

Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro

tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

P.G.D.E.;

– intimato –

e sul ricorso successivo:

A.C., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in Roma,

Via Federico Cesi n. 72, presso lo studio dell’avvocato Domenico

Bonaccorsi Di Patti, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato Giancarlo Faletti, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro

tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4955/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/5/2021 dal Cons. Dott. MARCO MARULLI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza depositata il 4.9.2015 la Corte d’Appello di Roma, in parziale accoglimento dell’appello proposto tra gli altri da P.G.D.E., medico specializzatosi negli anni compresi tra il 1982 ed il 1992, ha liquidato in favore del medesimo le somme dovutegli a ristoro del danno conseguente al mancato adempimento da parte dello Stato italiano degli obblighi discendenti dalla direttiva 82/76/CEE del 26.1.1982 e, segnatamente, dell’obbligo indicato dal punto 1 dell’allegato di assicurare ai medici specializzandi “un’adeguata remunerazione”, sull’assunto che all’atto della proposizione della relativa domanda il diritto del P., soggetto a prescrizione decennale secondo i deliberati di questa Corte, non era ancora prescritto.

Il giudice distrettuale ha invece denegato il chiesto ristoro nei confronti di A.C. + 17 atteso che il diritto alla remunerazione era stato riconosciuto con decorrenza dal 1.1.1983, data di entrata in vigore della direttiva 82/76/CEE e che i predetti si erano specializzati ovvero avevano iniziato i corsi di specializzazione prima di questa data.

Per la cassazione di detta sentenza insistevano, con separati ricorsi proposti in via autonoma, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e l’ A. + 17. Memoria di A. + 17 ai sensi dell’art. 380-bisl c.p.c..

Con ordinanza interlocutoria 24244/2020 pronunciata all’adunanza del 7.10.2020 il collegio investito della trattazione della causa rilevava la nullità della notifica del ricorso erariale nei confronti del P. e ne disponeva perciò la rinnovazione, a cui tuttavia l’onerato non dava seguito.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Va previamente disposta in adesione al principio dell’unicità del processo di impugnazione la riunione dei predetti ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

In ragione di ciò, per il principio di prevenzione nella notificazione il ricorso A. + 17, essendo stato proposto con atto passato per la notifica il 22.7.2016, successivamente perciò alla notificazione del ricorso proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri avvenuta il 23.11.2015, si converte in ricorso incidentale con l’effetto che ai fini della sua ammissibilità, come costantemente affermato da questa Corte, andrebbero osservati i termini dell’art. 370 c.p.c., comma 1.

Poiché peraltro nella specie il ricorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri è stato notificato solo al P. e non a tutti i litisconsorti partecipanti al giudizio di appello si renderebbe applicabile l’art. 332 c.p.c., comma 1, dovendo perciò ordinarsi l’integrazione del contraddittorio a mente della norma dianzi citata nei confronti di tutti i predetti litisconsorti. La superfluità nella specie di questo adempimento è resa tuttavia manifesta, da un lato, dalla constatazione che in relazione alle posizioni dell’ A. + 17, costoro hanno impugnato la sentenza della Corte d’Appello con ricorso proposto in via autonoma, sicché come si è altrove affermato “diversamente opinando si perverrebbe all’illogica conclusione di non consentire alla parte di fare quello che la norma favorisce, prevedendo che il giudice deve ordinare la notifica dell’impugnazione principale proposta alle altri parti, proprio per consentire l’appello incidentale di queste ultime” (Cass., Sez. III, 26/06/2012, n. 10614); mentre dall’altro, in relazione alla posizione dei restanti litisconsorti, è decorso il termine di sospensione previsto dall’art. 332 c.p.c., comma 2, di modo che, pur se non sia stato loro notificato il ricorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nessuna impugnativa può essere più esperita dai medesimi essendo spirato il termine dell’art. 327 c.p.c..

Il principio enunciato dall’art. 332 c.p.c., comma 2, rende anche giustizia dell’ammissibilità del ricorso A. + 17, ancorché esso assuma la veste di ricorso incidentale e malgrado ciò sia stato proposto fuori dai termini previsti dall’art. 370 c.p.c., comma 1. Ed invero, se per l’ipotesi in cui l’ordine di notificazione impartito dal giudice a mente dell’art. 332 c.p.c., comma 1, resti inevaso l’unico effetto previsto è che il processo di impugnazione resti sospeso fino allo spirare dei termini, a seconda dei casi, previsti dagli artt. 325 e 327 c.p.c., questo vuol dire che il legislatore ha inteso salvaguardare il principio dell’unicità del processo di impugnazione anche nei confronti di quei litisconsorti a cui, non essendo stato notificato il primo atto di impugnazione, non può essere negato il diritto di impugnare la sentenza e di farlo fino alla scadenza dei termini predetti. Non diversamente va regolato il caso di specie, poiché anche in questo caso non si è dato corso all’integrazione del contraddittorio a mente dell’art. 332 c.p.c., comma 1 e ciò malgrado i litisconsorti pretermessi hanno impugnato la sentenza nel termine dell’art. 327 c.p.c.. Di ciò questa Corte ha già avuto ragione di convincersi, nel precedente citato in relazione al caso di taluni litisconsorti che, non essendo stati notificati dall’impugnante principale, avevano dispiegato comparsa di intervento nel giudizio d’appello nel termine annuale dell’art. 327 c.p.c.. La Corte, reputando ammissibile il gravame dei medesimi, ha affermato il principio, ben estensibile anche al caso che ne occupa giusta il quale “l’atto formalmente qualificato “di intervento in appello”, con cui una delle parti del giudizio di primo grado, litisconsorte facoltativo ed al quale non sia stata notificata l’impugnazione proposta da alcuna di esse, si costituisca nel giudizio di secondo grado e chieda la riforma della sentenza, va qualificato come appello incidentale ed è ammissibile solo se, per colui che lo compie, non sia ancora spirato il termine per impugnare”.

3. Tanto premesso, il ricorso erariale va dichiarato inammissibile posto che, benché fosse stata disposta con la citata ordinanza interlocutoria 24244/2020 la rinnovazione della notifica di esso nei confronti del P., il disposto incombente non ha avuto esecuzione con la conseguenza che “la mancata o non tempestiva rinnovazione della notificazione, disposta a norma dell’art. 291 c.p.c., per un vizio implicante la nullità della stessa, determina, nell’ipotesi in cui la notifica da rinnovare abbia ad oggetto un ricorso per cassazione, l’inammissibilità del medesimo, salvo che, prima che questa sia dichiarata, il ricorrente provveda ad altra valida notifica, restando in ogni caso esclusa la possibilità di assegnazione di un ulteriore termine per il medesimo adempimento, stante la perentorietà di quello già concesso” (Cass., Sez. VI-III, 29/05/2019, n. 14742).

4. L’inammissibilità che infirma il ricorso principale non rende peraltro inefficace a mente dell’art. 334 c.p.c., comma 2, il ricorso incidentale giacché “l’inefficacia dell’impugnazione incidentale, prevista dall’art. 334 c.p.c., comma 2, come conseguenza della inammissibilità di quella principale, riguarda l’impugnazione incidentale in senso stretto, tardivamente proponibile ai sensi del comma 1 di detta norma, non anche la impugnazione incidentale notificata nel rispetto dei termini ordinari” (Cass., Sez. II, 25/08/1994, n. 7505). E si è visto che il ricorso ora qualificato come incidentale è stato proposto in via autonoma nel termine consentito dall’art. 327 c.p.c..

5. Sicché venendo al suo esame, l’unico motivo di esso, con cui si deduce l’erroneità della sentenza impugnata per aver disconosciuto il diritto al ristoro dei predetti in quanto iscritti ai corsi di specialità in data antecedente al 1.1.1983, è fondato e merita accoglimento.

Si impone invero la regolazione della specie al lume del chiaro enunciato delle SS.UU., secondo cui “il diritto al risarcimento del danno da inadempimento della direttiva comunitaria n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive n. 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, sorto, conformemente ai principi più volte affermati dalla CGUE (sentenze 25 febbraio 1999 in C-131/97 e 3 ottobre 2000 in C-371/97), in favore di soggetti iscritti a corsi di specializzazione negli anni accademici compresi tra il 1983 ed il 1991, spetta anche per l’anno accademico 1982-1983, ma solo a partire dal 1 gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa, in conformità con quanto affermato dalla CGUE nella sentenza del 24 gennaio 2018 (cause riunite C-616/16 e C-617/16); ne consegue che occorre commisurare il risarcimento per la mancata percezione di una retribuzione adeguata, non all’intero periodo di durata del primo anno accademico di corso, bensì alla frazione temporale di esso successiva alla scadenza del termine di trasposizione della direttiva (31 dicembre 1982), a partire dalla quale si è verificato l’inadempimento” (Cass., Sez. U., 31/07/2018, n. 20348).

Poiché nel caso di specie la sentenza ha indistintamente negato il riconoscimento del predetto diritto sulla base dell’errata convinzione che i litisconsorti interessati, avendo frequentato i corsi di specialità prima del 1.1.1983, non avessero perciò titolo a percepire una remunerazione adeguata, prevista dal punto dell’allegato alla direttiva 82/76/CEE solo a decorrere da quella data, ne è doverosa alla stregua di detto principio la conseguente cassazione.

Il giudice a quo, a cui la causa va per questo rinviata, nell’attenersi al richiamato principio di diritto dovrà sceverare la posizione di ciascuno degli odierni ricorrenti incidentali e riconoscere anche per costoro il diritto al ristoro a partire dal 1.1.1983 secondo i criteri indicati dalla citata pronuncia delle SS.UU..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso principale; accoglie il ricorso incidentale, cassa l’impugnata sentenza nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Roma che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 14 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 agosto 2021

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