Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23490 del 18/11/2016
Cassazione civile sez. trib., 18/11/2016, (ud. 15/09/2016, dep. 18/11/2016), n.23490
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 9962/2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
M.F., elettivamente domiciliato in ROMA VIA CRESCENZIO
19, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE TORRE, rappresentato e
difeso dall’avvocato GENNARO MARINO giusta delega a margine;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 14/2009 della COMM. TRIB. REG. della TOSCANA
depositata il 25/02/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
15/09/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO;
udito per il ricorrente l’Avvocato TIDORE che ha chiesto
l’accoglimento;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CUOMO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, sulla base di un motivo, avverso la sentenza con la quale la Commissione tributaria regionale della Toscana aveva confermato la sentenza di primo grado di annullamento della cartella di pagamento emessa nei confronti di M.F., limitatamente alla somma di Euro 2.368,00, oltre accessori, relativa ad IRAP per l’anno di imposta 2002.
Riteneva il giudice di appello che il contribuente, medico convenzionato con il S.S.N., non fosse soggetto ad IRAP, svolgendo l’attività professionale in uno studio di 25 mq, senza avvalersi di dipendenti nè collaboratori, con una modesta dotazione di beni strumentali, tenuto altresì conto della esiguità dei redditi da attività libero-professionale, diversi da quello erogati dall’ASL.
Resiste con controricorso il contribuente.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denuncia “violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”. Sostiene che l’autonoma organizzazione richiesta ai fini IRAP non può escludersi allorquando il contribuente si avvalga di un immobile destinato specificamente all’esercizio dell’attività professionale, nella specie dotato delle caratteristiche strutturali e funzionali dello studio medico convenzionato previste dal D.P.R. n. 270 del 2000, art. 22. Il professionista disponeva, inoltre, di beni strumentali per Euro 11.457,00, mentre risultavano quote di ammortamento per Euro 598,00, consumi per Euro 708,00 ed altre spese documentate per Euro 2.559,00.
Il ricorso è infondato.
Questa Corte ha affermato che “in tema di IRAP, la disponibilità, da parte dei medici di medicina generale convenzionati con il SSN, di uno studio, avente le caratteristiche e dotato delle attrezzature indicate nell’art. 22 dell’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, reso esecutivo con D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270, rientrando nell’ambito del “minimo indispensabile” per l’esercizio dell’attività professionale, ed essendo obbligatoria ai fini dell’instaurazione e del mantenimento del rapporto convenzionale, non integra, di per sè, in assenza di personale dipendente, il requisito dell’autonoma organizzazione ai fini del presupposto impositivo” (Cass. (ord.), sez. trib., 28-04-2010, n. 10240). Tale orientamento è stato di recente ribadito dalle Sezioni Unite (Cass., sez. un., 13-04-2016, n. 7291).
Alla luce dei richiamati principi, deve escludersi la sussistenza, nella specie, del requisito dell’autonoma organizzazione richiesto per l’assoggettabilità del contribuente all’IRAP. Nel periodo di imposta in considerazione il resistente, difatti, è risultato titolare di uno studio professionale di modeste dimensioni e non si è avvalso di collaboratori. I dati relativi ai beni strumentali, compensi e spese, di contenuta entità, non integrano elementi significativi ai fini del presupposto impositivo, confermando – per contro – la sussistenza di una organizzazione non eccedente il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività di medico convenzionato con il S.S.N..
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 1.500,00, oltre rimborso forfetario nella misura del 15% ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 15 settembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2016