Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2349 del 31/01/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 2349 Anno 2018
Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO
Relatore: SCODITTI ENRICO

ORDINANZA

sul ricorso 28690-2014 proposto da:
BILISARI FABRIZIO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA BARNABA ORIANI 85, presso lo studio dell’avvocato
GIUSEPPE TAMBERI(STUDIO LEGALE DI GRAVIO),
rappresentato e difeso dall’avvocato MARIO TAMBERI
giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente contro

AZIENDA USL 9 GROSSETO in persona del Direttore
Generale legale rappresentante pro tempore Dott.
DANIELE TESTI, domiciliata ex lege in ROMA, presso la
CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata
e difesa dall’avvocato LUIGI ZINGARELLI giusta

Data pubblicazione: 31/01/2018

procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente nonchè contro

CORTESE BERNARDO;
– intimato –

di FIRENZE, depositata il 10/04/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 22/11/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO
SCODITTI;

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avverso la sentenza n. 613/2014 della CORTE D’APPELLO

Rilevato che:
Fabrizio Bilisari convenne in giudizio innanzi al Tribunale di
Grosseto Bernardo Cortese e l’Azienda USL 9 di Grosseto chiedendo il
risarcimento del danno in relazione all’occlusione trombotica
dell’arteria radiale e la lesione del nervo radiale causati da un

dell’intervento che la mancanza di preventiva informazione. Il
Tribunale adito rigettò la domanda. Avverso detta sentenza propose
appello il Bilisari. Con sentenza di data 10 aprile 2014 la Corte
d’appello di Firenze rigettò l’appello.
Osservò la corte territoriale che l’appellante non aveva dimostrato
l’esistenza di un interesse concreto al giudizio della teste dott.
Stefanelli, di cui aveva eccepito l’incapacità, non potendo questa
essere desunta dal mero rapporto di servizio presso lo stesso
ospedale in cui lavorava il dott. Cortese, e che il vaglio di attendibilità
era stato superato dalla teste la quale, in qualità di dirigente del
reparto di cardiologia, aveva confermato di aver fornito al Bilisari le
indicazioni di sua spettanza in ordine alla procedura che sarebbe
stata seguita per l’esecuzione dell’esame coronarico-angiografico e di
avergli consegnato il modulo per il consenso informato da
sottoscrivere, dopo averlo a sua volta sottoscritto. Aggiunse che il
CTU aveva fornito puntuale risposta, fatta propria dal giudice di primo
grado, alle critiche avanzate dal consulente di parte alle risultanze
della consulenza calligrafica (pp. 12-18 della CTU), rilevandone le
incongruenze logiche e metodologiche.
Ha proposto ricorso per cassazione Fabrizio Bilisari sulla base di
sette motivi e resiste con controricorso Azienda USL 9 di Grosseto. E’
stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375,
comma 2, cod. proc. civ..
Considerato che:

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intervento coronaro-angiografico e lamentando sia l’errata esecuzione

con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 112 cod. proc.
civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.. Lamenta il
ricorrente che il giudice di appello ha travisato il motivo di
impugnazione relativo all’incapacità della testimone con il quale si era
inteso evidenziare non il fatto che la teste fosse un mero dipendente

di cardiologia, che asseritamente avrebbe dato l’informativa.
Il motivo è infondato. Il giudice di appello ha pronunciato sul
motivo di impugnazione avente ad oggetto la questione
dell’incapacità a testimoniare. Il ricorrente scambia l’omessa
pronuncia in ordine al motivo con la non condivisione della
motivazione seguita dal giudice di appello, il quale avrebbe dato peso
alla circostanza del rapporto di servizio e non a quella che si trattava
del medico che avrebbe fornito l’informativa. Quest’ultimo profilo
attiene al merito della valutazione circa la sussistenza o meno della
capacità a testimoniare ma non pone in discussione che una
pronuncia sul motivo in questione vi sia stata.
Con il secondo motivo si denuncia omesso esame del fatto
decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod.
proc. civ.. Lamenta il ricorrente che la corte territoriale non ha
illustrato le ragioni per le quali la censura di incapacità sarebbe
infondata e che pertanto ricorre il vizio di mancanza di motivazione
ed omesso esame di un fatto decisivo.
Il motivo è inammissibile. Il ricorrente deduce, come si intende
anche dalla rubrica del motivo, l’esistenza di vizio motivazionale ma
la denuncia è proposta nei termini dell’omessa motivazione secondo il
paradigma del previgente art. 360, comma 1, n. 5, né si indica in
modo specifico quale sarebbe il fatto decisivo e controverso il cui
esame sarebbe stato omesso dal giudice di merito.
Con il terzo motivo si denuncia violazione dell’art. 112 cod. proc.
civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.. Osserva il

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della ASL, ma il fatto che si trattasse del medico, dirigente del reparto

ricorrente che il giudice di appello, stanti le qualità soggettive della
teste, avrebbe dovuto valutare meglio e diversamente l’attendibilità
della teste e che, nonostante che con l’impugnazione fosse stata
chiesto di valutare l’attendibilità della teste alla luce del fatto che si
trattava del medico che aveva fornito l’informazione, la corte

giudice, incorrendo nel vizio di omessa pronuncia.
Il motivo è infondato. Il giudice di appello ha pronunciato sul
motivo di impugnazione avente ad oggetto l’attendibilità della teste.
Nella censura si fa discendere l’omessa pronuncia da una valutazione
che si ritiene non adeguata e dalla motivazione che si descrive come
meramente recettiva della motivazione della sentenza di primo grado,
ma all’evidenza tali aspetti non corrispondono al vizio di omessa
pronuncia ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ..
Con il quarto motivo si denuncia omesso esame del fatto decisivo
e Lontroverso ai sensi dell`dri. nO, comma 1, rh 5, cod. proc. cív
Lamenta il ricorrente che la corte territoriale non ha illustrato le
ragioni per le quali la censura di inattendibilità dell’unica testimone in
ordine all’informativa sarebbe infondata e che pertanto ricorre il vizio
di mancanza di motivazione ed omesso esame di un fatto decisivo.
Il motivo è inammissibile. Il ricorrente deduce, come si intende
anche dalla rubrica del motivo, l’esistenza di vizio motivazionale ma
la denuncia è proposta nei termini dell’omessa motivazione secondo il
paradigma del previgente art. 360, comma 1, n. 5, né si indica in
modo specifico quale sarebbe il fatto decisivo e controverso il cui
esame darebbe stato omesso dal giudice di merito.
Con il quinto motivo si denuncia omesso esame del fatto decisivo
e controverso ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ..
Osserva il ricorrente che il giudice di appello ha recepito
acriticamente le conclusioni della CTU grafologica senza sottoporle a
vaglio critico e senza considerare quanto criticamente osservato dalla

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territoriale si era limitata a ribadire quanto sostenuto dal primo

consulenza di parte, che aveva escluso che la sottoscrizione fosse
riconducibile all’appellante. Aggiunge che alla luce della specificità dei
rilievi del consulente tecnico il giudice di appello avrebbe dovuto
illustrare le ragioni per le quali intendeva aderire all’opinione del CTU
e che la motivazione era pertanto carente.

vizio motivazionale elevata nei confronti della motivazione della
sentenza che recepisca le conclusioni della CTU non può limitarsi al
rilievo di una insufficienza dell’indicazione delle ragioni del detto
recepimento una volta che la disposizione di cui all’art. 360, comma
1, n. 5 cod. proc. civ. sia stata modificata. Già sulla base della
previgente disposizione si affermava che allorché ad una consulenza
tecnica d’ufficio siano mosse critiche puntuali e dettagliate da un
consulente di parte il giudice che intenda disattenderle ha l’obbligo di
indicare nella motivazione della sentenza le ragioni di tale scelta,
senza che possa limitarsi a richiamare acriticamente le conclusioni del
proprio consulente, ove questi a sua volta non si sia fatto carico di
esaminare e confutare i rilievi di parte, incorrendo, in tal caso, nel
vizio di motivazione deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art.
360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. (Cass. 24 aprile 2008, n. 10688).
Nell’articolazione delle censure non viene specificatamente indicato in
quale parte la CTU non si sia fatta carico di esaminare e confutare i
rilievi di parte, laddove al contrario, secondo quanto accertato dal
giudice di appello, il CTU ha risposto ai rilievi della consulenza di
parte (pp. 12-18 della CTU). In mancanza di tale specifica
articolazione della censura vale quanto affermato dalla
giurisprudenza, si ripete con riferimento alla previgente disposizione
sul vizio motivazionale, e cioè che al giudice è consentito recepire le
argomentazione tecniche svolte dal proprio consulente nel caso in cui
i rilievi di parte siano già stati valutati dal medesimo consulente ed
abbiano trovata motivata e convincente smentita in un rigoroso

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Il motivo è inammissibile. Va premesso che la contestazione del

ragionamento logico (Cass. 24 aprile 2008, n. 10688). Già dunque
sulla base della previgente disposizione il vizio motivazionale
denunciato non sarebbe stato identificabile.
Con la nuova previsione di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, nel
rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e

il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o
extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale
fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua
“decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori
non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo
qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso
in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato
conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n.
8053). Ne segue che il vizio motivazionale, riferito al recepimento
della CTU da parte del giudice di merito, deve afferire all’omesso
esame di fatto decisivo e controverso quale conseguenza del detto
recepimento. Va così affermato che sulla base della nuova
configurazione del vizio motivazionale, secondo la disposizione
dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. introdotta dall’art. 54 d. I.
22 giugno 2012 n. 83 convertito con legge 7 agosto 2012 n. 134, la
parte che censuri la decisione in ordine ai profili di recepimento delle
conclusioni della CTU non può più riferirsi alle deficienze
argomentative in punto di condivisione degli argomenti del consulente
ma deve denunciare la circostanza che quel recepimento, sulla base
delle modalità con cui si sia svolto, si sia tradotto nell’omesso esame
di un fatto decisivo, oggetto di discussione fra le parti. Anche sotto
questo secondo aspetto la censura non è rituale.
Con il sesto motivo si denuncia violazione dell’art. 112 cod. proc.
civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.. Osserva il
ricorrente che il giudice di appello ha omesso di pronunciare sul

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369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare

motivo di appello avente ad oggetto la circostanza che il documento
relativo all’informazione, oltre che incompleto, era privo di data e
recante la sottoscrizione di dichiarazione da parte del dott. Cortese
con cui si prendeva atto della dichiarazione di consenso prestata dal
paziente e che pertanto il Cortese non aveva informato il medesimo

impugnazione secondo cui la mera sottoscrizione del modulo non
comprovava l’effettività dell’informazione.
Il motivo è infondato. Il giudice di merito ha pronunciato sul
motivo accertando che la teste Stefanelli aveva fornito le informazioni
in ordine alla procedura che sarebbe stata eseguita. Il ricorrente
scambia l’omessa pronuncia in ordine al motivo con la non
condivisione della statuizione del giudice di appello. Il ricorrente
avrebbe dovuto denunciare in ordine alle circostanze oggetto del
motivo il vizio di motivazione (in modo rituale in base al vigente art.
360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.) o la violazione di legge.
Con il settimo motivo si denuncia violazione dell’art. 112 cod.
proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ..
Osserva il ricorrente che con l’atto di appello era stato esposto quanto
segue: la consulente di parte ha concluso la propria relazione
constatando la sussistenza di un nesso causale tra l’intervento
coronografico e l’insorgenza della patologia in ragione degli stessi
criteri individuati dal CTU; il Tribunale ha omesso ogni valutazione in
ordine alla idoneità della struttura ed all’esperienza del dott. Cortese
per il tipo di intervento e non ha considerato che proprio la mancanza
dell’adeguata esperienza richiesta dai protocolli internazionali e
l’inidoneità della struttura in relazione al particolare intervento
avevano causato (o avevano potuto causare) l’esito negativo
accertato. Lamenta che il giudice di appello ha omesso ogni
riferimento in ordine alle dette questioni.

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paziente. Aggiunge che vi è stata omessa pronuncia sul motivo si

Il motivo è inammissibile. Secondo la giurisprudenza di questa
Corte in tema di responsabilità contrattuale del medico nei confronti
del paziente per danni derivanti dall’esercizio di attività di carattere
sanitario, il paziente ha l’onere di dedurre qualificate inadempienze,
in tesi idonee a porsi come causa o concausa del danno (fra le tante

luglio 2011, n. 15993). In relazione al motivo in esame il ricorso è
carente del requisito della sommaria esposizione dei fatti. In esso si
rinviene esclusivamente che con l’originaria domanda fu lamentata
l’errata esecuzione dell’intervento. Trattasi di indicazione del tutto
insufficiente per comprendere quale sia stata la specifica
inadempienza allegata. Nell’atto di appello, secondo quanto esposto
nel motivo in esame, è stata richiamata la conclusione della
consulente di parte (difforme da quella del CTU) ed è stata
evidenziata l’inidoneità della struttura e la carenza di esperienza del
medico quali fattori causali dell’esito negativo dell’intervento. In
mancanza del requisito della sommaria esposizione dei fatti di causa
non è possibile apprezzare se tale specifica causa petendi corrisponda
a quella dedotta nel giudizio di primo grado, con la domanda
introduttiva del giudizio o successivamente nel rispetto dei termini
perentori. Essendo stato dedotto in giudizio un diritto di credito, e
dunque un diritto eterodeterminato, il mutamento del fatto
costitutivo, sotto il profilo della specifica inadempienza allegata,
rappresenta mutamento della domanda. Benché il diritto di credito sia
relativo al medesimo bene della vita, l’identificazione del diritto
mediante un diverso fatto costitutivo è consentita nel rispetto del
regime delle preclusioni processuali di cui all’art. 183 cod. proc. civ..
Il ricorrente non ha specificatamente indicato se l’inidoneità della
struttura e la carenza di esperienza del medico quali fattori causali
dell’esito negativo dell’intervento siano stati dedotti nel termine
previsto dal citato articolo, sicché non è possibile apprezzare se il

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Cass. 30 settembre 2014, n. 20547; 12 dicembre 2013, n. 27855; 21

motivo di appello costituisse o meno domanda nuova, inammissibile
ai sensi dell’art. 345 cod. proc. civ.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo,
seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio

dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha
aggiunto il comma 1 – quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R.
30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dell’obbligo di versamento,
da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore
della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che
liquida in Euro 3.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie
nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed
agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002,
inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo
13.
Così deciso in Roma il giorno ottobre) 2017

2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi

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