Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2349 del 03/02/2020

Cassazione civile sez. I, 03/02/2020, (ud. 01/10/2019, dep. 03/02/2020), n.2349

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25413/2018 proposto da:

O.V., elettivamente domiciliato in Roma Via G Marcora 18 20

presso lo studio dell’avvocato Faggiani Guido che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato Dalla Bona Roberto;

– ricorrente –

contro

Commissione Territoriale Protezione Internazionale Milano, Ministero

Dell’interno, (OMISSIS),

– intimato –

avverso la sentenza n. 1829/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositato il 10/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

01/10/2019 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA;

udito l’Avvocato;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale.

Fatto

RILEVATO

che:

La Corte d’Appello di Milano ha respinto il gravame proposto da O.V. cittadino (OMISSIS), avverso l’ordinanza del tribunale di Milano che confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Il ricorrente ha riferito di frequentare l’università e di essere stato preso di mira da una setta di cultisti, perchè entrasse a far parte dell’organizzazione, minacciando lui e la sua ragazza; non potendo denunciare il fatto alla polizia perchè ricercato dal padre della ragazza e dagli stessi cultisti, prendeva, allora, la decisione della fuga, prima in Italia e poi in Libia.

Contro la sentenza della medesima Corte d’Appello è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente censura la decisione del tribunale: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, oltre che della Direttiva 2004/83/CE (recepita con il D.Lgs. n. 251 del 2007), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, in quanto, la Corte d’appello non aveva esaminato la narrazione ai fini della formazione della prova, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, ed aveva affermato che le condizioni socio politiche della Nigeria (Edo State) non erano tali da poter concedere la misura della protezione sussidiaria; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 5, 6 e art. 14, lett. c), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, in quanto, il giudice del merito, non aveva effettuato le indagini necessarie, anche in presenza di dichiarazioni generiche e contraddittorie del richiedente, con riferimento alla provenienza della minaccia da soggetti “non statuali”, in virtù del potere-dovere di cooperazione istruttoria, inoltre, la questione della protezione sussidiaria non sarebbe stata neppure considerata; (iii) sotto un terzo profilo, per violazione dell’art. 5, comma 6 del T.U. Imm., art. 2 Cost. e dell’art. 8Cedu, in quanto, erroneamente, il Tribunale, ha ritenuto l’insussistenza dei presupposti della protezione umanitaria, sulla base degli stessi motivi di diniego della protezione internazionale, senza un’autonoma valutazione delle situazioni di vulnerabilità, alla luce di una valutazione comparativa, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani “al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale”.

Il primo motivo è inammissibile, in quanto, mira a mettere in discussione l’iter logico seguito per l’accertamento di fatto, che risulta scevro da incongruità, mentre la finalità di rivisitare il “ragionamento decisorio” non è consentito nel presente grado di legittimità (Cass. n. 91/14), se non nei limiti di quanto consentito dall’attuale art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nella specie, non dedotto).

Il secondo motivo è inammissibile perchè propone censure di merito, all’accertamento della Corte d’appello che ha valutato la situazione generale della Nigeria e dell’Edo State quale stato di provenienza del richiedente, basandosi su autorevoli ed aggiornate fonti informative (Report EASO 2017, Human Rights Watch, 2017, Amnesty International 2017).

Il terzo motivo è inammissibile, in quanto, la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine, per verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti fondamentali (Cass. n. 4455/18), è stata effettuata dalla Corte d’appello che ha accertato, con giudizio di fatto, l’insussistenza di situazioni di vulnerabilità meritevoli di tale protezione.

La mancata predisposizione di difese scritte da parte dell’amministrazione statale, esonera il collegio dal provvedere sulle spese.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2020

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