Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2349 del 02/02/2010

Cassazione civile sez. III, 02/02/2010, (ud. 16/12/2009, dep. 02/02/2010), n.2349

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 441,

presso lo studio dell’avvocato MAZZILLI DONATO, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIOVANNI MARANGELLI, giusta mandato speciale

alle liti in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

L.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 140/2008 del TRIBUNALE DI BARI SEZIONE

DISTACCATA DI RUTIGLIANO del 3/11/08, depositata il 17/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/12/2009 dal Consigliere Relatore Dott. MASSERA Maurizio;

e’ presente il P.G. in persona del Dott. SCARDACCIONE EDUARDO

VITTORIO.

La Corte, letti gli atti depositati:

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 3 febbraio 2009 M.A. ha chiesto la cassazione della sentenza, notificata il 17 dicembre 2008, depositata in data 17 novembre 2008 dal Tribunale di Bari – Sezione distaccata di Rutigliano che, in riforma della sentenza del Giudice di Pace, aveva respinto la domanda di risarcimento danni per installazione non a regola d’arte d’impianto GPL su un’autovettura e aveva accolto la domanda riconvenzionale del M. di condanna del L. a pagare Euro 206,58 per la prestazione effettuata.

L’intimato non ha espletato attivita’ difensiva.

2 – L’unico motivo di ricorso risulta inammissibile, poiche’ la formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c..

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, e’ ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che e’ inanimissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per Cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimita’, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico – giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione. In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’ (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. – Con l’unico motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 92 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., nonche’ contraddittorieta’ e/o illogicita’ della motivazione.

Formula un quesito mediante il quale chiede alla Corte di verificare la correttezza della pronuncia di compensazione integrale delle spese processuali pur in presenza dell’accoglimento dell’appello e senza fornire adeguata motivazione, non desumibile neppure per implicito dal ragionamento complessivamente addotto.

Tale quesito si rivela inidoneo poiche’ trascura un elemento essenziale: il Tribunale e’ addivenuto alla statuizione censurata facendo esplicito riferimento a motivi di equita’ attesa la particolare natura del giudizio. Tale affermazione non trova alcun riscontro nel quesito.

Ragioni di completezza inducono a rilevare che questa Corte (Cass. n. 7523 del 2009) ha affermato che, in tenta di regolamento delle spese processuali, nel regime anteriore alla novella dell’art. 92 c.p.c. recata dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a, rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito disporne la compensazione, in tutto o in parte, anche nel caso di soccombenza di una parte. Tale statuizione, ove il giudicante abbia fatto esplicito riferimento all’esistenza di “giusti motivi”, non necessita di alcuna esplicita motivazione e non e’ censurabile in cassazione, salvo che lo stesso giudice abbia specificamente indicato le ragioni della sua pronuncia, dovendosi, in tal caso, il sindacato di legittimita’ estendere alla verifica dell’idoneita’ in astratto dei motivi posti a giustificazione della pronuncia e dell’adeguatezza della relativa motivazione.

La statuizione de qua ha tratto evidente origine dalla circostanza che in primo grado la domanda del L. era stata accolta e che la decisione del Giudice di Pace era basata anche sull’esito di una consulenza tecnica che invece il Tribunale ha ritenuto non dirimente.

4.- La relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Non sono state presentate conclusioni scritte ne’ memorie ne’ alcuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in Camera di consiglio;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che il ricorso deve percio’ essere rigettato dichiarato inammissibile; nulla spese;

visti gli artt. 380 bis e 385 c.p.c..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Nulla spese.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2010

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