Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23489 del 20/09/2019
Cassazione civile sez. I, 20/09/2019, (ud. 19/06/2019, dep. 20/09/2019), n.23489
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 25929/2018 proposto da:
B.D., elettivamente domiciliato in Roma Viale dell’Università,
11 presso lo studio dell’avvocato Emiliano Benzi e rappresentato e
difeso dall’avvocato Alessandra Ballerini per procura speciale a
margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., domiciliato per
legge presso l’Avvocatura Generale dello Stato in Roma, Via dei
Portoghesi, 5;
– intimato –
avverso la sentenza n. 257/2017 della Corte di appello di Genova,
depositata il 13/02/2018;
udita la relazione della causa svolta dal Cons. Dott. Laura Scalia
nella Camera di consiglio del 19/06/2019.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. B.D., cittadino del Senegal, ricorre in cassazione con un unico ed articolato motivo avverso la sentenza in epigrafe indicata che, confermando l’ordinanza resa dal locale Tribunale, aveva rigettato il ricorso dal primo proposto avverso il provvedimento della Commissione Territoriale di Genova di diniego di ogni forma di protezione internazionale ed umanitaria.
Il signor B.D. esponeva di aver lasciato il proprio Paese, il Senegal, costretto a fuggire per il fondato timore di essere arrestato e condotto nelle carceri, in cui si sarebbe trovato esposto a trattamenti inumani e degradanti, e tanto dopo aver ucciso l’uomo che aveva tentato di violentare la sorella.
La Corte di appello ha ritenuto l’insussistenza dei presupposti applicativi, per quanto in questa sede ancora rileva, della protezione umanitaria non avendo il richiedente legami in Italia, non avendovi reperito una occupazione lavorativa e non avendo egli appreso in misura sufficiente la lingua italiana.
2. Il Ministero dell’Interno, intimato, non ha svolto difese.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il dedotto motivo il ricorrente fa valere la violazione dell’art. 2 Cost., art. 1 del Patto internazionale sui diritti civili e politici delle Nazioni Unite del 1966, ratificato con la L. n. 881 deld 1977, art. 8 Cedu, in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art., 5, comma 6 e la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 32, nonchè del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e, ancora, omesso esame della domanda di protezione umanitaria.
La Corte di appello erroneamente avrebbe motivato sulla mancanza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria dalla asserita insussistenza di motivi di salute o di legami familiari del richiedente e tanto là dove, invece, le situazioni di vulnerabilità sottese alla protezione umanitaria sono espressive di un “catalogo aperto” comprensivo di situazioni soggettive, come età, salute, ragioni familiari, ma anche oggettive, come grave instabilità politica e situazione di violenza ed insufficiente rispetto dei diritti umani, carestie e disastri naturali ed ambientali.
In base ai dati forniti dalle Nazioni Unite, il Senegal è Stato in cui vi è una effettiva crisi alimentare tale da mettere a rischio, in modo immediato, la sopravvivenza di buona parte della popolazione.
La violazione dei diritti subita in Libia dal ricorrente prima di giungere in Italia, evidenza confermata da fonti internazionali, avrebbe integrato altresì gli indicati presupposti.
2. Il motivo di ricorso si espone ad una valutazione di inammissibilità per una pluralità di ragioni che di seguito vengono indicate.
2.1. Ed invero il motivo sollecita in modo inammissibile questa Corte ad un nuovo diretto scrutinio dei fatti posto a fondamento del dedotto diritto alla protezione umanitaria.
Mediata dalle denunciate violazioni di legge, la portata critica si risolve in una inammissibile richiesta a questa Corte di legittimità di rivalutare il merito della controversia attraverso una diversa lettura della fatto definito dalle risultanze istruttorie (ex plurimis: Cass. 12/10/2017 n. 24054).
2.2. Il motivo è ancora inammissibile per difetto di autosufficienza là dove richiamando la situazione di crisi alimentare del Paese di provenienza del ricorrente, e ancora la violazione dei diritti umani in Libia, dedotto come Paese di transito, non si fa carico di allegare come siffatte evidenze siano già state sottoposte alla valutazione della Corte di merito non sortendone in quella sede risposta.
Qualora una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. 21/02/2006 n. 3664).
3. Il ricorso è, pertanto e nel suo complesso, inammissibile.
Nulla sulle spese nella non costituzione della parte intimata.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, va dichiarata la non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2019