Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23488 del 20/09/2019

Cassazione civile sez. I, 20/09/2019, (ud. 19/06/2019, dep. 20/09/2019), n.23488

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 24288/2018 proposto da:

A.A., elettivamente domiciliato in Roma Via delle Fornaci, 38

presso lo studio dell’avvocato Fabio Federici e rappresentato e

difeso dall’avvocato Francesco Rossi per procura speciale in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., domiciliato per

legge presso l’Avvocatura Generale dello Stato in Roma, Via dei

Portoghesi, 5;

– intimato –

avverso la sentenza n. 285/2018 della Corte di appello di Trieste,

depositata il 06/06/2018;

udita la relazione della causa svolta dal Cons. Dott. Laura Scalia

nella Camera di consiglio del 19/06/2019.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. A.A., cittadino pakistano, ricorre in cassazione con tre motivi avverso la sentenza in epigrafe indicata che, confermando l’ordinanza resa dal locale Tribunale, aveva rigettato il ricorso dal primo proposto avverso il provvedimento della Commissione Territoriale di Gorizia di diniego di ogni forma di protezione internazionale.

Il signor A.A. esponeva di provenire dalla regione del Punjab e di aver intrapreso all’età di trenta anni una relazione omosessuale con un giovane, tale M.K., in clandestinità che era cessata allorchè i fratelli del secondo li avevano scoperti ed avevano aggredito il ricorrente ferendolo ad una mano e minacciandolo.

Temendo per la propria incolumità, in ragione delle previsioni del codice penale pakistano che punisce con gravi pene detentive il reato di omosessualità, il deducente aveva raggiunto la Grecia ove veniva respinto; ritornato in Pakistan egli riprendeva la relazione omosessuale nonostante il matrimonio con una donna a lui imposto dai parenti per scongiurare l’accusa, venendo poi accoltellato al bacino in occasione di un incontro con il compagno da qui la decisione di lasciare il proprio Paese e di raggiungere l’Italia.

Egli denunciava altresì la grave situazione in essere nel Punjab negli scontri tra autorità civili, religiose e quelle di stampo terroristico jihadista.

A fronte dell’indicato racconto la Corte di appello ne ha ritenuto la non credibilità, nelle apprezzate sue numerose contraddizioni sul nucleo essenziale dei fatti relativi all’orientamento sessuale del richiedente e l’insussistenza dei presupposti per la concessione della protezione internazionale.

2. Il Ministero dell’Interno, intimato, non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si fa valere la violazione di legge in relazione all’art. 116 c.p.c. ed al D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 3 e 8, nonchè l’illogicità e contraddittorietà della motivazione per avere la Corte di merito ritenuto la non credibilità del racconto del ricorrente quanto al suo orientamento sessuale.

2. Con il secondo motivo si denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e cioè la situazione politico-militare del Punjab con riferimento alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c); nel menzionare il rapporto EASO 2017 la Corte di appello di Trieste avrebbe omesso di valutare in violazione dell’art. 116 cit. i concreti e comprovati pericoli di reiterazione di gravissimi episodi di terrorismo.

3. Con il terzo motivo si fa valere la violazione dell’art. 118 disp. att. c.p.c., art. 116 c.p.c. e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1, per insufficiente e contraddittoria motivazione.

4. Nell’ordine delle questioni poste all’esame di questa Corte di legittimità va esaminata, con assorbimento delle ulteriori, quella dedotta con il primo motivo di ricorso.

5. Il motivo è fondato e nel suo accoglimento la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di appello di Trieste.

Come questa Corte di legittimità ha avuto occasione di affermare, la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c).

Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Cass. 05/02/2019 n. 3340).

5.1. Ciò posto, il nucleo essenziale dei fatti relativo all’orientamento sessuale del richiedente protezione denuncia, fondatamente, secondo la portata critica, una motivazione apparente.

Se da una parte infatti la Corte di merito individua le contraddizioni del racconto perchè A.A. “ha dichiarato che era già fuggito nel 2006 in Grecia, per il fatto che era stata scoperta la sua relazione omosessuale”, e tanto nel rilievo che, “se fosse stata quella la ragione della sua fuga, non sarebbe ritornato in patria senza timore, dopo che la Grecia non gli aveva riconosciuto la protezione”, è la medesima Corte territoriale a riportare, poco prima, la dichiarazione del richiedente di essere stato rimpatriato dalla Grecia per aver egli ivi ricevuto un diniego alla domanda di asilo.

Il ritorno in Pakistan, pertanto, ove vengano posti in coerente e corretta sequenza gli indicati accadimenti, non segue ad uno spontaneo allontanamento dalla Grecia del richiedente protezione, ma ad un suo coattivo rimpatrio.

Si tratta di evidenza decisiva che rende privo di ogni logica efficacia l’argomento conclusivamente speso dalla Corte triestina sulla non credibilità del racconto perchè non troverebbe spiegazione la condotta di chi, allontanatosi dalla Grecia presso cui tentava asilo, faceva rientro, spontaneamente, “senza timore”, nel Paese di origine in cui si sarebbe trovato esposto a rischio di persecuzione per i propri orientamenti sessuali.

5.2. Le ulteriori circostanze in fatto, pure contenute nello svolto percorso logico, sono poi relative a fatti secondari o neutri, non capaci, come tali, di connotare in modo inequivoco le condotte e, per esse, il narrato del richiedente protezione.

Tanto vale, per le differenti generalità declinate dal ricorrente in due occasioni; per l’iniziale silenzio manifestato dal richiedente sulla propria omosessualità, evidenza espressiva, secondo quanto per lo più accade, di un giustificabile riserbo su quella che è una sfera intima della persona; per la neutralità delle condotte osservate dai familiari del compagno del ricorrente che avrebbero reso solo quest’ultimo destinatario di persecuzione, mandando invece indenne da tanto il proprio congiunto.

6. In accoglimento del motivo la sentenza impugnata va pertanto cassata e la Corte di appello di Trieste, in diversa composizione, chiamata di nuovo a pronunciare sulla credibilità del racconto del dichiarante.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Trieste, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2019

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