Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23487 del 18/11/2016


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Cassazione civile sez. trib., 18/11/2016, (ud. 20/07/2016, dep. 18/11/2016), n.23487

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15712-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.M., elettivamente domiciliato in ROMA VIA BENACO 5,

presso lo studio dell’avvocato MARIA CHIARA MORABITO, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANDREA GORGONI,

GIAMPIERO BERTI giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 108/2009 della COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIA

depositata il 05/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/07/2016 dal Consigliere Dott. MARIA ENZA LA TORRE;

udito per il ricorrente l’Avvocato GAROFOLI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Lombardia, n. 108/10/2009 dep. 5 giugno 2009, che ha rigettato l’appello proposto avverso sentenza della CTP di Pavia, che su ricorso proposto dalla dante causa del contribuente S.M., Sa.Ca., ha annullato una cartella di pagamento (per Iperf e Ilor anno 1989) per mancanza di titolo (avviso di accertamento, annullato a sua volta con sentenza passata in giudicato per mancata riassunzione nel termine di sei mesi dalla morte dell’appellata contribuente).

Il contenzioso ha origine dall’impugnazione da parte di Sa.Ca., dante causa di S.M., dell’avviso di accertamento con il quale era stato accertato un maggior reddito ai fini dell’Irpef e dell’Ilor per l’anno 1989, impugnazione accolta dalla CTP di Vigevano. Nel processo di appello, instaurato dall’Agenzia delle entrate contro la indicata sentenza di primo grado, veniva dichiarata l’interruzione del processo per morte della ricorrente; non essendo stato riassunto nei termini di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 43, comma 3, il processo veniva dichiarato estinto (con sentenza CTR Lombardia n. 6/13/2005 dep. 9 gennaio 2005). Trascorso il termine per l’impugnazione della sentenza, l’Ufficio provvedeva all’iscrizione a ruolo a carico degli eredi e notificava cartella di pagamento delle somme di cui all’avviso di accertamento notificato a suo tempo alla Sacchi.

Contro tale atto veniva proposto ricorso dagli eredi, che la CTP di Pavia accoglieva, ritenendo operante a favore della parte resistente il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado.

Ricorreva in appello l’Agenzia, deducendo che, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 45, l’estinzione del processo per inattività delle parti, se intervenuta in appello determina la caducazione di tutti gli atti del processo e della stessa sentenza oggetto di gravame. La CTR respingeva l’appello, in applicazione dell’art. 338 c.p.c., che determina il passaggio in giudicato della sentenza in caso di estinzione del procedimento di impugnazione, essendo onere dell’appellante riassumere il giudizio per impedire il passaggio in giudicato della sentenza impugnata.

S.M. si costituisce con controricorso e deposita memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’unico motivo del ricorso l’Agenzia delle entrate deduce violazione di legge (D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 1, 45 e 49 e artt. 310 e 338 c.p.c.), per avere la CTR erroneamente ritenuto applicabile l’art. 338 c.p.c., dovendosi invece ritenere che la fattispecie sia regolata dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 45, in quanto norma speciale, con conseguente estinzione di tutti gli atti del processo, con esclusione della clausola di salvezza delle sentenze già pronunciate.

2. La censura è infondata.

2. 1. Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 45, stabilisce, al comma 3, che “l’estinzione del processo per inattività delle parti è rilevata anche d’ufficio solo nel grado di giudizio in cui si verifica e rende inefficaci gli atti compiuti”. La disposizione ne consente la pronuncia “ex officio”, nel caso in cui non vengano rispettati i termini perentori entro i quali il giudizio deve esser proseguito, integrato o riassunto. Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, sancisce, in generale, l’operatività nel processo tributario delle disposizioni del codice di procedura civile, “per quanto non disposto” dalla legge speciale e compatibile con la stessa; analoga disposizione si rinviene, per il procedimento d’appello, nell’art. 61. Con riferimento al caso de quo il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49, richiama l’applicazione “alle impugnazioni delle sentenze delle commissioni tributarie” delle disposizioni del titolo 3^, capo 1^, del libro 2^ c.p.c. (artt. da 323 a 338), escluso espressamente l’art. 337 e fatto salvo quanto disposto dallo stesso decreto legislativo disciplinante il processo tributario.

2-2. L’art. 310 c.p.c. nel disciplinare, in generale, nel processo ordinario di cognizione, gli effetti dell’estinzione, prevede, al secondo comma, che “l’estinzione rende inefficaci gli atti compiuti ma non le sentenze di merito pronunciate nel corso del processo”.

L’art. 338 c.p.c., stabilisce poi che “l’estinzione del procedimento d’appello o di revocazione nei casi previsti nell’art. 395 c.p.c., nn. 4 e 5, fa passare in giudicato la sentenza impugnata, salvo che siano stati modificati gli effetti con provvedimenti pronunciati nel procedimento estinto”. Con riguardo specifico al giudizio di rinvio, a seguito di cassazione della sentenza impugnata, nel processo ordinario di cognizione, l’art. 393, prevede l’estinzione “dell’intero processo” e, nel processo tributario, l’art. 63, ne riproduce il contenuto, sancendo l’estinzione “dell’intero processo”, in caso di mancata riassunzione nel termine di legge o di avverarsi di una successiva causa di estinzione, ad eccezione della previsione dell’efficacia vincolante della sentenza del giudice di legittimità.

2.3. Per costante orientamento di questa Corte, l’estinzione del processo tributario, relativamente al giudizio di rinvio, comportando la definitività dell’avviso di accertamento che ne costituiva l’oggetto, rende inammissibile, per difetto d’interesse, l’impugnazione proposta dall’Amministrazione finanziaria avverso la sentenza dichiarativa dell’estinzione (tra le tante, v. Cass. 3040/2008; Cass. 5044/2012). Al riguardo, va, infatti, considerato che, come evidenziato nelle su richiamate statuizioni, la pronuncia di estinzione del giudizio comporta, ex art. 393 c.p.c., e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63, comma 2, il venir meno dell’intero processo ed, in forza dei principi in materia di impugnazione dell’atto tributario, la definitività dell’avviso di accertamento e quindi l’integrale accoglimento delle ragioni erariali (così da rendere vana l’efficacia del principio di diritto stabilito dalla Corte di Cassazione). Si è quindi affermato che la pretesa tributaria vive di forza propria, in virtù dell’atto impositivo in cui è stata formalizzata, e che l’estinzione del processo travolge la sentenza impugnata, ma non l’atto amministrativo, che non è un atto processuale bensì l’oggetto dell’impugnazione (Cass. n. 16689/2013; Cass. n. 5044/2012; Cass. n. 3040/2008, rese in fattispecie di estinzione del giudizio conseguente alla cassazione con rinvio di altra sentenza).

2.4. Con riguardo invece all’ipotesi che qui interessa, di estinzione per inattività delle parti del giudizio di appello instaurato avverso sentenza di primo grado che, in senso favorevole al contribuente, abbia annullato l’avviso di accertamento, la questione di diritto controversa, vale a dire degli effetti di detta pronuncia sull’atto impositivo, questa Corte, con le sentenze n. 13808 del 2014 e n. 16862 del 2014, che hanno statuito, con decisione qui condivisa, resa in fattispecie relativa proprio a S.M. e agli eredi di S.G., eredi a loro volta – come l’odierno controricorrente – di Sa.Ca., l’applicabilità, in virtù del rinvio di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49, dell’art. 338 c.p.c., compatibile con la disciplina speciale del contenzioso tributario, senza che possa rimanere in vita il provvedimento impositivo impugnato, ormai travolto dal titolo giudiziale che ne ha annullato gli effetti.

In particolare, le richiamate e condivise decisioni hanno affermato l’operatività nel processo tributario dell’art. 338 c.p.c., secondo il quale l’estinzione del giudizio di impugnazione determina il passaggio in giudicato della sentenza impugnata (principio che non trova ostacolo in una disposizione speciale, dettata per l’estinzione del processo tributario, in fase di impugnazione, con esso incompatibile).

Una tale disposizione non è rinvenibile nel art. 45, comma 3, (secondo il quale: “l’estinzione del processo per inattività delle parti è rilevata anche d’ufficio solo nel grado di giudizio in cui si verifica e rende inefficaci gli atti compiuti”), in quanto con esso il legislatore si è preoccupato soltanto di precisare che, anche nel processo tributario (come nel procedimento civile ordinario, ai sensi dell’art. 310 c.p.c.), l’estinzione – per inattività delle parti – rende inefficaci gli atti compiuti fino al perfezionamento della fattispecie estintiva, essendo l’estinzione tuttavia rilevabile, anche d’ufficio, “solo nel grado di giudizio in cui si verifica”. La pronuncia di estinzione in appello investe pertanto soltanto gli atti del procedimento di gravame. Diversa è la disciplina dettata nell’ipotesi di estinzione del giudizio di rinvio, nella quale l’intero processo viene meno, stante l’espressa previsione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63, comma 2, con conseguente consolidamento dell’atto impositivo impugnato. In effetti, come è stato già chiarito da questa Corte, è inapplicabile al giudizio di rinvio l’art. 338 cit. codice, che regola gli effetti dell’estinzione del procedimento di impugnazione, cosicchè l’estinzione dell’intero processo, ai sensi dell’art. 393 c.p.c., determina la conseguente caducazione di tutte le sentenze emesse nel corso dello stesso, eccettuate quelle già coperte dal giudicato, in quanto non impugnate (Cass. 17372/2002).

2.5. Ne consegue che l’estinzione del processo tributario, per inattività delle parti, intervenuta in appello, in un giudizio già definito in primo grado con una decisione di fondatezza dell’azione del contribuente, determina la cristallizzazione della situazione giuridica sostanziale, come definita dalla sentenza di merito oggetto di impugnazione, che passa in giudicato. In tale ipotesi, infatti (distinta da quella relativa al giudizio di rinvio a seguito di cassazione della sentenza resa in appello), il fenomeno estintivo non può mantenere in vita il provvedimento impositivo impugnato, ormai travolto e sostituito dal titolo giudiziale che ne ha annullato gli effetti.

3. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere respinto. Le spese processuali del presente giudizio di legittimità vanno integralmente compensate tra le parti, in considerazione della novità della questione di diritto trattata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 20 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2016

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