Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23483 del 20/09/2019

Cassazione civile sez. I, 20/09/2019, (ud. 19/06/2019, dep. 20/09/2019), n.23483

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 21551/2018 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in Roma in Piazza Cavour,

presso la cancelleria civile della Corte di cassazione e

rappresentato e difeso dall’avvocato Andrea Diroma per procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., domiciliato in

Roma, Via dei Portoghesi, 5 presso l’Avvocatura Generale dello Stato

che lo rappresenta e difende ex legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 173/2018 della Corte di appello di Trieste,

depositata il 12/05/2018;

udita la relazione della causa svolta dal Cons. Dott. Laura Scalia

nella Camera di consiglio del 19/06/2019.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. S.M., cittadino del Senegal, della regione di Thies, ricorre in cassazione con due motivi avverso la sentenza in epigrafe indicata che, rigettando l’appello, ha confermato l’ordinanza resa dal locale Tribunale che aveva disatteso il ricorso dal primo proposto avverso il provvedimento della Commissione Territoriale di Gorizia di diniego della protezione internazionale.

2. Il Ministero dell’Interno, intimato, non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il signor S., cittadino del Senegal, dichiara di essere entrato in Italia attraversando la Mauritania, il Marocco e quindi la Spagna dopo aver dovuto lasciare il Paese di origine a causa di minacce di morte ricevute a mano armata, da chi lo accusava di aver compiuto una rapina in un negozio di alimentari.

Le continue accuse fatte pubblicamente avevano altresì leso la reputazione del ricorrente e tra la gente del suo paese si era diffusa la convinzione che egli fosse autore della rapina nonostante le forze di polizia lo avessero escluso e senza l’appoggio della famiglia in un Paese così povero qual era il Senegal non vi sarebbe stata possibilità di vivere.

2. Tanto esposto, con unico articolato motivo il ricorrente fa valere la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1, in combinato con il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e dell’art. 8 CEDU e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.

2.1. Con il primo profilo si denuncia che la Corte di appello nel denegare la protezione umanitaria non avrebbe tenuto in debito conto le corrette informative COI che avrebbero dato atto della corruzione esistente tra le forze di polizia nel Paese di provenienza ed avrebbe omesso di esperire attività istruttoria sulla situazione sociale e di sicurezza della zona di origine.

Le COI in atti, quelle da cui la Corte di merito avrebbe attinto in punto istruttorio, avrebbero fornito informazioni su tutt’altra regione, quella di Fatick, diversa da quella propria del richiedente, il Thies, in tal modo giungendo a qualificare il Senegal una sorta di “isola felice”.

Le diverse e corrette informative avrebbero invece rivelato del Senegal, per la regione di provenienza del richiedente, la bassa aspettativa di vita, l’elevato tasso di povertà e la sua incidenza sulla popolazione.

La Corte di merito avrebbe dovuto apprezzare altresì il grado di integrazione raggiunto in Italia dal ricorrente ed il contesto che egli si sarebbe trovato ad affrontare nel paese di origine ove rimpatriatovi.

Ai fini della protezione umanitaria sarebbe stata esclusa la condizione di vulnerabilità del richiedente non valutandosi dai giudici di appello la convinzione dei parenti della vittima circa la colpevolezza del primo, la corruzione in essere tra le forze di polizia, la compromissione del diritto alla salute ed all’accesso all’alimentazione.

2.2. Con il secondo profilo del dedotto motivo si fa valere l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.

Diversamente da quanto ritenuto nell’impugnata sentenza il ricorrente avrebbe corso un effettivo rischio di finire ucciso o gravemente leso da chi lo aveva accusato ingiustamente di rapina, in tal modo provocandone l’allontanamento dal Paese di origine, e la Corte di appello non avrebbe acquisito informazioni sull’esistenza di una giustizia sommaria e di vendette personali in Senegal e, ancora, circa l’efficienza e l’imparzialità dell’autorità di polizia di difendere i propri cittadini, non tenendo sul punto in conto di informative COI acquisite.

3. Il ricorso portatore di critica i cui temi sono da trattarsi congiuntamente, si rivela, nel suo complesso, inammissibile.

3.1. Come ricordato da questa Corte di legittimità, con i motivi di ricorso per cassazione la parte non può limitarsi a riproporre le tesi difensive svolte nelle fasi di merito e motivatamente disattese dal giudice dell’appello, senza considerare le ragioni offerte da quest’ultimo, poichè in tal modo si determina una mera contrapposizione della propria valutazione al giudizio espresso dalla sentenza impugnata che si risolve, in sostanza, nella proposizione di un “non motivo”, come tale inammissibile ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4 (Cass. 24/09/2018 n. 22478).

Il ricorrente denuncia la violazione della norma di previsione della cd. protezione umanitaria riproponendo le ragioni di vulnerabilità oggettiva, condizioni di povertà del paese di provenienza, e di vulnerabilità soggettiva segnate da una accusa ingiusta di rapina ai danni di persona la cui famiglia avrebbe minacciato di morte il ricorrente, il tutto nella denunciata incapacità delle forze di polizia, corrotte, di far fronte ad una siffatta minaccia.

La Corte di appello di quella denuncia aveva invece escluso la sussistenza, argomentando dalle condizioni economiche del Senegal, Paese qualificato in crescita economica in forza degli esiti della consultazione del sito (OMISSIS), a cura del M.A.E., e da un rapporto COI “in atti” nonchè da precedenti tratti dal sito (OMISSIS) circa le iniziative assunte dal Senegal per arginare la guerra civile nel confinante Mali e del controllo esercitato dalle autorità civili democratiche sulle forze dell’ordine.

L’ulteriore rilievo contenuto in ricorso che le informative COI acquisite dalla Corte di appello avrebbero fatto riferimento a regione diversa, il Fatick, rispetto a quella di provenienza del ricorrente, il Thies, è deduzione nuova, non intervenuta in appello.

Nè è stata data evidenza, per il principio dell’autosufficienza, dell’errore dedotto nel proposto motivo e tanto al fine di consentire il riscontro dell’esistenza del primo e quindi della risalenza delle informative utilizzate dalla Corte di appello alla diversa Regione del Fatick.

In tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacchè i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel “thema decidendum” del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito nè rilevabili di ufficio (ex plurimis: Cass. 09/08/2018 n. 20694).

3.2. Nel resto il motivo denuncia contenuti inammissibili in quanto di rivisitazione di valutazioni di merito e generici non provvedendo a segnalare delle informative COI che si vorrebbero mancate nell’esame condotto dai giudici di appello neppure i contenuti ed il loro raccordarsi con la situazione del ricorrente.

4. Il ricorso resta nel suo complesso inammissibilmente proposto. Il ricorrente va condannato a rifondere all’Amministrazione costituitasi le spese di giudizio di legittimità secondo soccombenza e come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, va dichiarata la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2019

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