Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23482 del 09/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 09/10/2017, (ud. 15/05/2017, dep.09/10/2017),  n. 23482

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8143-2014 proposto da:

ENFAP FRIULI VENEZIA GIULIA, in persona del Presidente, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA SILVIO PELLICO 44, presso lo studio

dell’avvocato CARLO CORBUCCI, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GIAMPIERO SECCIA;

– ricorrente –

contro

CASSA DI RISPARMIO DEL FRIULI VENEZIA GIULIA SPA, in persona del

procuratore speciale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI

VILLA GRAZIOLI 15, presso Io studio dell’avvocato BENEDETTO GARGANI,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIELLA PAHOR;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 808/2013 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 09/09/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/05/2017 dal Consigliere Dott. PIETRO CAMPANILE.

Fatto

RILEVATO

che:

l’Enfap Friuli Venezia Giulia propone ricorso, affidato a tre motivi, nei confronti della Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia avverso la sentenza della Corte di appello di Trieste indicata in epigrafe, con la quale è stata confermata la decisione di primo grado, con cui era stata accolta l’eccezione della convenuta fondata sulla transazione intervenuta fra le parti in merito al rapporto bancario già intercorso fra le parti;

la parte intimata resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

il Collegio ha disposto, in conformità al decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata;

il primo motivo del ricorso, con il quale si deduce la violazione degli artt. 1350,1362,1366,1988 e 2697 cod. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è infondato, in quanto la Corte di appello ha qualificato il negozio giuridico intervenuto fra le parti in forma scritta, mediante proposta ed accettazione, come transazione, sulla base della corretta applicazione del canone ermeneutico dettato dall’art. 1362 cod. civ., avuto riguardo, da un lato, all’inequivocabile tenore della missiva della ricorrente in data 4 dicembre 2006, in cui, indicata la propria posizione debitoria, si propone il pagamento di una determinata somma, “dietro sottoscrizione di apposita transazione”, e, dall’altro, alla risposta della banca circa la disponibilità “ad accettare il pagamento dell’importo di Euro 621.190,77 a saldo e stralcio della maggior esposizione debitoria derivante dall’apertura di credito citata in oggetto”;

che correttamente è stato ravvisato nell’accordo così raggiunto un negozio di natura transattiva, avuto riguardo alle reciproche concessioni delle parti al fine di prevenire una lite;

l’oggetto del negozio transattivo va identificato non in relazione alle espressioni letterali usate dalle parti, non essendo necessaria una puntuale specificazione delle contrapposte pretese, bensì in relazione all’oggettiva situazione di contrasto che le parti stesse hanno inteso comporre attraverso reciproche concessioni, giacchè la transazione quale strumento negoziale di prevenzione di una lite – è destinata, analogamente alla sentenza, a coprire il dedotto ed il deducibile (Cass., 14 gennaio 2005, n. 690);

il secondo mezzo, con il quale si deduce omessa motivazione su un punto decisivo della lite ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è in parte inammissibile ed in parte infondato;

quanto al primo profilo, deve richiamarsi la nuova formulazione, applicabile nella specie “ratione temporis”, dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che ha ridotto al “minimo costituzionale” il sindacato di legittimità sulla motivazione, nel senso già chiarito da questa Corte (Cass., Sez. un., n. 8053 del 2014), secondo il quale la lacunosità e la contraddittorietà della motivazione possono essere censurate solo quando il vizio sia talmente grave da ridondare in una sostanziale omissione;

deve poi rilevarsi che non vengono in considerazione aspetti di natura fattuale, bensì argomenti attenenti alla qualificazione giuridica del contratto, in relazione ai quali non è predicabile il vizio di motivazione;

del pari infondata è la terza censura, con cui si denuncia la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per non essersi esaminati gli aspetti dedotti dall’appellante per affermare l’insussistenza del negozio transattivo, in quanto è pacifico che il giudice non viola il precetto contenuto nella norma invocata allorchè renda la pronuncia richiesta sulla base di una ricostruzione dei fatti autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti (Cass., 24 marzo 201.1, n. 6757; Cass. 25 settembre 2009, n. 20652);

le spese seguono la soccombenza, e si liquidano come da dispositivo.

PQM

 

Rigetta il ricorso, e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 100,00, di cui euro per esborsi, oltre agli accessori di legge.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13.

Così deciso in Roma, il 15 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2017

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