Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23480 del 10/11/2011

Cassazione civile sez. I, 10/11/2011, (ud. 06/10/2011, dep. 10/11/2011), n.23480

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. DI VIRGINIO Adolfo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 15093-2006 proposto da:

B.M. (c.f. (OMISSIS)), domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato PESCI MARIA BRUNA,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

V.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

CONCILIAZIONE 44, presso l’avvocato BRUZZOLATI MAURIZIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato MANNESCHI MARCO, giusta procura

a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 76/2003 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 20/01/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/10/2011 dal Consigliere Dott. SALVATORE DI PALMA;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato BRIZZOLATI MAURIZIO, con

delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata che ha concluso per l’inammissibilità o in subordine

rigetto del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che B.M., con ricorso notificato il 11 maggio 2006, ha impugnato per cassazione – deducendo tre motivi di censura – nei confronti di V.A., la sentenza della Corte d’Appello di Firenze n. 76/03 depositata in data 20 gennaio 2003, con la quale la Corte d’appello, pronunciando sull’appello del V. – volto ad ottenere la riforma della sentenza del Tribunale di Arezzo n. 83/01 del 30 gennaio 2001, con la quale era stata respinta l’opposizione del V. al decreto ingiuntivo pronunciato dal Presidente del Tribunale di Arezzo in favore del B., in contraddittorio con il B. – che, costituitosi nel giudizio, ha concluso per l’inammissibilità o l’infondatezza del gravame, ha accolto l’appello e, in riforma della predetta sentenza di primo grado, ha revocato il decreto ingiuntivo opposte – che resiste, con controricorso illustrato da memoria, V.A., il quale ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per intempestiva proposizione dello stesso, ai sensi del combinato disposto dell’art. 327 c.p.c., comma 1, e art. 398 c.p.c., comma 4;

che il Procuratore generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso o, in subordine, per il rigetto dello stesso.

Considerato che il ricorso è inammissibile, per decadenza dal diritto di proporlo, ai sensi del combinato disposto dell’art. 327 c.p.c., comma 1, e art. 398 c.p.c., comma 4, nonchè per intempestività della sua proposizione, ai sensi del combinato disposto dell’art. 325 c.p.c., comma 1, art. 326 c.p.c., comma 1, e art. 398 c.p.c., comma 4;

che la sequenza processuale rilevante nella specie è la seguente: a) il B. ha impugnato per cassazione la sentenza della Corte d’Appello di Firenze n. 76/03, depositata in data 20 gennaio 2003 e non notificata, con ricorso notificato il 11 maggio 2006, vale a dire allorquando era scaduto – in data 7 marzo 2004 – il termine di un anno e quarantasei giorni per proporre tale impugnazione, di cui all’art. 327 c.p.c., comma 1; b) lo stesso B. ha impugnato la predetta medesima sentenza n. 76/03 per revocazione, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, dinanzi alla Corte d’Appello di Firenze con citazione notificata il 14 gennaio 2004 ed indicante, quale giorno dell’udienza di comparizione, il 16 marzo 2004, data in cui era già scaduto il predetto termine lungo per la proposizione del ricorso per cassazione; c) la Corte d’Appello di Firenze adita per la richiesta revocazione – come è incontestato tra le parti – ha accolto l’istanza del B. proposta ai sensi dell’art. 398 c.p.c., comma 4 – di sospensione del termine per proporre il ricorso per cassazione, con ordinanza del 12 aprile 2004, allorquando cioè era già scaduto detto termine lungo per proporre tale ricorso;

che l’art. 398 c.p.c., comma 4, primo periodo pone la regola generale secondo cui “La proposizione della revocazione non sospende il termine per proporre il ricorso per cassazione o il procedimento relativo”, mentre il secondo periodo dello stesso comma – che detta una norma eccezionale rispetto alla regola predetta – attribuisce al giudice della revocazione, il quale “ritenga non manifestamente infondata la revocazione proposta”, il potere discrezionale, previa istanza di parte, di sospendere detto termine o il procedimento per cassazione già pendente “fino alla comunicazione della sentenza che abbia pronunciato sulla revocazione”;

che è del tutto evidente che l’esercizio del potere di sospendere il termine per proporre il ricorso per cassazione presuppone – conformemente alla ratio della disposizione in esame, che mira a scoraggiare strategie meramente dilatorie rispetto alla fisiologica definizione del processo, nonchè al principio della improrogabilità dei termini perentori – la pendenza di tale termine al momento della decisione, da parte del giudice della revocazione, sull’istanza di sospensione formulata dalla parte interessata, con la conseguenza che il giudice della revocazione non deve concedere la richiesta sospensione se il termine medesimo risulti scaduto in detto momento, ciò ovviamente anche nel caso in cui egli ritenga la domanda di revocazione non manifestamente infondata, con l’ulteriore conseguenza che il provvedimento di sospensione eventualmente concesso a termine già scaduto è radicalmente nullo e, quindi, improduttivo dell’effetto sospensivo, per contrasto con il divieto di sospensione o di proroga dei termini perentori (art. 153 c.p.c., comma 1), quali sono quelli stabiliti dalla legge per l’esercizio del diritto di impugnazione (artt. 325 e 327 cod. proc. civ.), come nella specie;

che, sotto altro profilo, il presente ricorso per cassazione è inammissibile, anche per intempestività della sua proposizione, ai sensi del combinato disposto dell’art. 325 c.p.c., comma 1, art. 326 c.p.c., comma 1, e art. 398 c.p.c., comma 4;

che infatti, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la notificazione della citazione per la revocazione di una sentenza di appello equivale (sia per la parte notificante che per la parte destinataria) alla notificazione della sentenza stessa ai fini della decorrenza del termine breve per proporre ricorso per cassazione, onde la tempestività del successivo ricorso per cassazione va accertata non soltanto con riguardo al termine di un anno dal deposito della pronuncia impugnata, ma anche con riferimento a quello di sessanta giorni dalla notificazione della citazione per revocazione, a meno che il giudice della revocazione, a seguito di istanza di parte, abbia sospeso il termine per ricorrere per cassazione, ai sensi dell’art. 398 c.p.c., comma 4 (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 14267 del 2007 e 1196 del 2006);

che nella specie, come già dianzi rilevato, la citazione del B. per la revocazione della predetta medesima sentenza n. 76/03, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, da parte della Corte d’Appello di Firenze, è stata notificata il 14 gennaio 2004, con la conseguenza che il termine breve di sessanta giorni per proporre ricorso per cassazione è scaduto il 15 marzo 2004, con l’ulteriore conseguenza che – come già affermato in precedenza – l’ordinanza della stessa Corte d’Appello di Firenze, di sospensione del termine per proporre ricorso per cassazione, emanata il data 12 aprile 2004, cioè successivamente alla scadenza del predetto termine breve, deve considerarsi radicalmente nulla e, quindi, improduttiva dell’effetto sospensivo, per contrasto con il divieto di sospensione o di proroga dei termini perentori (art. 153 c.p.c., comma 1), quali sono quelli stabiliti dalla legge per l’esercizio del diritto di impugnazione (artt. 325 e 327 cod. proc. civ.); come nella specie;

che le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in complessivi Euro 1.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 6 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2011

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