Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23480 del 06/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 06/10/2017, (ud. 08/06/2017, dep.06/10/2017),  n. 23480

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28293-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

DAGAR S.R.L. – P.I. (OMISSIS), in persona del custode ed

amministratore giudiziario, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PAISIEILO 26, presso lo studio dell’avvocato STEFANO LOCONTE, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

per regolamento di competenza avverso l’ordinanza n. 2184/32/2016

della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI, depositata il

04/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’8/06/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO MANZON;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministro, in persona del

Sostituto Procuratore generale Del Core Sergio, che conclude, in

accoglimento del ricorso, chiedendo la cassazione dell’ordinanza

impugnata e la rimessione degli atti alla Commissione Tributaria

della Campania per la prosecuzione del giudizio.

Fatto

RILEVATO

che:

Con ordinanza in data 4 novembre 2016 la Commissione tributaria regionale della Campania disponeva la sospensione del processo di appello promosso dalla Dagar srl avverso la sentenza n. 26738/44/2015 della Commissione tributaria provinciale di Napoli che ne aveva respinto il ricorso contro l’avviso di recupero di un credito IVA per l’anno 2008. La CTR fondava il proprio provvedimento ordinatorio sulle ragioni esposte dalla Corte di cassazione con ordinanza n. 11441 del 01/06/2016 che aveva rigettato il ricorso per regolamento di competenza proposto dall’Agenzia delle entrate contro l’ordinanza con la quale la CTP di Napoli aveva disposto la sospensione di analogo processo tra le medesime parti inerente l’anno 2007 fino al passaggio in giudicato della sentenza definitoria del processo, sempre tra le stesse parti, riguardante l’anno 2002. Osservava in particolare la CTR che dovendosi riconoscere la pregiudizialità di quest’ultimo accertamento inerente la contestata sussistenza di un credito IVA per Euro 146.000.000, poi appunto recuperato nelle annualità successive, come deciso dalla S.C. in detta ordinanza la causa doveva essere sospesa ai sensi D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49, art. 295 cod. proc. civ., fino al passaggio in giudicato della sentenza di appello resa nel giudizio inerente la più remota annualità fiscale, avverso la quale era pendente ricorso per cassazione.

Contro tale ordinanza della CTR campana ha proposto ricorso per regolamento di competenza l’Agenzia delle entrate deducendo un motivo unico e chiedendone l’annullamento.

La Dagar srl ha depositato memoria difensiva, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità ovvero il rigetto del ricorso agenziale. Il P.G. presso questa Corte ha concluso come riportato in epigrafe.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con l’unico motivo dedotto la ricorrente agenzia fiscale lamenta la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 5, comma 4, artt. 42,337 e 295 cod. proc. civ., poichè la Commissione tributaria regionale, pur pronunciandosi dopo il 1 gennaio 2016, data di entrata in vigore del testo novellato del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49 non aveva tenuto minimamente conto della soppressione – in tale disposizione legislativa processuale speciale – dell’inciso “escluso l’art. 337 (cod. proc. civ. n.d.r.)” e quindi, obliterandone la portata normativa innovativa, aveva richiamato il precedente sopra citato di questa Corte che peraltro aveva quale oggetto un provvedimento di sospensione di analogo processo tributario emesso nel febbraio 2015.

La censura è fondata.

Va premesso che, riguardo alla disciplina processuale del contenzioso fiscale vigente anteriormente al 1 gennaio 2016 ed alle modifiche di cui al d.lgs. 156/2015, secondo un primo orientamento (Sez. 5, sentenza n. 16329 del 17/07/2014, Rv. 632247; conformi, tra le altre, Sez. 6 – 5, ordinanza n. 17613 del 05/09/2016, Rv. 640959 – 01; Sez. 5, sentenze n. 13473 del 13/06/2014 e n. 21996 del 17/10/2014, non massimate) si è ritenuto che la sospensione del processo di cui all’art. 295, cod. proc. civ. non fosse applicabile allorchè la causa tributaria ipotizzata quale pregiudicante pendesse in grado di appello, potendo in tal caso trovare applicazione solo l’art. 337, secondo comma, cod. proc. civ., secondo il quale il giudice ha facoltà di sospendere il processo ove una delle parti invochi l’autorità di una sentenza a sè favorevole, ma non ancora definitiva, così sostanzialmente limitando la clausola di esclusione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49 all’art. 337 cod. proc. civ., solo comma 1, (effetti dell’impugnazione sull’esecutività della sentenza).

Altro indirizzo ermeneutico, valorizzando il dato testuale della citata disposizione del D.Lgs. n. 546 del 1992, ha invece affermato che nel processo tributario non operasse la sospensione ex art. 337 c.p.c., comma 2, sicchè la causa pregiudicata, nel caso appunto della decisione non ancora passata in giudicato emessa nella causa pregiudicante, fosse suscettibile di sospensione esclusivamente ex art. 295 cod. proc. civ. (Sez. 6-5, ordinanza n. 11441 del 01/06/2016, Rv. 640071; conforme, Sez. 6-5, ordinanza n. 22673 del 05/11/2015, Rv. 637580-01).

Orbene, in considerazione della pacifica applicabilità del 1101)11111 normativo evocato dalla ricorrente, non può più nutrirsi dubbio alcuno circa la correttezza del principio di diritto – applicato al processo tributario speciale dalle decisioni del primo indirizzo interpretativo – che “Salvi soltanto i casi in cui la sospensione del giudizio sulla causa pregiudicata sia imposta da una disposizione specifica ed in modo che debba attendersi che sulla causa pregiudicante sia pronunciata sentenza passata in giudicato, quando fra due giudizi esista rapporto di pregiudizialità, e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, è possibile la sospensione del giudizio pregiudicato soltanto ai sensi dell’art. 337 cod. proc. civ.” (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 21505 del 19/09/2013, Rv. 628096 – 01; Sez. U, Sentenza n. 10027 del 19/06/2012, Rv. 623042 – 01).

Trattasi infatti di una disposizione processuale – appunto quella di cui all’art. 337 c.p.c., comma 2, – che deve considerarsi “speciale” rispetto a quella, generale, di cui all’art. 295 c.p.c., e, come tale, deve quindi trovare applicazione in via alternativa/esclusiva rispetto a quest’ultima, in base al canone interpretativo lex specialis derogat generali.

Nel caso in esame non poteva dunque la CTR campana limitarsi ad affermare la sussistenza di una pregiudizialità tra il presente procedimento e quello pendente avanti questa stessa Corte ritenuto “pregiudicante” in quanto avente ad oggetto il rapporto creditorio “madre” (afferente l’annualità fiscale 2002), ma, essendo in quest’ultimo intervenuta una pronuncia non ancora passata in giudicato, come previsto nella fattispecie astratta dell’art. 337 c.p.c., comma 2, doveva appunto valutarne, in concreto e motivatamente, la portata nel processo “pregiudicato”.

Va peraltro soggiunto soltanto che stante la chiara valenza del novum normativo in questione, non può comunque più attribuirsi alcun rilievo alla distinzione, sulla quale si sofferma particolarmente la società contribuente nella propria memoria, tra “pregiudizialità logica” e “pregiudizialità tecnico giuridica”, proprio perchè – come affermatosi nella giurisprudenza citata – la fattispecie processuale concreta si caratterizza, dirimentemente, per la esistenza di una pronuncia (di appello) non ancora passata in giudicato emessa nel processo affermato/ritenuto “pregiudicante” (cfr. SU 10027/2012 per le perspicue argomentazioni al riguardo), dovendosi dunque applicare la disposizione del codice di rito in senso “costituzionalmente orientato”, particolarmente in relazione al principio di ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., comma 2, u.p..

Il ricorso deve perciò essere accolto e conseguentemente disposta la prosecuzione del processo.

Stante la novità della questione trattata, le spese del presente giudizio possono essere compensate tra le parti.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso e dispone la prosecuzione del giudizio; dichiara compensate le spese del presente procedimento.

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2017

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