Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2348 del 31/01/2017


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Cassazione civile, sez. III, 31/01/2017, (ud. 22/11/2016, dep.31/01/2017),  n. 2348

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21206-2013 proposto da:

S.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

G. SAVONAROLA 39, presso lo studio dell’avvocato PIER PAOLO POLESE,

rappresentato e difeso dagli avvocati MARIATERESA ELENA POVIA, CARLO

ZAULI giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 168/2013 del TRIBUNALE di FORLI’, depositata

il 20/02/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/11/2016 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI;

udito l’Avvocato GIUSEPPE PICONE per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI ANNA MARIA che ha concluso in via principale per il rigetto in

subordine accoglimento del 2 motivo, assorbito il 3.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

S.M. convenne in giudizio, avanti al Giudice di Pace di Forlì, B.L. per sentirla condannare al risarcimento del danno non patrimoniale conseguente al reato di omissione di soccorso che assumeva essere stato commesso dalla convenuta in occasione di un sinistro stradale avvenuto il (OMISSIS), che aveva visto coinvolti l’attore e la medesima B..

Il Giudice di Pace dichiarò la litispendenza fra tale giudizio ed altro, pendente fra le stesse parti in sede di appello, in cui lo S. aveva richiesto il risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, derivati dal medesimo sinistro.

Il Tribunale di Forlì ha dichiarato l’infondatezza dell’eccezione di litispendenza (sul rilievo che le due cause non pendevano nello stesso grado), ma, esaminata la controversia, ha ritenuto che la domanda proposta dallo S. fosse compresa in quella svolta dall’attore nel giudizio precedente e, applicato il principio del “ne bis in idem”, l’ha rigettata.

Ricorre per cassazione lo S., affidandosi a tre motivi illustrati da memoria; l’intimata non svolge attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo, il ricorrente deduce “inesistenza del ne bis in idem: diversità di causa petendi e petitum tra le due cause ed errore di interpretazione delle domande invero diverse dei due processi civili rilevante quale error in iudicando”.

Rilevato che non sussisteva, fra le due cause, identità di parti, di causa petendi e di petitum e considerato che “la richiesta di risarcimento di tutti i danni non includeva il pregiudizio morale subiettivo transeunte da omissione di soccorso”, il ricorrente evidenzia che “il giudicante del gravame ha ravvisato l’esistenza di un “ne bis in idem” che di fatto non esiste”.

1.1. Il motivo (che censura l’applicabilità del principio del ne bis in idem sul presupposto dell’erroneità dell’affermazione del Tribunale circa la identità fra le due cause, o meglio circa il fatto che il danno di cui era stato richiesto il risarcimento avanti al Giudice di Pace fosse compreso in quello oggetto della domanda proposta al Tribunale) è inammissibile: considerato infatti – che l’interpretazione della domanda compete al giudice di merito e che tale interpretazione non risulta censurata (come avrebbe dovuto) sotto il profilo del vizio motivazionale (nei limiti consentiti dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5), deve escludersi la possibilità di dedurre l’erronea applicazione del principio “ne bis in idem” in difetto di idonea censura dell’attività interpretativa che ha condotto il giudice a ritenere l’identità delle cause.

2. Il secondo e il terzo motivo censurano la sentenza – rispettivamente – per non avere statuito sulle spese di primo grado (secondo motivo, che deduce violazione degli artt. 91 e 112 c.p.c.) e per non avere compensato le spese di entrambi i gradi (terzo motivo, che deduce la violazione dell’art. 92 c.p.c.).

2.1. Il secondo motivo è infondato: atteso che la riforma parziale della sentenza di primo grado ha determinato il potere/dovere del giudice di appello di liquidare le spese di entrambi i gradi e considerato che la sentenza non offre elementi per ritenere che la compensazione sia stata limitata al giudizio di appello, deve concludersi che la compensazione abbia riguardato anche le spese del giudizio di primo grado.

2.2. Il terzo motivo è assorbito.

3. In difetto di attività difensiva da parte dell’intimata, non deve provvedersi sulle spese di lite.

4. Trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

la Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 22 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2017

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