Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2348 del 03/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 03/02/2021, (ud. 10/12/2020, dep. 03/02/2021), n.2348

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24995-2019 proposto da:

COMUNE DI LECCO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II, n. 18, presso lo

studio dell’avvocato GIUSEPPE PECORILLA, rappresentato e difeso

dagli avvocati MARIA SUPPA ed ANTONIO CHIARELLO;

– ricorrente –

contro

PARROCCHIA SANT’ANDREA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 19,

presso lo studio dell’avvocato MASSIMO PANZARANI, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO D’AMBROSI;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 322/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA LOMBARDIA, depositata il 22/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA

CAPRIOLI.

 

Fatto

Ritenuto che:

Con sentenza n.322/2019 la CTR della Lombardia accoglieva l’appello proposto dalla Parrocchia Sant’Andrea avverso la sentenza della CTP di Lecco con cui era stata rigettata l’impugnativa del contribuente relativo ad un avviso di accertamento emesso dal Comune di Lecco per il mancato pagamento del Ici riferita all’anno di imposta 2011.

Osservava il giudice di appello che l’atto impugnato era stato emesso senza aver preannunciato l’adozione del provvedimento incisivo della sfera giuridica soggettiva del contribuente attraverso l’obbligatoria instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale determinando pertanto la nullità dell’avviso ritenuto viziato anche in relazione alla carente motivazione posto a base della pretesa impositiva.

Avverso tale pronuncia il Comune di Lecco affidato a due motivi cui resiste con controricorso la Parrocchia di Sant’Andrea e ricorso in via incidentale condizionato illustrato da memoria.

Diritto

Considerato che:

Con il primo motivo censura la violazione e falsa applicazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, in combinato disposto con gli artt. 24 e 97 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Lamenta che la CTR sarebbe incorsa in errore statuendo l’obbligatorietà del contraddittorio endoprocedimentale in palese contrasto con gli orientamenti espressi dalla Suprema Corte.

Con un secondo motivo il Comune si duole della violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 10 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Censura la decisione nella parte in cui ha riconosciuto sussistente un principio generale immanente all’ordinamento di derivazione comunitaria che impone l’osservanza del suddetto contraddittorio per ogni atto di imposizione fiscale indipendentemente dal fatto che nel caso di specie si tratta di tributi non armonizzati.

Con il terzo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione della L. del 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 162, e della L. n. 241 del 1990, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Critica la decisione nella parte in cui ha ritenuto non illustrate le ragioni giuridiche relative al mancato riconoscimento dell’esenzione prevista dalla legge confondendo la funzione della motivazione dell’avviso con il diritto di difesa del contribuente.

Con il quarto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Contesta altresì la pronuncia laddove ha criticato la condotta dell’Amministrazione comunale che, da un lato aveva riconosciuti l’esenzione Ici in favore della Parrocchia e dall’altro aveva erogato cospicui finanziamenti in favore dell’attività didattica salvo poi cambiare umore e richiedere il pagamento dell’imposta.

Il primo motivo è fondato con l’assorbimento del secondo.

Giova ricordare che, le Sezioni unite (Cass. n. 24823 del 2015) hanno limitato l’ambito di applicabilità della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, ai soli casi di accessi, ispezioni o verifiche presso il locali del contribuente, e così chiarito che “in tema di tributi c.d. non armonizzati, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi cd. armonizzati, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purchè, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto”. Ne consegue, ad ogni evidenza, che la sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione di detto principio vertendosi in tema di accertamento riguardante l’ICI in relazione al quale va esclusa la sussistenza di un obbligo generalizzato di contraddittorio. (Cass. 2019 n. 33931).

Con riguardo alla rilevata carenza di motivazione dell’avviso di accertamento ed alle censure fatte valere con il terzo e quarto motivo va premesso che questa Corte ha da tempo affermato il principio secondo cui l’obbligo motivazionale dell’accertamento deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l'”an” ed il “quantum” dell’imposta. In particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (Cass., sez. 5, 8/11/2017, n. 26431, Cass. 2019 n. 2555).

Il disposto della L. n. 212 del 2000, art. 7, infatti, prescrive che negli atti dell’amministrazione finanziaria vengano indicati “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione”: anche alla luce dei principi dello Statuto del contribuente.

La questione relativa alla esistenza della motivazione, quale requisito formale di validità dell’avviso di accertamento deve, infatti, essere nettamente distinta da quella attinente alla dimostrazione della effettiva esistenza dei presupposti per far valere la pretesa tributaria, che non è richiesta quale elemento costituti della validità formale dell’atto, ma rimane disciplinata dalle regole proprie del giudizio di impugnazione eventualmente introdotto dal contribuente (cfr. da ultimo Cass., Sez. 5, n. 4639 del 2020).

Una cosa è, infatti, la regolarità formale dell’avviso di accertamento ed altra cosa è l’effettiva sussistenza degli elementi sui quali l’amministrazione tributaria fonda la propria pretesa. L’indicazione di tali elementi (o del criterio astratto chè si riferisca ad essi) può essere sufficiente a sorreggere la motivazione dell’avviso, mettendo il contribuente in condizione di conoscere i termini e le ragioni della pretesa fiscale e, al contempo, circoscrivendo, i termini del futuro eventuale giudizio contenzioso, ma non esonera l’Amministrazione dal compito di fornire in tale giudizio, ove esso abbia luogo, la dimostrazione delle concrete circostanze sulle quali la medesima pretesa si sorregge.

Ora nel caso in esame l’avviso di accertamento, come si evince dall’esame dell’atto il cui contenuto è riprodotto in ossequio al principio dell’autosufficienza, riporta la precisa indicazione dell’immobile in questione e di tutti i dati ad esso relativi, l’aliquota applicata e le disposizioni normativi e regolamentari dovendosi pertanto ritenere che l’atto abbia correttamene adempiuto all’obbligo di motivazione come dimostra la deduzione di censure di merito da parte della contribuente.

Nè si può condividere l’affermazione della CTR secondo cui si sarebbero dovute indicare le ragioni del mancato riconoscimento di una esenzione del tributo che non è rimessa alla discrezionalità dell’Amministrazione ma è legata ad una espressa richiesta della contribuente che ne deve documentare la sussistenza dei requisiti di legge per fruire dell’agevolazione fiscale.

La sentenza va cassata e rinviata alla CTR della Lombardia che in diversa composizione riesaminerà i motivi di gravame rimasti assorbiti e fatti valere in via di ricorso incidentale condizionato provvedendo alla regolazione delle spese di lite di questa fase.

PQM

La Corte accoglie il ricorso principale nei termini di cui in motivazione, assorbito il ricorso incidentale condizionato, cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR della Lombardia, che in diversa composizione provvederà alla liquidazione delle spese della fase di legittimità.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2021

 

 

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