Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23479 del 06/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 06/10/2017, (ud. 16/05/2017, dep.06/10/2017),  n. 23479

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16460-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, CF (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

P.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1311/29/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DI BARI, SEZIONE DISTACCATA di TARANTO, depositata

l’08/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/05/2017 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con ricorso in Cassazione affidato a un unico motivo, nei cui confronti la parte contribuente non ha spiegato difese scritte, l’Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza della CTR della Puglia, relativa ad un avviso di liquidazione dell’imposta principale di successione, relativa alla eredità di Pastore Pasquale, deceduto il 12.1.1990, per la quale erano state disconosciute alcune passività ritenute dagli eredi deducibili, denunciando la violazione del D.Lgs. n. 346 del 1990, artt. 21 e 23in combinato disposto con l’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, erroneamente i giudici d’appello avevano ritenuto sufficientemente provati alcuni debiti del de cuius documentati solo con fotocopia semplice e non nelle forme previste, con conseguente decorrenza del termine decadenziale di tre anni per dedurre e attestare tali passività nelle forme di legge.

Il Collegio ha deliberato di adottare la presente decisione in forma semplificata.

Il ricorso è fondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte “In tema di imposta sulle successioni, il regime di deducibilità dei debiti della massa ereditaria disciplinato del D.Lgs. n. 346 del 1990, artt. da 20 a 24 – va ricostruito nel senso che tali debiti sono deducibili, purchè sussistano le condizioni previste dall’art. 21 e subordinatamente alle dimostrazioni, integranti sistema di prova legale, prescritte dall’art. 23” (Cass. n. 24547/07, 6957/08).

Inoltre, in tema di termine triennale per il potere di deduzione e dimostrazione delle passività ereditarie, nonchè in tema di facoltà dell’ufficio di invitare il contribuente ad integrare la documentazione, secondo la giurisprudenza di questa Corte “(…) il termine perentorio di tre anni previsto dal D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 23, costituendo un limite inderogabile al potere di deduzione e dimostrazione delle passività, al di fuori della regola generale per cui dette passività debbono essere dedotte e dimostrate fino alla presentazione della denuncia di successione, si riferisce inequivocabilmente non solo alle passività non indicate nella denuncia, ma anche a quelle già indicate, la cui deduzione è quindi subordinata a prove predeterminate da produrre entro termini decadenziali, senza che assuma alcun rilievo la possibilità, prevista dall’art. 30, comma 5, di invitare il contribuente ad integrare la dichiarazione, trattandosi di una mera facoltà dell’Ufficio (v. Cass. n. 11147 del 2007 e n. 8016 del 2001); (…)” (Cass. n. 11216/2007, vedi anche, Cass. n. 23430/07)

Nel caso di specie, i giudici d’appello hanno ritenuto non esigibile addossare agli eredi l’onere di produrre gli originali degli effetti cambiari emessi dal loro dante causa, non essendo gli stessi nella loro disponibilità ma in quella del creditore che aveva interesse ad azionarle, ma ciò erroneamente, in quanto, il D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 23, comma 1, lett. b) richiede, al fine di poter dedurre i debiti cambiari, la produzione di un diverso documento e cioè, dell’estratto notarile delle scritture contabili obbligatorie del trattario o del prenditore, per i debiti cambiari.

Va, conseguentemente accolto il ricorso, cassata senza rinvio l’impugnata sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, ex art. 384 c.p.c., rigettato l’originario ricorso introduttivo.

Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio di merito, ponendosi a carico della intimata le spese del giudizio di legittimità

PQM

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.

Dichiara compensate le spese del giudizio di merito e condanna la società intimata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 16 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2017

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