Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23473 del 27/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 27/10/2020, (ud. 01/07/2020, dep. 27/10/2020), n.23473

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VALITUTTU Antonio – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25650-2018 proposto da:

B.A., elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZALE CLODIO

56, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI BONACCIO, rappresentata

e difesa dall’avvocato ANNA BARTOLI;

– ricorrente –

contro

G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOVANNI

SEVERANO 35, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO FERRI,

rappresentato e difeso da sè medesimo;

controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 344/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 06/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 01/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA

ACIERNO.

 

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Rimini, su ricorso di G.G., dopo la sentenza non definitiva di cessazione degli effetti civili del matrimonio celebrato tra il ricorrente e B.A., aveva assegnato la casa coniugale alla B., quale genitore coabitante con il figlio maggiorenne, non economicamente autosufficiente, G.P.. Inoltre, aveva disposto a carico di G.G. il pagamento di un assegno di mantenimento a favore del predetto figlio di Euro 2.000 mensili, comprensivo anche delle spese straordinarie, e il versamento di un assegno di mantenimento a favore della B. di Euro 2.000 mensili.

G.G. ha proposto impugnazione davanti alla Corte di Appello di Bologna avverso la sentenza del Tribunale di Rimini. Il ricorrente ha richiesto che fosse accertata l’insussistenza dei presupposti per l’assegnazione della casa coniugale a favore della B., posto che la non autosufficienza economica del figlio maggiorenne dovesse ritenersi imputabile a una sua condotta colposa. Inoltre, ha richiesto che fosse revocato l’assegno divorzile disposto a favore della B., stante l’autosufficienza economica della medesima e che venisse dichiarata l’insussistenza dei presupposti per il versamento dell’assegno di mantenimento del figlio o, in subordine, che fosse ridotto l’importo determinato dal Tribunale di Rimini con scorporo delle spese straordinarie. Inoltre, ha richiesto che fosse stabilito che ciascuno dei genitori dovesse contribuire pro quota al mantenimento degli altri figli maggiorenni, G. e D.. La B. si è costituita in giudizio e ha invocato il rigetto dell’appello. La corte d’Appello ha parzialmente accolto il ricorso, riducendo l’importo dell’assegno divorzile a euro 400 e ha compensato le spese di entrambi i gradi nella misura di un mezzo.

La B. ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello affidato ad un solo motivo con il quale ha censurato la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6. La ricorrente ha ritenuto che la Corte d’Appello, nel ridurre l’importo dell’assegno divorzile, non abbia correttamente tenuto conto dei criteri equiordinati stabiliti dalla sentenza delle S.U. n. 18287 del 2018, ovvero della lunga durata del matrimonio, della sperequazione reddituale degli ex coniugi visto il consistente patrimonio del G. anche di provenienza ereditaria e il modesto patrimonio della B.. il giudice di secondo grado, secondo la B., non ha correttamente considerato il contributo personale ed economico dato dalla ricorrente alla formazione del patrimonio del G. che si era occupata dei tre figli, collaborando lavorativamente con il marito fino alla separazione.

G.G. ha depositato controricorso e ricorso incidentale affidato a quattro motivi.

Con il primo si è dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 155,337 sexies e 337 septies c.c. in relazione agli artt. 3 e 42 Cost. il G. ha ritenuto che in presenza di figlio maggiorenne, sebbene non autosufficiente economicamente, non si possa ritenere necessaria la tutela dell’interesse a permanere nell’ambiente domestico in cui è cresciuto, per mantenere le consuetudini di vita e le relazioni sociali che in tale ambiente si sono radicate. il G., inoltre, ha affermato che, nel riconoscere l’assegnazione della casa familiare al genitore convivente con un figlio maggiorenne, ma non economicamente autosufficiente, vi sia un’irragionevole ed ingiustificata disparità di trattamento tra il maggiorenne autosufficiente e quello non autosufficiente in violazione del principio costituzionale di uguaglianza ex art. 3 Cost. e un’ingiustificata compressione del diritto del genitore proprietario in violazione dell’art. 42 Cost. inoltre, il ricorrente, richiamando alcuni precedenti giurisprudenziali (Cass. Sent. nn. 13295/2014 e 18075/2013), ha evidenziato che la nozione di convivenza rilevante agli effetti dell’assegnazione della casa familiare comporta la stabile dimora del figlio presso l’abitazione di uno dei genitori con sporadici allontanamenti, con l’esclusione di saltuario ritorno presso l’abitazione solo per i fine settimana, come accade nel caso di specie.

Con il secondo motivo si è censurata la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 147,148,337 ter e 337 septies c.c. dal momento che la determinazione del contributo per il figlio non è stato ancorato al principio della determinabilità rivestendo un carattere onnicomprensivo ed arbitrario.

Con il terzo motivo si è dedotto l’omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e la mancanza assoluta di motivazione. Secondo il G., la Corte d’Appello ha omesso di considerare che il figlio P. vivesse stabilmente a Bologna e che solo saltuariamente tornasse a casa e che l’esigenza di compensare la posizione dei tre figli non fosse rilevante in causa, con conseguente assoluta mancanza di motivazione delle impugnate statuizioni.

Con il quarto motivo si è dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e art. 92 c.p.c., comma 2 il G. ha ritenuto che la statuizione impugnata abbia violato il principio di soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c., essendo risultato sostanzialmente vittorioso. il Giudice d’Appello avrebbe potuto disporre la compensazione integrale delle spese.

L’unico motivo di ricorso presentato dalla B. è manifestamente infondato dal momento che la Corte d’Appello, pur se in data anteriore alla pubblicazione della sentenza delle S.U. n. 18827 del 2018, dopo aver proceduto all’analisi comparativa della situazione economico-patrimoniale e reddituale delle parti in modo da averne una rappresentazione complessiva necessaria al fine di comprendere se lo scioglimento del vincolo avesse nella specie prodotto o concorso a produrre uno squilibrio tra le diverse condizioni da raffrontare, ha (pag. 8 della sentenza impugnata) proceduto proprio all’accertamento dell’incidenza dei criteri indicati nella sentenza sopracitata sull’attribuzione e determinazione dell’assegno, quantificandolo, con valutazione di fatto non sindacabile, nella misura liquidata. La censura non indica, peraltro, quali profili, puntualmente allegati, retativi alla conformazione dei parametri elaborati dalle S.U., siano stati ignorati, riproponendo piuttosto lo specchio della situazione economico patrimoniale delle parti, sul quale vi è stato accertamento di merito non sindacabile.

il primo motivo di ricorso incidentale è manifestamente infondato proprio alla luce dei precedenti dallo stesso citati, essendo stato oggetto di insindacabile accertamento di fatto che il figlio maggiorenne non autosufficiente torni con frequenza settimanale presso la casa familiare. Deve, pertanto, ritenersi integrato il requisito della convivenza con la madre presso tale abitazione. Non si ravvisa alcuna violazione del principio di uguaglianza a fronte della radicale diversità delle condizioni (figlio maggiorenne autosufficiente e non) poste in comparazione dal ricorrente.

il secondo motivo è manifestamente infondato dal momento che l’ammontare del contributo è stato determinato alla luce della situazione economico patrimoniale comparata dei genitori (accertata e risultante dalla parte della sentenza che ha ad oggetto l’assegno di divorzio) e delle esigenze di mantenimento del figlio. La dedotta onnicomprensività dell’importo non determina in via generale un pregiudizio economico per l’obbligato, dal momento che esclude il diritto a contribuire alle cd. spese straordinarie, ove si interpretino correttamente i precedenti richiamati nel motivo ed in particolare 18869 del 2014. in questa pronuncia, infatti, si censura la formula dell’onnicomprensività proprio perchè non tiene conto di possibili incrementi di oneri di natura imprevedibili al momento della quantificazione dell’assegno e non per al ragione esposta nella censura. La successiva (n. 1070 del 2018) non riguarda invece la questione sollevata.

il terzo motivo è sostanzialmente ripetitivo del primo e deve, di conseguenza, essere disatteso per le medesime ragioni.

il quarto motivo è manifestamente infondato, in relazione alla dedotta soccombenza totale della B., nel giudizio d’appello: il G., infatti, risulta parzialmente soccombente, avendo chiesto la revoca integrale dell’assegno di divorzio oltre che la revoca dell’assegnazione della casa familiare alla B., il motivo risulta inoltre inammissibile quanto alla misura della compensazione in quanto oggetto d’insindacabile valutazione del giudice di merito (Cass.19613 e 30392 del 2017).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale e quello incidentale. Compensa integralmente le spese processuali del presente giudizio.

Sussistono i requisiti processuali per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

In caso di diffusione omettere le generalità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 1 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2020

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