Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23472 del 27/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 27/10/2020, (ud. 17/06/2020, dep. 27/10/2020), n.23472

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29821-2018 proposto da:

UNICREDIT SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato ANTONIO DE SIMONE;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SPA, in persona del Curatore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ANTONIO ROMANO;

– controricorrenti –

contro

ERIS FINANCE SRL, TIBERIUS SPV SRL;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1197/2018 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 02/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO

ANGELO DOLMETTA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- La s.p.a. Unicredit ha chiesto di essere ammessa al passivo del fallimento della s.p.a. (OMISSIS) (dichiarato con sentenza n. 2/2000 del Tribunale di Nocera Inferiore) per credito da saldo debitore di conto corrente.

Il giudice delegato ha rigettato la domanda.

2.- La Banca ha proposto opposizione ex art. 98 legge fall. (secondo la disciplina vigente all’epoca) avanti al Tribunale di Nocera Inferiore. Nel costituirsi, il Fallimento ha tra l’altro spiegato domanda riconvenzionale, chiedendo la condanna della opponente al pagamento di una somma superiore a quella che questa aveva richiesto.

3.- Con sentenza parziale del maggio 2010, il Tribunale ha respinto l’opposizione e ritenuto l’ammissibilità della domanda riconvenzionale presentata dal fallimento. Con ulteriore sentenza, emessa nel corso del 2012, il Tribunale ha poi accolto la domanda riconvenzionale.

4. La Banca ha interposto appello nei distinti confronti di queste due pronunce avanti alla Corte di Appello di Salerno.

5.- Riunite le impugnazioni, la Corte territoriale le ha respinte entrambe, con sentenza depositata in data 2 agosto 2018.

6.- Riscontrato che nella specie veniva in applicazione la “disciplina giuridica antecedente alle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 5 del 2006”, la pronuncia ha osservato che la “pretesa posta a fondamento della domanda di insinuazione al passivo formulata dalla banca e la pretesa azionata con la domanda riconvenzionale spiegata dal Fallimento (OMISSIS) s.p.a. afferiscono al medesimo rapporto sostanziale, ossia il rapporto di conto corrente n. (OMISSIS), rispetto al quale ciascuna delle parti processuali ha allegato di essere creditrice”. Pertanto, il credito azionato dal Fallimento è “strettamente ricollegabile al rapporto dedotto in giudizio dall’opponente, trattandosi del medesimo rapporto bancario”.

Passando quindi a considerare il credito preteso dalla opponente, il giudice ha rilevato che, secondo quanto incontestato, “il rapporto bancario in esame è sorto in epoca ampiamente anteriore alla data in cui sono riferibili gli estratti conto e le schede contabili prodotti”. Per ritenere che, “attesa la necessità di procedere a una ricostruzione del rapporto di dare e avere attraverso lo scomputo degli interessi ultralegali non concordati e della capitalizzazione trimestrale degli interessi, appare dirimente la considerazione che non si può prescindere da una disamina di tutti gli estratti conto riferibili al rapporto bancario dedotto in giudizio, con la conseguenza che la produzione incompleta degli estratti conto… non può che condurre al rigetto dell’opposizione”.

In relazione alla definizione della misura del credito avanzato dal fallimento, poi, la Corte territoriale ha ci ritenuto che “correttamente il Tribunale ha basato la decisione sull’accertamento negativo espletato dal CTU, il quale alle operazioni bancarie compiute fino alla data dell’11 gennaio 1996 ha applicato gli interessi al tasso legale (art. 1282 c.c.)”. Riscontrato che per tale periodo la banca ha applicato gli interessi in misura ultralegale pur nell’assenza di un patto scritto, la pronuncia ha stabilito che “il tasso ultralegale indebitamente applicato dalla banca non può essere sostituito con quello previsto dall’art. 117, comma 7, TUB… in quanto il rapporto bancario dedotto in giudizio è sorto in epoca anteriore rispetto all’entrata in vigore della suindicata disposizione normativa”.

7. Avverso questa decisione Unicredit ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi.

Ha resistito il Fallimento con controricorso.

8.- Il ricorso è stato notificato anche a Eris Finance s.r.l. e “per essa, la cessionaria dei crediti” Tiberius SPV s.r.l., che non hanno svolta attività difensive.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

9.- Il primo motivo di ricorso assume “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione all’art. 99 L. Fall. anche in combinato disposto con gli artt. 36 e 112 c.p.c. inammissibilità della domanda riconvenzionale proposta dalla curatela del fallimento”.

Ad avviso del ricorrente – con riferimento al regime vigente prima delle riforme della legge fallimentare avviate nel 2005/2006 e pacificamente applicabile alla fattispecie – i “limiti di ammissibilità della domanda riconvenzionale spiegata dal curatore nell’ambito del giudizio ex art. 98 L. Fall. sono circoscritti all’ipotesi in cui la domanda abbia ad oggetto circostanze relative ad elementi inerenti alla domanda di ammissione”: bandita rimanendo, comunque, ogni altra ipotesi.

10.- Il motivo non merita di essere accolto.

La Corte territoriale ha rilevato – con accertamento qui non sindacabile e, del resto, neppure contestato dal ricorrente – che la riconvenzionale fa diretto riferimento “al medesimo rapporto sostanziale, ossia il rapporto di conto corrente bancario n. (OMISSIS)” (cfr. già sopra, nel n. 6). Ora, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel regime anteriore alle riforme la “relazione di dipendenza della domanda riconvenzionale “dal titolo dedotto in giudizio dall’attore”, che giustifica la trattazione simultanea delle cause, si configura non già come identità della causa petendi, ma comunanza della situazione o del rapporto giuridico dal quale traggono fondamento le contrapposte pretese delle parti, ovvero come comunanza della situazione o del rapporto giuridico sul quale si fonda la riconvenzionale con quello posto a base di una eccezione, così da delinearsi una connessione oggettiva della domanda riconvenzionale con l’azione o l’eccezione proposta” (Cass., 11 aprile 2016, n. 7070).

11.- Col secondo motivo, il ricorrente lamenta “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 2697 c.c. – violazione onere della prova e differente valutazione del medesimo materiale probatorio”.

Ad avviso del ricorrente, la Corte territoriale ha errato nel ritenere insufficiente il materiale probatorio prodotto dalla Banca a sostegno della propria domanda di insinuazione nel passivo del Fallimento: nei fatti non occorre che siano prodotti gli estratti conto relativi all’intero rapporto, come per contro ritenuto dal giudice del merito, che pure ha trascutato la presenza in fattispecie del certificato del certificato di saldaconto. La Banca, inoltre, “è stata concretamente pregiudicata nelle proprie difese, in quanto l’erronea contabilizzazione di un “debito””, per la somma di Euro 176.000,00, “è stata configurata (e quindi trasformata) come una supposta voce di “indebito” (e/quindi di credito restitutorio per la clientela) per effetto dell’applicazione del principio della inopponibilità degli estratti conto al curatore in quanto non muniti di data certa”.

Ancora si aggiunge che la Corte territoriale ha altresì errato, in relazione alla disposizione dettata dall’art. 2967 cod. civ., a valutare come invece sufficiente e idonea la prova data dal Fallimento a sostegno della propria domanda riconvenzionale, posto che entrambe le domande fanno capo a un medesimo rapporto sostanziale, come rappresentato dal conto corrente bancario n. (OMISSIS).

12.- Il motivo non può essere accolto.

A riguardo va prima di tutto osservato che questo viene a sostanziarsi nel richiedere, e in termini espliciti, una nuova valutazione del materiale probatorio che è stato prodotto.

Secondo un giudizio che risulta invece rimesso alla discrezionalità dei gradi del merito. Nel caso in questione, del resto, la Corte territoriale ha specificamente rilevato che “l’addebito iodata 3/2/1999 della somma di Euro 176.000,00 è rimasto indimostrato”: “il certificato valorizzato dall’appellante è il certificato di saldaconto, che non contiene una descrizione analitica delle movimentazioni bancarie”; “non risulta prodotto alcun estratto conto riferibile al periodo in questione”.

Ciò posto, per completezza è ancora da ricordare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’efficacia probatoria propria del certificato di saldaconto rimane circoscritta alla fase processuale relativa alla concessione del decreto ingiuntivo (cfr., da ultimo, Cass., 27 maggio 2019, n. 14357). Sempre secondo la giurisprudenza di questa Corte, poi, la prova del credito assunto dalla Banca a titolo di saldo di conto corrente suppone la produzione in giudizio degli estratti conto concernenti l’intero svolgimento del rapporto (cfr., tra gli arresti più recenti, quelli di Cass., 20 febbraio 2018, n. 4102; di Cass., 11 giugno 2018, n. 15148; di Cass., 17 settembre 2018, n. 23313).

Quanto infine all’assunto relativo al “principio della parità delle armi”, a cui pure il ricorrente accenna, è da osservare che lo stesso risulta propriamente estraneo alla regola della norma dell’art. 2697 c.c., posto che la conformazione di quest’ultima si focalizza proprio nell’assegnare a ciascuna parte processuale l’onere di dare prova del diritto che allega essere suo, senza interferenze con quanto (nel caso) venga allegato dalle altre parti.

13.- Col terzo motivo, il ricorrente afferma la “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3 in relazione alla L. n. 154 del 1992, artt. 4 e 5 e all’art. 117 TUB – erroneo computo degli interessi sostitutivi violazione meccanismo di etero integrazione legale”.

La Corte territoriale ha errato – così si sostiene – perchè, una volta constatato che la Banca aveva applicato gli interessi compensativi pur in assenza di patto scritto, ha ritenuto di applicare per l’intera durata del rapporto la norma dell’art. 1284 c.c., comma 3 (in mancanza di apposito patto scritto, gli interessi sono dovuti nella misura legale). Per contro, essa avrebbe dovuto applicare – dal tempo di entrata in vigore del TUB – la diversa misura sostitutiva (in via di etero integrazione) prevista dalla norma dell’art. 117, comma 7, TUB.

14. Il motivo non può essere accolto.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, le disposizioni che attualmente danno corpo alla norma dell’art. 117 del testo unico bancario “non sono retroattive”; e tale irretroattività – si è pure venuto a puntualizzare “opera anche per la previsione della sostituzione della clausola nulla con la diversa disciplina legale all’uopo dettata dal legislatore” (Cass. 21 dicembre 2005, n. 28302).

15.- In conclusione, il ricorso dev’essere respinto.

16.- Le spese seguono la regola della soccombenza e vengono liquidate in sede di dispositivo.

PQM

La Corte respinge il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella somma di Euro 5.100,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi), oltre a spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile – 1, il 17 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2020

 

 

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