Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23472 del 10/11/2011

Cassazione civile sez. I, 10/11/2011, (ud. 26/09/2011, dep. 10/11/2011), n.23472

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Grazia – Presidente –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – rel. Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 16784-2007 proposto da:

R.M. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA G.B. VICO 31, presso l’avvocato SCOCCINI

ENRICO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTICHI

ALESSANDRO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

F.S. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA SILLA 2/A, presso l’avvocato CECCHI AGLIETTI

LUCIA, rappresentata e difesa dagli avvocati TONDI DELLA MURA

VINCENZO, D’ELIA ADELE, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 331/2007 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 28/02/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/09/2011 dal Consigliere Dott. RENATO BERNABAI;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato ADELE D’ELIA che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola che ha concluso per il rigetto dei motivi primo e

secondo; per l’accoglimento del terzo motivo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 16 giugno 2005 il Tribunale di Grosseto dichiarava la separazione personale della signora F.S. e del sig. R.M., rigettando le reciproche domande di addebito ed attribuiva alla prima un assegno di Euro 400,00 per il proprio mantenimento e di Euro 800,00 per il mantenimento dei figli. Revocava altresì il provvedimento presidenziale assunto all’udienza di comparizione, ex art. 708 cod. proc. civile, di assegnazione della casa coniugale in favore del R..

Il successivo gravame del R. era respinto dalla Corte d’appello di Firenze con sentenza 28 febbraio 2007.

La corte territoriale motivava:

– che non potevano costituire motivo di addebito alla moglie nè l’episodio pregresso di infedeltà, superato di comune accordo da una convivenza di 10 anni, nè l’allegazione di un ulteriore, recente adulterio, rimasto sprovvisto di prova;

– che la revoca dell’assegnazione della casa coniugale al R. era stata congruamente motivata e poteva essere disposta d’ufficio, indipendentemente da una tempestiva domanda di parte;

– che la documentazione fiscale attestava l’inadeguatezza dei redditi della F., il cui assegno dì mantenimento non poteva subire una riduzione in conseguenza della scelta del marito di avere una figlia dall’attuale convivente.

Avverso la sentenza notificata il 4 aprile 2007 il R. proponeva ricorso per cassazione affidato a sette motivi e notificato il 4 giugno 2007.

Deduceva:

1) La carenza di motivazione in ordine al mancato riconoscimento del nesso causale tra le condotte accertate a carico della F. e la crisi del matrimonio;

2) l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione dell’affermata insussistenza dei presupposti per l’assegnazione della casa coniugale in suo favore;

3) la violazione dell’art. 155 c.c., comma 4, nel testo previgente, in ordine al ritenuto divieto di disporre l’assegnazione della casa coniugale al coniuge non affidatario;

4) la violazione degli artt. 183 e 184 cod. proc. civ., nel testo previgente, nel considerare tempestiva la richiesta di revoca del provvedimento presidenziale, benchè svolta per la prima volta in sede di precisazione delle conclusioni;

5) la carenza di motivazione del riconoscimento del diritto al contributo di mantenimento;

6) la violazione dell’art. 156 c.p.c., comma 2 per la mancata valutazione di elementi di fatto sopravvenuti, quale la nascita di un’altra figlia dalla nuova relazione intrapresa da R.;

7) la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civile, in conseguenza dell’omessa pronunzia sulla domanda di riduzione del contributo di mantenimento.

Resisteva con controricorso la signora F..

All’udienza del 26 settembre 2011 il Procuratore generale precisava le conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate. All’esito della deliberazione in camera di consiglio, il collegio disponeva la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis cod. proc. civ..

In tema di formulazione dei motivi del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore del D.Lg. n. 40 del 2006 e impugnati per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena d’inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione. La relativa censura deve quindi contenere un momento di sintesi che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità.

L’onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero te ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall’art. 366 bis cod. proc. civ., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, ai termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, tale da consentire al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (Cass., sez. 3, 20 febbraio 2008, n. 4309; Cass., sez. 3, 7 aprile 2008, n. 8897).

Nella specie, tale requisito non è stato soddisfatto del ricorrente che si è limitato ad una diffusa contestazione argomentativa della motivazione, accomunando promiscuamente più profili di censura d’illogicità.

Identica carenza del requisito di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. si ravvisa nel secondo motivo, pure inammissibile.

Il terzo motivo, oltre a denotare lo stessa causa di inammissibilità, non è neppure aderente alla statuizione censurata che non ha posto a fondamento della revoca dell’assegnazione della casa familiare un preteso divieto di legge, bensì solo l’insussistenza del criterio preferenziale costituito dalla convivenza con i figli, di cui uno minore d’età, erroneamente presupposto dal provvedimento presidenziale.

Il quarto motivo, con cui si denunzia la violazione degli artt. 183 e 184 cod. proc. civ., nel testo previdente è infondato.

Richiamata la giurisprudenza di legittimità sull’assegnazione della casa familiare in presenza di figli minori o maggiorenni non autosufficienti anche in mancanza di specifica domanda di parte (Cass., sez. 1, 11 aprile 2000, n. 4558), la Corte d’appello di Firenze non ha violato il regime delle preclusioni processuali applicando il predetto principio, con la revoca del provvedimento presidenziale di assegnazione della casa a R., fondato sul falso presupposto della sua convivenza con i figli.

Il quinto motivo è inammissibile, difettando del requisito di cui all’art. 366 bis cod. civ., oltre a risolversi in una difforme valutazione degli elementi istruttori apprezzati dalla corte d’appello nell’accertamento di merito della sproporzione dei redditi, a fondamento del contributo di mantenimento.

Il sesto motivo, volto a censurare la violazione dell’art. 156 c.c., comma 2 è inammissibile per genericità del quesito di diritto, disancorato da alcun riferimento puntuale alla fattispecie concreta (Dica la suprema Corte di cassazione se la mancata valutazione di elementi fattuali di ordine economico, o comunque apprezzabili in termini economici, diversi del reddito dell’oberato, costituisca violazione della previsione di cui all’art. 156 c.c, comma 2″).

Identica inadeguatezza del quesito di diritto va ravvisata in ordine all’ultimo motivo, con cui si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. (“Dica la suprema Corte di cassazione se la mancata pronunzia su motivo di appello, sia pure svolto in via subordinata per l’ipotesi di rigetto del motivo principale, costituisca violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 cod. proc. civ. e, come tale motivo di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”).

Il ricorso deve essere dunque rigettato, con la conseguente condanna alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa e del numero e complessità delle questioni trattate.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali, liquidate in Euro 2700,00, di cui Euro 2500,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge;

Così deciso in Roma, il 26 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2011

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