Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23465 del 26/08/2021

Cassazione civile sez. III, 26/08/2021, (ud. 09/03/2021, dep. 26/08/2021), n.23465

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 38459-2019 proposto da:

S.F., rappresentato e difeso dall’avv.to MARIA CRISTINA

TASSELLI (avvmariacristinatasselli.cnfpec.it) giusta procura

allegata al ricorso ed elettivamente domiciliata a Roma, piazza

Cavour, presso la cancelleria civile della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1030/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 17/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/03/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. S.F., proveniente dal (OMISSIS), ricorre affidandosi a tre motivi per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Torino che aveva respinto l’impugnazione avverso la pronuncia del Tribunale con la quale era stata rigettata la domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, in ragione del diniego a lui opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.

1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato di essere stato costretto a lasciare il proprio paese in quanto professava la religione musulmana ed aveva avuto numerosi problemi con il gruppo (OMISSIS) nel quale era stato inserito il fratello minore per imparare il Corano: ha aggiunto che in realtà, invece di impartirgli insegnamenti religiosi, lo avevano avviato in Kashmir per combattere all’insaputa della famiglia, comunicandogli successivamente che era deceduto; e che essendosi lui posto in posizione critica rispetto al gruppo, era stato perseguitato, minacciato e percosso, ragione per cui aveva deciso di fuggire.

2. Il Ministero dell’Interno ha depositato un “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce” ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3 comma 5, nonché vizio della motivazione.

1.1. Assume che la Corte aveva escluso la credibilità del racconto narrato, non attenendosi al paradigma interpretativo di cui alla norma citata ed omettendo, soprattutto, di valutare complessivamente i fatti narrati, visto che si era limitata ad evidenziare soltanto alcune isolate ed insignificanti contraddizioni, anche sotto il profilo della scarsa logicità dei rilievi.

1.2. Il motivo è fondato.

1.3. La Corte territoriale, ha ritenuto inattendibile il racconto affermando, da una parte, che il gruppo che aveva aggredito il ricorrente era dedito ufficialmente alla beneficienza seppur conosciuto per avere matrice terroristica, per poi evidenziare apoditticamente che non era plausibile che il ricorrente ne avesse parlato male “venendo alle mani con i suoi membri”.

1.4. L’affermazione non evidenzia una consecutio logica e risulta contraddittoria rispetto alle premesse, tanto da apparire come l’espressione una mera convinzione del giudice, incompatibile con il percorso argomentativo predicato dalla norma richiamata per la valutazione di credibilità.

1.5. Al riguardo, questa Corte ha avuto modo di chiarire che “In tema di protezione internazionale, la valutazione effettuata dal giudice del merito in ordine alla credibilità e verosimiglianza delle dichiarazioni del richiedente deve rispondere ai criteri di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5 e, pur considerando l’innegabile margine di discrezionalità che la connota, non può essere motivata mediante il richiamo a giudizi che riflettono le mere opinioni del giudice o che siano il frutto di sue impressioni o suggestioni (cfr. Cass. 23891/2020); essa inoltre “deve essere anche argomentata in modo idoneo a rivelare la relativa “ratio decidendi”, senza essere basata, invece, su elementi irrilevanti o su notazioni, che, essendo prive di riscontri processuali, abbiano la loro fonte nella mera opinione del giudice cosicché il relativo giudizio risulti privo della conclusione razionale” (cfr. Cass. 13944/2020): tali principi, con la motivazione censurata, sono stati completamente disattesi dalla Corte e la sentenza, pertanto, deve essere in parte qua cassata.

2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 8, comma 3 D.Lgs. e D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c).

2.1. Assume che la Corte territoriale aveva omesso di adempiere al dovere di cooperazione istruttoria non avendo acquisito C.O.I. non aggiornate sulle condizioni di sicurezza del paese di origine e sull’esistenza di un conflitto armato nell’accezione coniata dalla giurisprudenza unionale; ed allega fonti ufficiali più aggiornate, riportandone il contenuto dal quale viene evidenziato che anche nel Punjab esiste una situazione di persistente conflittualità, spesso sfociante in pericolosi atti terroristici.

2.2. Il motivo è fondato.

2.3. La Corte territoriale, infatti, ha richiamato fonti non aggiornate alla data della decisione ((OMISSIS) del 2017) che riporta notizie diverse da quelle allegate dal ricorrente attraverso il richiamo di COI più aggiornate (rapporto Easo – (OMISSIS) dell’ottobre 2018) e decisive per una diversa soluzione della controversia (cfr. al riguardo, Cass. 22769/2020; Cass. 21932/2020).

2.4. Questa Corte ha affermato il principio secondo cui “la valutazione da parte del giudice di merito delle condizioni del paese di origine del richiedente asilo D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, ex art. 8, comma 3, deve essere fondata su fonti informative ufficiali ed aggiornate alla data della decisione e, soprattutto, riferite specificata mente alle condizioni di quel paese e non genericamente all’area geografica nel quale il medesimo è collocato.” (cfr. Cass. 22527/2020)

3. Con il terzo motivo deduce, infine, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3, nonché dell’art. 5, comma 6 TUI e vizio di motivazione.

3.1. Il motivo è inammissibile.

3.2. La Corte territoriale, infatti, ha preliminarmente rilevato (cfr. pag. 3 ultimo cpv della sentenza impugnata) che l’appellante aveva impugnato l’ordinanza soltanto in relazione alla protezione sussidiaria.

3.3. La censura proposta in questa sede, pertanto, omette di considerare che la decisione di primo grado sulla fattispecie oggetto della censura in esame è divenuta definitiva e non più impugnabile.

4. In conclusione, il ricorso è fondato in relazione al primo ed al secondo motivo; la sentenza deve essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Torino di diversa composizione per il riesame della controversia alla luce dei principi di diritto sopra evidenziati ed anche per la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte,

accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso; dichiara inammissibile il terzo.

Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Torino per il riesame della controversia ed anche per la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 9 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 agosto 2021

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