Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23461 del 10/11/2011

Cassazione civile sez. VI, 10/11/2011, (ud. 14/10/2011, dep. 10/11/2011), n.23461

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sull’istanza di rimessione in termini proposta, con riferimento alla

sentenza n. 16770 del 2010 della Corte di cassazione, da:

M.F., rappresentata e difesa, in virtù di procura

speciale a margine dell’istanza, dall’Avv. De Luca Anna ed

elettivamente domiciliata in Roma, in via Ferdinando di Savoia, n. 3,

presso lo studio dell’Avv. G. Sgromo;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14 ottobre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. VIOLA Alfredo Pompeo, che nulla ha osservato in merito

alla relazione ex art. 380 bis c.p.c. in atti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

rilevato che il consigliere designato ha depositato, in data 6 aprile 2011, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.:

“Con istanza ex art. 153 c.p.c., comma 2 depositata il 11 novembre 2010, l’Avv. M.F. esponeva: – che, a seguito di rigetto dell’opposizione a decreto di pagamento (emesso nell’ambito del processo penale n. 19/98 R.G.) con ordinanza D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170 da parte del Tribunale di Messina in composizione monocratica, aveva proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto provvedimento depositandolo presso la cancelleria della volontaria giurisdizione dello stesso Tribunale di Messina; – che il formulato ricorso veniva deciso con la sentenza della 2^ sezione civile di questa Corte n. 16770 del 2010, con la quale ne veniva dichiarata l’inammissibilità, sia per la sua mancata notificazione ai contraddittori che per l’assenza dei quesiti di diritto prescritti dall’art. 366 bis c.p.c. (“ratione temporis” applicabile); – che l’orientamento della Corte di cassazione (affermato con sentenza delle S.U. n. 19161 del 3 settembre 2009) sulla necessità di osservare le forme del rito civile anche per l’opposizione avverso un provvedimento di liquidazione del compenso adottato da un giudice penale era sopravvenuto successivamente al deposito del menzionato ricorso per cassazione e che, pertanto, anche in virtù di quanto statuito con l’ordinanza interlocutoria di questa Corte n. 15811 del 2010, si sarebbero dovuti ritenere sussistenti i presupposti per far luogo alla rimessione in termini; tanto premesso, chiedeva a questa Corte di accogliere la richiesta di rimessione in termini (ai sensi della richiamata jj norma), con la concessione di un congruo termine per notificare il ricorso alle controparti, secondo il nuovo orientamento delle Sezioni civili unite della Corte di cassazione.

Rileva il relatore che sembrano sussistere i presupposti per ritenere inammissibile l’istanza proposta.

Infatti, dall’esame della sentenza n. 16770 del 2010 cui è riferita la formulata istanza (con la quale, peraltro, il ricorso era stato dichiarato inammissibile anche per difetto dei cosiddetti “quesiti di diritto”), si desume che, nella specie, il provvedimento presupposto del Tribunale impugnato in sede di legittimità era stato adottato ai sensi della L. n. 115 del 2002, art. 170 all’esito di un procedimento (camerale) svoltosi secondo il rito della volontaria giurisdizione, con la conseguenza che l’inerente ricorso per cassazione avrebbe dovuto seguire le regole procedurali proprie del rito civile, e tanto anche avendo riferimento alla giurisprudenza anteriore delle Sezioni unite n. 19161 del 2009, la quale, quindi, non poteva sortire alcuna incidenza al riguardo, diversamente da quanto dedotto con la proposta istanza.

Pertanto, con riferimento alla concreta fattispecie, non avendo la ricorrente seguito le forme conseguenti al giusto rito prescelto (e come confermato dalle stesse Sezioni unite con la richiamata sentenza), non può trovare applicazione il diverso principio asserito da questa Corte nella indicata ordinanza interlocutoria n. 15811 del 2010 favorevole all’ammissibilità delle rimessione in termini con riferimento al diverso caso in cui erano state osservate le modalità del rito penale nell’ambito di un procedimento definito anteriormente al mutamento giurisprudenziale indotto dalle Sezioni unite con la citata sentenza n. 19161 del 2009.

In definitiva, quindi, non ricorrendo le condizioni proprie per far luogo alla invocata rimessione in termini, si riconferma che sembrano emergere le condizioni per procedere nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., ravvisandosi l’inammissibilità dell’istanza in questione”.

Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra, rilevando che, in ogni caso, fermi rimanendo gli argomenti riportati, la sentenza definitiva di questa Corte n. 16770 del 2010 sarebbe stata eventualmente suscettibile, nella sussistenza dei relativi presupposti, di essere impugnata solo con il procedimento di revocazione ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c.;

che, pertanto, la proposta istanza di rimessione in termini deve essere dichiarata inammissibile.

P.Q.M.

La Corte dichiara l’istanza inammissibile.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6^ Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 14 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2011

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