Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23458 del 26/10/2020

Cassazione civile sez. I, 26/10/2020, (ud. 24/07/2020, dep. 26/10/2020), n.23458

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 8136/2019 proposto da:

D.M., elettivamente domiciliato in Roma Corso Duca Di

Genova 15, presso lo studio dell’avvocato Tiberio Pierluigi, che lo

rappresenta e difende, con procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3970/2018 della Corte d’Appello di MILANO,

depositata il 24/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/07/2020 dal Cons., Dott. CAIAZZO ROSARIO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

D.M., cittadino del (OMISSIS), ha proposto opposizione avverso il provvedimento emesso dalla Commissione territoriale di diniego della domanda di protezione internazionale che il Tribunale di Milano, con decreto del 18.9.17 rigettò osservando che: non sussistevano i presupposti della protezione internazionale in quanto la vicenda narrata dal ricorrente non era inquadrabile tra gli atti di persecuzione; non ricorrevano i presupposti della protezione sussidiaria, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 in quanto la vicenda narrata non riguardava atti di persecuzione diretta e personale rapportabili alla previsione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7 e non emergevano elementi sufficienti a fondare il convincimento che, in caso di rimpatrio, l’istante potesse rischiare di subire un danno grave alla persona; non era riconoscibile il permesso umanitario per l’insussistenza di condizioni individuali di vulnerabilità.

Il M. propose appello che la Corte d’appello di Milano, con sentenza del 24.8.18, respinse, osservando che: la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato era infondata non essendo ravvisabili atti di persecuzione, emergendo invece che le ragioni che avevano indotto il ricorrente a lasciare il (OMISSIS) erano di natura esclusivamente personale; parimenti infondata era l’istanza di protezione sussidiaria, essendo desumibile dalle fonti internazionali consultate l’insussistenza dei relativi presupposti; anche l’istanza di protezione umanitaria era infondata, essendo da escludere situazioni individuali di vulnerabilità, considerando altresì la mancata prova dell’inserimento del ricorrente nel contesto sociale e lavorativo italiano.

Il M. ricorre in cassazione con due motivi.

Non si è costituito il Ministero.

Diritto

RITENUTO

CHE:

Con il primo motivo si deduce l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla Commissione territoriale e delle allegazioni relative alla sua condizione personale, avendo il Tribunale aderito acriticamente alle conclusioni della stessa Commissione, escludendo la situazione di grave pericolo per l’istante in caso di rimpatrio.

Con il secondo motivo si denunzia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, avendo il Tribunale errato nell’escludere i gravi motivi umanitari legittimanti la protezione umanitaria, emergendo invece la prova in re ipsa che le condizioni di vita in (OMISSIS) sono inadeguate, apparendo altrimenti inverosimile la scelta del ricorrente di intraprendere un viaggio così lungo e rischioso per la propria vita. Entrambi i motivi sono inammissibili.

Il primo motivo è alquanto generico, avendo il ricorrente esposto che il giudice (peraltro erroneamente indicato quale Tribunale mentre è stata impugnata una sentenza della Corte d’appello) si sarebbe limitato a recepire acriticamente le conclusioni della Commissione; deve pertanto ritenersi che non sia stata formulata chiaramente la doglianza. Va peraltro osservato che il motivo, oltre che vago, è anche privo di specificità e dell’autosufficienza, non essendo state indicate le specifiche dichiarazioni il cui esame sarebbe stato omesso dalla Corte territoriale.

Il secondo motivo è parimenti inammissibile perchè formulato genericamente, senza alcuna specifica allegazione delle condizioni individuali di vulnerabilità, legittimanti il permesso umanitario, ritenute erroneamente dal ricorrente sussistenti in re ipsa data la rischiosità del viaggio effettuato per recarsi in Italia.

Al riguardo, il ricorrente si è limitato a richiamare le norme e gli orientamenti giurisprudenziali in materia, omettendo qualunque riferimento alla sua concreta condizione in Italia, comparata con quella in cui verserebbe in caso di rimpatrio, in ordine al godimento dei diritti fondamentali.

Nulla per le spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il camera di consiglio, il 24 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2020

 

 

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