Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23457 del 06/10/2017

Cassazione civile, sez. VI, 06/10/2017, (ud. 14/09/2017, dep.06/10/2017),  n. 23457

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17147-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 156/5/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DI NAPOLI SEZIONE DISTACCATA di SALERNO, depositata il

14/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/09/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO MANZON.

Disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del

Presidente e del Relatore.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza in data 19 ottobre 2015 la Commissione tributaria regionale della Campania, sezione distaccata di Salerno, accoglieva l’appello principale proposto da C.M. e respingeva l’appello incidentale proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 573/18/13 della Commissione tributaria provinciale di Salerno che aveva parzialmente accolto il ricorso del contribuente contro l’avviso di accertamento IRAP, IRPEF ed altro, IVA ed altro 2007. La CIR osservava in particolare che la ripresa fiscale inerente il reddito da partecipazione derivante dall’accertamento emesso nei confronti della 3D Costruzioni srl, imputato al C. in virtù della presunzione di distribuzione degli utili non dichiarati oggetto di tale atto impositivo, doveva essere diminuito del valore delle operazioni passive IVA; rilevava inoltre che non era da considerarsi fondata la ripresa fiscale relativa ad un compenso per l’attività professionale di geometra non dichiarato nell’annualità fiscale oggetto della verifica, trattandosi di imputazione temporale da parte del contribuente, che aveva provveduto a dichiarare il compenso stesso nell’annualità fiscale successiva.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione 1′ Agenzia delle entrate deducendo quattro motivi.

L’intimato non si è difeso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, – l’agenzia fiscale ricorrente si duole di violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., poichè la CFR è incorsa nel vizio di extrapetizione sancendo l’illegittimità dell’avviso di accertamento impugnato in quanto non aveva tenuto conto dei costi sostenuti dalla società 3D Costruzioni srl quali risultanti dalle comunicazioni IVA, non essendo tale eccezione stata formulata dal contribuente, il quale, pur analogamente, ma in termini fattuali diversi aveva affermato appunto in via di eccezione che sussisteva documentazione presso il consulente della società dimostrante l’esistenza di costi di cui si doveva tenere conto nella rideterminazione del reddito societario.

La censura è infondata.

Va infatti ribadito che “Il principio di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato, fissato dall’art. 112 cod. proc. civ., implica unicamente il divieto per il giudice di attribuire alla parte un bene non richiesto o comunque di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nella domanda, ma non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti di causa – alla stregua delle risultanze istruttorie – autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti nonchè in base all’applicazione di una norma giuridica diversa da quella invocata dall’istante” (Sez. 3, Sentenza n. 16809 del 20/06/2008, Rv. 604155 – 01).

Nel caso di specie è indubbio che il contribuente ha allegato, quale motivo di ricorso e quindi in via di eccezione in senso stretto, la sussistenza di costi che dovevano essere considerati quali “fatti modificativi” della pretesa fiscale – portata dall’atto impositivo impugnato – a titolo di utili societari non dichiarati e distribuiti.

Il giudice tributario di appello quindi, statuendo nell’ambito di tale eccezione, ha ritenuto di valorizzare elementi probatori, pacificamente acquisiti agli atti del processo (comunicazioni IVA), diversi da quelli cui le parti hanno fatto riferimento a sostegno delle proprie tesi difensive contrapposte.

Tale procedimento decisionale non è contrastante con il principio di diritto di cui al citato arresto giurisprudenziale.

Con il secondo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – la ricorrente lamenta la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55, art. 109 TUIR, art. 2697 cod. civ., poichè la CTR ha basato la propria decisione su dette comunicazioni IVA, così erroneamente valutandone l’efficacia probatoria e sovvertendo la regola generale dell’onere probatorio.

La censura è fondata.

La CTR ha ritenuto che le comunicazioni IVA avessero una valenza di prova certa ai fini della compressione dei maggiori ricavi accertati presso la 3D Costruzioni srl.

Peraltro questa affermazione si pone in evidente e radicale contrasto con il principio di diritto – da ribadire – che “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, in virtù del D.L. n. 90 del 1990, art. 2, comma 6 bis, convertito in L. n. 165 del 1990, avente, come norma interpretativa, efficacia retroattiva, sia il D.P.R. n. 597 del 1973, art. 74 che il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75 (ora art. 109, comma 5) devono intendersi nel senso che le spese ed i componenti negativi sono deducibili anche se non risultino dal conto dei profitti e delle perdite, purchè siano almeno desumibili dalle scritture contabili” (Sez. 5, Sentenza n. 8322 del 27/04/2016, Rv. 639773 – 01).

Una documentazione, per così dire “extravagante”, quale quella valorizzata dal giudice tributario di appello non può di certo considerarsi “scrittura contabile” sistematica, quali quelle obbligatorie per legge, sicchè risulta sussistente la dedotta violazione di legge, anche sotto lo specifico ulteriore profilo dell’onere probatorio, così altresì illegittimamente rovesciato dalla pronuncia della CTR.

Con il quarto motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – la ricorrente si duole della violazione dell’art. 109 TUIR, poichè la CTR ha affermato che la mancata dichiarazione del compenso professionale di cui al terzo motivo nell’annualità nel quale lo stesso è stato conseguito non ha arrecato danno erariale, posto che il compenso stesso è stato dichiarato l’anno successivo.

La censura è fondata.

Va ribadito che ai sensi dell’art. 54, TUIR i redditi di lavoro autonomo vengono determinati secondo il “principio di cassa” e vanno quindi dichiarati nell’annualità fiscale nella quale vengono percepiti (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 17306 del 30/07/2014, Rv. 632147 – 01; conforme Sez. 5, 8626/2011, non massimata).

E’ quindi evidente la violazione di legge commessa dalla CTR (ancorchè diversamente “titolata”), che ha ritenuto non fiscalmente rilevante l’omessa dichiarazione della fonte reddituale de qua nell’annualità fiscale normativamente prescritta.

La sentenza impugnata, rigettato il primo motivo di ricorso, va dunque cassata in relazione al secondo ed al quarto motivo, assorbito il terzo, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.

PQM

 

La Corte, rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo ed il quarto motivo, dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 14 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2017

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