Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23455 del 06/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 06/10/2017, (ud. 14/09/2017, dep.06/10/2017),  n. 23455

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16818-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

G.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA FOLIGNO n.10,

presso lo studio dell’avvocato MASSIMO ERRANTE, rappresentato e

difeso dall’avvocato GOFFREDO GARRAFFA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2320/35/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA di

PALERMO, depositata il 05/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/09/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO MANZON.

Disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del

Presidente e del Relatore.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza in data 28 aprile 2015 la Commissione tributaria regionale della Sicilia accoglieva l’appello proposto da G.A. avverso la sentenza n. 105/12/10 della Commissione tributaria provinciale di Palermo che ne aveva rigettato il ricorso contro l’avviso di accertamento IRAP, IRPEF, IVA 2001. La CTR osservava in particolare che l’atto impositivo impugnato era esclusivamente basato sullo scostamento dallo studio di settore ed in quanto tale, di per sè illegittimo, ma comunque rilevava altresì l’inadeguatezza della metodologia accertativa utilizzata dall’Ente impositore con specifico riguardo alla valutazione dei beni strumentali ed al riferimento ai lavoratori dipendenti, trattandosi invece di collaboratori familiari (figli del contribuente).

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo quattro motivi.

Resiste con controricorso il contribuente.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – l’agenzia fiscale ricorrente lamenta la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32,D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, poichè la CTR ha affermato l’inadeguatezza del metodo accertativo impiegato in concreto, erroneamente sussumendo la fattispecie concreta in quella normativa astratta del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), in luogo di quella di cui al comma 2, lett. d), della disposizione legislativa medesima.

La censura è fondata.

Va premesso in fatto che emerge con evidenza sia dal ricorso che dal controricorso nonchè dalla stessa sentenza impugnata, e deve perciò considerarsi pacifico, che nel caso di specie il contribuente abbia omesso la presentazione della dichiarazione annuale ai fini delle imposte dirette e dell’IS’ A e non abbia nemmeno istituito le scritture contabili obbligatorie; che quindi si tratti di un c.d. “evasore totale”.

E’ perciò chiaro che la fattispecie normativa astratta applicabile nel caso di specie non è affatto quella evocata dal giudice tributario di appello, bensì quella di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41,D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55.

Ciò posto, va ribadito che:

-“In tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di Omessa dichiarazione, il potere – dovere di accertamento d’ufficio è disciplinato dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 in termini tali per cui, sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza e con facoltà di ricorso a presunzioni anche prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, “l’ufficio determina il reddito complessivo del contribuente, e in quanto possibile i singoli redditi delle persone fisiche soggetti all’imposta locale sui redditi” (art. cit. comma 2). Da ciò deriva che l’accertamento, per definizione di tipo induttivo, potrà essere, a seconda delle scelte dell’ufficio impositore – e con riferimento ai dati utilizzabili -, analitico o sintetico, giacchè l’esistenza del potere di accertamento non è condizionata dal metodo che verrà adottato, dovendosi rilevare che quel potere sussiste in astratto in modo indipendente dal come, di fatto, verrà esercitato, a seconda delle particolarità del caso concreto” (Sez. 5, Sentenza n. 10157 del 12/07/2002, Rv. 555687 – 01);

– “Nelle ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione da parte del contribuente, la legge abilita l’Ufficio delle imposte a servirsi di qualsiasi elemento probatorio ai fini dell’accertamento del reddito e, quindi, a determinarlo anche con metodo induttivo, utilizzando, in deroga alla regola generale, presunzioni semplici prive dei requisiti di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 3, per cui incombe sul contribuente l’onere della prova contraria, che, però, non essendo tipizzata, può essere offerta con qualsiasi mezzo idoneo a dimostrare la provenienza non reddituale dell’elemento valutato” (Sez. 5, Sentenza n. 7258 del 22/03/2017, Rv. 643469 – 01);

– “In tema di accertamento tributario, rientra nel potere dell’Amministrazione finanziaria, nell’ambito della previsione di legge, la scelta del corrispondente metodo da utilizzare, di cui il contribuente può dolersi solo se gliene derivi un pregiudizio sostanziale” (Sez. 5, Sentenza n. 2872 del 03/02/2017, Rv. 642889 – 01);

– “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di omessa dichiarazione da parte del contribuente, l’Amministrazione finanziaria, i cui poteri trovano fondamento non già nel D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 (accertamento sintetico) o art. 39 (accertamento induttivo), bensì art. 41 (cd. accertamento d’ufficio), può ricorrere a presunzioni cd. supersemplici, anche prive, cioè, dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, che comportano l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, ma deve, comunque, determinare, sia pure induttivamente, i costi relativi ai maggiori ricavi accertati, pena la lesione del parametro costituzionale della capacità contributiva, senza che possano operare le limitazioni previste dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75 (ora 109) in tema di accertamento dei costi, disciplinando tale norma la diversa ipotesi in cui una dichiarazione dei redditi, ancorchè infedele, sia comunque sussistente” (Sez. 5, Sentenza n. 1506 del 20/01/2017, Rv. 642453 – 01).

La CTR, falsamente applicando il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), ha dunque conseguentemente statuito in evidente contrasto con tutti i principi di diritto derivanti dai citati arresti giurisprudenziali, con valutazioni per nulla pertinenti alla fattispecie devoluta al suo giudizio meritale.

Nella diversa cornice giuridica, logica e probatoria data dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41,D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55 il giudice tributario di appello avrebbe dovuto infatti valutare nel merito la fondatezza delle pretese erariali rispetto agli indici accertativi utilizzati quali desunti dagli studi di settore e quindi le contro prove allegate dal contribuente, secondo l’onere probatorio invertito caratterizzante la fattispecie procedimentale accertativa di tipo c.d. “induttivo puro”.

La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al primo motivo, assorbiti il secondo, il terzo ed il quarto, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.

PQM

 

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti il secondo, il terzo ed il quarto motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 14 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2017

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