Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23446 del 19/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 19/09/2019, (ud. 02/04/2019, dep. 19/09/2019), n.23446

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20883-2017 proposto da:

R.P.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA UGO DE

CAROLIS 87, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO IELO,

rappresentata e difesa dall’avvocato GAETANO DOMENICO CARLUZZO;

– ricorrente –

contro

COMUNE Di BUTERA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE TRIGONA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 243/2017 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 22/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CAVALLARO

LUIGI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 22.6.2017, la Corte d’appello di Caltanissetta ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva accolto solo parzialmente la domanda di R.P.L. volta alla restituzione di somme trattenutele dal Comune di Butera; che avverso tale pronuncia R.P.L. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura; che il Comune di Butera ha resistito con controricorso; che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con l’unico motivo di censura, la ricorrente denuncia -violazione dell’art. 342 c.p.c. per avere la Corte territoriale ritenuto l’inammissibilità del motivo di gravame concernente il capo di sentenza con il quale era stata rigettata la domanda di restituzione di somme trattenute in esecuzione di provvedimenti disciplinari ritenuti illegittimi;

che il motivo è inammissibile per difetto di specificità, non risultando trascritto in ricorso l’atto di appello, nemmeno nelle parti all’uopo necessarie per intendere il fondamento fattuale della censura rivolta all’impug,nata sentenza, e non specificandosi in quale luogo del fascicolo processuale c/o di parte in atto esso si troverebbe, in spregio al consolidato principio di diritto secondo cui il ricorrente che denunci l’omessa o inesatta valutazione di atti o documenti prodotti in giudizio, anche ove intenda far valere un vizio in procedendo, è onerato, a pena di inammissibilità del ricorso, non solo della specifica indicazione del documento e della chiara indicazione del nesso eziologico tra l’errore denunciato e la pronuncia emessa in concreto, ma anche della completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti e dei documenti di cui lamenta l’omessa o inesatta valutazione, dal momento che il potere-dovere di questa Corte di esaminare gli atti processuali non esime la parte dall’onere di indicare puntualmente gli elementi individuanti e caratterizzanti il fatto processuale di cui richiede il riesame (cfr. fra le tante Cass. nn. 11738 del 2016, 19410 del 2015);

che contrari argomenti non sono desumibili da Cass. n. 2848 del 2015, cit. nella memoria dep. ex art. 378 c.p.c., rinvenendosi anzi (anche) in tale pronuncia l’affermazione secondo cui, ai fini del rispetto dell’art. 366 c.p.c., è necessario che il riferimento del ricorso per cassazione ad atti e documenti del giudizio di merito, oltre ad essere corredato dei dati necessari al relativo reperimento in atti, menzioni i profili che di essi sono rilevanti ai fini della formulazione dei motivi di ricorso, che altrimenti finirebbero per risolversi in censure astratte e prive di supporto storico;

che il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza;

che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 2 aprile 2019.

Depositato in cancelleria il 19 settembre 2019

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