Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23443 del 17/11/2016


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Cassazione civile sez. lav., 17/11/2016, (ud. 28/09/2016, dep. 17/11/2016), n.23443

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9324/2011 proposto da:

M.F., C.F. (OMISSIS), nella qualità di tutore di

MA.FR., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI BETTOLO 3,

presso lo studio dell’avvocato EMANUELE DELL’ALI, rappresentata e

difesa dall’avvocato FRANCESCA SASSANO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati MAURO RICCI, ANTONELLA PATTERI, CLEMENTINA PULLI, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, C.F. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 72/2011 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 24/02/2011 R.G.N. 533/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/09/2016 dal Consigliere Dott. ADRIANA DORONZO;

udito l’Avvocato CILIUTTI MARIA ROMANA per delega Avvocato SASSANO

FRANCESCA;

udito l’Avvocato RICCI MAURO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per l’accoglimento del secondo

motivo del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1- Con sentenza pubblicata in data 24 febbraio 2011 la Corte d’appello di Potenza ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da M.F. contro la sentenza del Tribunale che aveva rigettato la domanda proposta dall’appellante, avente ad oggetto il riconoscimento del suo diritto all’indennità di accompagnamento da epoca anteriore a quella di presentazione della domanda amministrativa.

2. – La Corte territoriale, condividendo il giudizio espresso dal primo giudice, ha ritenuto che la norma prevista dalla L. n. 18 del 1980, art. 3, secondo cui l’indennità di accompagnamento decorre dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale viene presentata la domanda, ha carattere generale e non trova deroga nel caso in cui il soggetto sia stato in condizione di subire un giudizio di interdizione a causa dei gravi deficit psico-fisici. Ha conseguentemente ritenuto assorbito l’ulteriore motivo di gravame, riguardante l’accertamento del requisito sanitario per un’epoca precedente alla domanda amministrativa, così come ha ritenuto assorbite e comunque rigettate le eccezioni preliminari sollevate dall’Inps.

3. – Contro la sentenza la M. propone ricorso per cassazione sostenuto da due motivi, illustrati da memoria. L’Inps resiste con controricorso, mentre il Ministero non svolge attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Il primo motivo è fondato sulla violazione e falsa applicazione della L. n. 18 del 1980, art. 3. Con esso la ricorrente si duole del fatto che i giudici di merito non hanno considerato che la patologia che la rendeva impossibilitata al compimento degli atti quotidiani della vita era precedente alla domanda amministrativa, come era dimostrato dalla sentenza di interdizione e dalle consulenze tecniche in atti. Assume invero che la norma di cui all’art. 3, sulla decorrenza della prestazione, non trova applicazione al caso di chi, come nella specie, si trova in una situazione di deficit psicofisico tale da essere interdetto e richiedere la nomina di un tutore per la cura dei propri interessi.

2. – Il secondo motivo è invece fondato sulla violazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c. e censura la sentenza nella parte in cui l’ha condannata al pagamento delle spese di lite nonostante che nelle conclusioni dell’atto introduttivo del giudizio vi fosse la sua autodichiarazione ai sensi dell’art. 152, disp. att. c.p.c., risultante peraltro da atto separato e offerto in comunicazione.

3. – Il primo motivo è infondato.

La L. 11 febbraio 1980 n. 18, avente ad oggetto l’indennità di accompagnamento stabilisce all’art. 3, u.c., che “Il diritto all’indennità di accompagnamento decorre dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale viene presentata la domanda”.

La norma non pone una presunzione di sussistenza, a quella data, dei presupposti per il riconoscimento del beneficio richiesto, ma pone, al contrario, un limite temporale alla riconoscibilità di detto beneficio, nel senso che, ove dall’accertamento sanitario risulti che la situazione legittimante il beneficio era presente già al momento della domanda amministrativa, o prima ancora, il suddetto beneficio non può in ogni caso essere riconosciuto anteriormente al primo giorno successivo a quello di presentazione della domanda, ferma restando la possibilità di una decorrenza successiva in caso di accertamento della decorrenza dei presupposti di legge da epoca successiva (Cass. 20 aprile 2004, n. 7576; Cass. 31 gennaio 2012, n. 1398).

Le ragioni addotte dalla ricorrente, e in particolare il suo stato d’incapacità di attendere agli atti quotidiani della vita attestata dalla sentenza di interdizione, precedente al provvedimento amministrativo di riconoscimento della prestazione e alla sua stessa domanda, non sono idonee a scalfire la chiara lettura del dato normativo, giacchè nel nostro ordinamento l’incapace naturale conserva la piena capacita processuale sino a che non sia stata pronunciata nei suoi confronti una sentenza di interdizione, ovvero non gli sia stato nominato, durante il giudizio che fa capo a tale pronuncia, il tutore provvisorio previsto dall’art. 419 c.c., perchè soltanto per effetto di tali provvedimenti egli viene messo in stato di incapacità legale (Cass. 14 giugno 1977, n. 2480; Cass. 22 giugno 2002, n. 9146; Cass. 30 luglio 2010, n. 17912). In altri termini, l’infermità mentale o l’incapacità naturale non determina la perdita di capacità legale del soggetto il quale era pertanto abilitato a compiere gli atti diretti a promuovere il procedimento amministrativo per il riconoscimento della prestazione già prima della stessa sentenza di interdizione, e successivamente, per il tramite del suo tutore. Non sussiste pertanto alcun deficit di tutela rispetto a tali soggetti che giustifichi la deroga al disposto dell’art. 3 della Legge citata.

4. – Il secondo motivo è invece fondato, poichè come risulta dalla stessa sentenza impugnata fin dal ricorso di primo grado la M. ha reso l’autodichiarazione prevista dall’art. 152 disp. att. c.p.c.. Sussistono i presupposti perchè ella possa godere del beneficio della esenzione dal pagamento delle spese del giudizio. Ciò comporta la cassazione, in parte qua, della sentenza e la pronuncia nel merito in punto di spese, non essendo necessari ulteriori approfondimenti istruttori. Quanto alle spese del presente giudizio, si reputa di doverle compensare in ragione della parziale soccombenza della ricorrente.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara non dovute dalla M. all’Inps le spese del giudizio di appello. Compensa tra le parti le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2016

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