Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23438 del 06/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 06/10/2017, (ud. 13/07/2017, dep.06/10/2017),  n. 23438

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria G. C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:

I.A., già amm.re e l.r. di (OMISSIS) s.r.l., rapp. e

dif. dall’avv. Pietro Luccisano, elett. dom. presso lo studio

dell’avv. Marco Cinquegrana in Roma, via Baruffaldi n. 7, come da

procura in calce all’atto;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) s.r.l., in persona del cur.fall. p.t., rapp. e

dif. dall’avv. Simona Mazzei, elett. dom. presso lo studio dell’avv.

Luciano D’Andrea, in Roma, viale Giulio Cesare n. 109, come da

procura in calce all’atto;

N.T., titolare dell’omonima impresa individuale, rapp. e

dif. dall’avv. Salvatore Cinnera Martino, elett. dom. presso lo

studio di questi in Sant’Agata di Militello, via San Giuseppe n. 51,

come da procura in calce all’atto;

– controricorrenti –

per la cassazione della sentenza App. Messina 16.6.2016, n. 370/16,

R.G. 552/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 13 luglio 2017 dal Consigliere relatore Dott. Ferro Massimo;

vista la memoria del ricorrente;

il Collegio autorizza la redazione del provvedimento in forma

semplificata, giusta decreto 14 settembre 2016, n. 136/2016 del

Primo Presidente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. I.A., nella qualità di già amministratore e legale rappresentante di (OMISSIS) s.r.l., impugna la sentenza App. Messina 16.6.2016, n. 370/2016, con cui è stato rigettato il reclamo proposto dalla predetta società avverso la sentenza Trib. Messina 23.9.2015, n. 26/2015 già dichiarativa del fallimento della stessa, su istanza del creditore N.T.;

2. per la corte, in punto di insolvenza, doveva confermarsi un giudizio di permanente difficoltà ad adempiere, nonostante il patrimonio immobiliare della debitrice e per via del non breve smobilizzo potenziale, a fronte di plurimi elementi del passivo, oltre al credito, accertato come definitivo, del citato istante;

3. con il ricorso si deducono due motivi e, in particolare:

– la violazione della L.Fall. art. 5, con riguardo al credito dell’istante, un decreto ingiuntivo esecutivo e però impugnato per revocazione (ex art. 395 c.p.c., n. 1 e art. 656 c.p.c.) e agli altri crediti, recati da analoghi decreti ingiuntivi, però opposti e non muniti di provvisoria esecutività, non deponendo per l’insolvenza le risultanze dello stato passivo, da considerare fatto successivo alla dichiarazione, il godimento di credito bancario in essere e il patrimonio immobiliare, agilmente liquidabile, il blocco di una somma in banca operato dal creditore istante con l’unico pignoramento;

– il vizio di motivazione quanto allo smobilizzo degli immobili, sbrigativamente negato dalla sentenza nonostante i molti preliminari di vendita e il possibile introito di 740 mila Euro e i valori di perizia assunti in sede di istruttoria già avanti al tribunale (per quasi 1,3 milioni di Euro).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. il primo motivo è infondato posto che, per un verso, opera in tema il principio per cui “nel procedimento di opposizione alla dichiarazione di fallimento, la sussistenza dello stato di insolvenza può essere correttamente desunta anche dalle risultanze dello stato passivo” (Cass. 9760/2011) e, per altro, integra la nozione di insolvenza un giudizio di inidoneità solutoria strutturale del debitore, così come “quanto ai debiti, (…) il computo non si limita alle risultanze dello stato passivo nel frattempo formato, ma si estende a quelli emergenti dai bilanci e dalle scritture contabili o in altro modo riscontrati, anche se oggetto di contestazione, quando (e nella misura in cui) il giudice dell’opposizione ne riconosca incidentalmente la ragionevole certezza ed entità; quanto all’attivo, i cespiti vanno considerati non solo per il loro valore contabile o di mercato, ma anche in rapporto all’attitudine ad essere adoperati per estinguere tempestivamente i debiti, senza compromissione – di regola dell’operatività dell’impresa, salvo che l’eventuale fase della liquidazione in cui la stessa si trovi renda compatibile anche il pronto realizzo dei beni strumentali e dell’avviamento.” (Cass. 5215/2008);

2. il secondo motivo è inammissibile, posto che la corte d’appello, nel selezionare gli elementi di fatto concorrenti in modo coordinato a ricostruire la qualità della situazione finanziaria e patrimoniale del debitore, ha compiuto un apprezzamento che non può in questa sede essere rivisitato, alla luce del principio per il quale “la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.” (Cass. s.u. 8053/2014);

3. il ricorso va dunque rigettato, con condanna alle spese, secondo la regola della soccombenza e liquidazione come da dispositivo.

PQM

 

Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento di legittimità, liquidate in favore di ciascun controricorrente in Euro 8.100 (di cui 100 per esborsi), oltre al 15% a forfait sui compensi e agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.

Motivazione Semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 13 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2017

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