Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23431 del 17/11/2016


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Cassazione civile sez. I, 17/11/2016, (ud. 19/10/2016, dep. 17/11/2016), n.23431

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – rel. Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5150-2011 proposto da:

GIRASOLE S.R.L. (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti

Pietro Rescigno e Giovanni Pesce, elettivamente domiciliata presso

lo studio del secondo in Roma, piazza Borghese;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO FRILLOYD S.R.L. (C.F. (OMISSIS)), in persona del studio

dell’avv. Paola Petrella Tirone in Roma, viale Mazzini 55.

– controricorrente –

e contro

FALLIMENTO C.I.T.A. S.R.L. (C.F. (OMISSIS)), in persona del curatore

pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Carlo Tagariello,

elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Sebastiano

Mastrobuono in Roma, via Quinto Fabio Massimo 60;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

NUOVA MEDA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore.

– intimata –

avverso la sentenza n. 116/2010 della Corte d’appello di Lecce

sezione distaccata di Taranto, depositata il 23 giugno 2010.

Sentita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 19 ottobre 2016 dal Presidente relatore dott. Aniello Nappi;

udito l’avv. Giovanni Pesce per la ricorrente;

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott.

Soldi Anna Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Taranto respinse la domanda proposta dal curatore del fallimento della Frilloyd s.r.l. nei confronti di Nuova Meda s.r.l., C.I.T.A. s.r.l. quest’ultima successivamente dichiarata fallita – e Girasole s.r.l., avente ad oggetto la revoca ai sensi dell’art. 67, comma 1, ovvero comma 2, L. Fall., nonchè ai sensi dell’art. 66 L. Fall. e art. 2901 c.c., dei seguenti atti di alienazione di un complesso alberghiero: 1) scrittura privata autenticata del 28 luglio 1987 tra la Frilloyd S.r.l. e la Nuova Meda S.r.l., con cui i beni furono trasferiti dalla prima alla seconda per il prezzo di Lire 1.800.000.000; 2) atto pubblico di cessione di azienda del 28 dicembre 1987 tra la Nuova Meda s.r.l. e la C.I.T.A. s.r.l. con cui il complesso alberghiero venne ceduto dalla prima alla seconda al prezzo di Lire 2.100.000.000; 3) atto pubblico di compravendita del 2 ottobre 1990 tra C.I.T.A. s.r.l. e Girasole S.r.l., con cui il complesso immobiliare venne trasferito dalla prima alla seconda al prezzo di Lire 2.050.000.000.

In accoglimento dell’appello proposto dal curatore fallimentare, la Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, con la sentenza impugnata, riformò la decisione di primo grado e dichiarò inefficaci gli atti di trasferimento oggetto della domanda di revocatoria, ritenendo provata la preordinazione di tutti i trasferimenti a pregiudicare la garanzia patrimoniale dei creditori, in ragione dei tempi degli atti, della ridottissima capitalizzazione delle società acquirenti e delle modalità di pagamento del prezzo.

Contro la sentenza di appello la Girasole s.r.l. propone ricorso per cassazione affidato a sei motivi, al quale ha resistito con controricorso il curatore del fallimento della Frilloyd S.r.l..

Il curatore del fallimento della C.I.T.A. s.r.l. ha notificato controricorso contenente ricorso incidentale autonomo e adesivo affidato a due motivi, resistito con controricorso del curatore del fallimento della Frilloyd S.r.l..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo la ricorrente principale denuncia la nullità della sentenza, per violazione dell’art. 342 c.p.c., deducendo che erroneamente la Corte di merito ha pronunciato su un appello inammissibile perchè non formulato a mezzo di specifici motivi.

Con il secondo motivo lamenta la mancata specificità dell’appello in relazione alla domanda (respinta in primo grado) di revoca degli atti successivi al primo, in quanto nel gravame sarebbe mancata l’indicazione degli elementi indiziari che deponevano per la consapevolezza della revocabilità del primo trasferimento.

Con il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 67, comma 2, L. Fall. e art. 2967 c.c., in quanto la corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto che sussistevano elementi esteriori comprovanti lo stato di decozione della fallita.

Con il quarto motivo su duole della violazione degli artt. 2729 e 2697, nonchè del vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per avere il giudice di merito ritenuto provata una comune volontà fraudolenta tra la venditrice e la prima acquirente.

Con il quinto motivo eccepisce violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2729 e 2901 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., nonchè vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), poichè la corte d’appello avrebbe tratto la prova della malafede del primo sub acquirente dalle medesime circostanze utilizzate per valutare lo stato soggettivo del primo acquirente.

Con il sesto motivo ancora sostiene la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2729 e 2901 c.c., nonchè vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per avere il giudice del merito ritenuto suscettibile di revocatoria l’acquisto del secondo sub acquirente nonostante la mancanza di prova della consapevolezza della revocabilità di tutti i precedenti atti negoziali.

2.- Con il primo motivo del ricorso incidentale il fallimento controricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 67, comma 2, L. Fall. e dell’art. 2729 c.c., nonchè vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), avendo la corte d’appello ricavato una presunzione da altra presunzione al fine di ritenere dimostrata la scientia decoctionis del primo acquirente.

Con il secondo motivo lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2901 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., nonchè vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), essendo errata la valutazione del giudice di merito sulla consapevolezza della prima sub acquirente in ordine allo stato di decozione della venditrice.

3.- Il primo e il secondo motivo del ricorso principale, da esaminare congiuntamente stante la stretta connessione, sono entrambi infondati.

E’ applicabile nella fattispecie, invero, il principio per il quale, ai fini della specificità dei motivi richiesta dall’art. 342 c.p.c., nel testo precedente alla novella introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, qui applicabile ratione temporis, l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno dell’appello, possono sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, purchè ciò determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice (Cass. s.u. 25 novembre 2008, n. 28057; Cass. 12 febbraio 2016, n. 2814).

Dalla lettura della sentenza impugnata, allora, si desume che i motivi di appello erano sufficientemente specifici, come, d’altra parte, è confermato dalla stessa parte narrativa del ricorso. Specificità che va intesa in relazione al contenuto della sentenza di primo grado; sì che nel caso in esame il requisito in parola poteva risultare soddisfatto anche dalla mera richiesta di nuova valutazione degli elementi indiziari ritenuti insufficienti dal tribunale.

Nè può sostenersi che il giudice d’appello avrebbe esaminato la domanda tesa ad ottenere l’inefficacia degli atti successivi al primo, ai sensi del combinato disposto dell’art. 2901 c.c. e art. 66 L. Fall., pure in difetto di un espresso motivo di gravame, considerato che il tribunale in primo grado aveva senz’altro respinto la domanda per difetto della prova della scientia decoctionis dell’acquirente, omettendo di esaminare, perchè all’evidenza ritenute assorbite, le domande formulate nei confronti del primo e del secondo subacquirente.

4.- Il terzo, quarto, quinto e sesto motivo del ricorso principale e i due motivi del ricorso incidentale, avvinti tutti da oggetto comune, sono complessivamente infondati.

Va premesso che l’azione revocatoria esercitata dal curatore fallimentare, ex art. 66, comma 2, L. Fall., nei confronti di terzi aventi causa del primo acquirente del fallito, pur presupponendo l’esercizio della revocatoria fallimentare nei confronti dell’atto dispositivo posto in essere dal fallito che è all’origine della catena dei trasferimenti, e la conseguente dichiarazione d’inefficacia di tale atto, è una revocatoria ordinaria, il cui accoglimento presuppone l’accertamento della mala fede del sub acquirente, consistente nella consapevolezza della revocabilità, ai sensi dell’art. 67 L. Fall. del trasferimento intervenuto tra il primo dante causa ed il debitore fallito, a nulla rilevando che la sentenza dichiarativa di fallimento o la domanda revocatoria del curatore siano state trascritte prima o dopo l’atto stipulato dai terzi aventi causa dal primo acquirente del fallito (Cass. 23 dicembre 2009, n. 27230).

Assumendo la violazione degli artt. 2697, 2729 e 2901 c.c., dell’art. 67 L. Fall. e dell’art. 115 c.p.c., in realtà la parte ricorrente principale e quella incidentale intendono sottoporre allo scrutinio della Corte la motivazione con la quale è stata ritenuta dimostrata, per un verso, la scientia decoctionis dell’acquirente del compendio immobiliare e, per altro verso, la consapevolezza della revocabilità del detto trasferimento sia in capo al primo che al secondo subacquirente.

Tuttavia, com’è noto, l’elemento soggettivo dell’azione revocatoria proposta ex art. 67 L. Fall. (come pure quello della revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c.), resta oggetto di apprezzamento del giudice del merito, incensurabile in sede di egittimità se correttamente motivato (Cass. 19 febbraio 2015, n. 3336; Cass. 18 aprile 2011, n. 8827).

E’ poi indiscusso che spetta al giudice del merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge anch’esso al sindacato di legittimità (Cass. 8 gennaio 2015, n. 101; Cass. 2 aprile 2009, n. 8023).

Ancora, è noto che la valutazione della prova presuntiva esige che il giudice del merito esamini tutti gli indizi di cui disponga, non già considerandoli isolatamente, ma valutandoli complessivamente ed alla luce l’uno dell’altro, senza negare valore ad uno o più di essi sol perchè equivoci, cosi da stabilire se sia comunque possibile ritenere accettabilmente probabile l’esistenza del fatto da provare (Cass. 13 marzo 2014, n. 5787).

Per la configurazione di una presunzione giuridicamente valida, infine, non occorre che l’esistenza del fatto ignoto rappresenti l’unica conseguenza possibile di quello noto secondo un legame di necessarietà assoluta ed esclusiva (sulla scorta della regola della inferenza necessaria), ma sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto, alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull’id quod plerumque accidit (in virtù della regola dell’inferenza probabilistica), sicchè il giudice può trarre il suo libero convincimento dall’apprezzamento discrezionale degli elementi indiziari prescelti, purchè dotati dei requisiti legali della gravità, precisione e concordanza (Cass. 5 febbraio 2014, n. 2632; Cass. 16 novembre 2005, n. 23079).

Orbene, nella vicenda qui all’esame, il giudice del merito ha congruamente e compiutamente motivato in ordine alla pluralità di indizi (le modalità fissate per il pagamento del prezzo mediante accollo del mutuo e rilascio di cambiali a lunga scadenza; la data di costituzione, l’oggetto e il capitale sociale del tutto inadeguato sia dell’acquirente che della prima sub acquirente; il mancato pagamento delle rate del mutuo da parte dell’acquirente e della prima subacquirente), che, esaminati congiuntamente alla luce l’uno dell’altro e non atomisticamente considerati, concorrevano tutti in maniera grave, precisa e concordante alla conclusione, da un lato, che il primo trasferimento (dalla fallita alla Nuova Meda s.r.l.) fosse stato preordinato allo scopo di sottrarre ai creditori della società poi fallita un rilevantissimo compendio immobiliare – evidentemente proprio in ragione dello stato di decozione in cui versava la venditrice e, dall’altro lato, che in occasione dei successivi trasferimenti (dalla Nuova Meda alla C.I.T.A. e da quest’ultima alla Girasole) entrambi i subacquirenti fossero stati ben consapevoli di tale manovra fraudolenta, restando così pienamente dimostrata la necessaria mala fede dell’accipiens.

5. Le spese seguono la soccombenza tra le parti costitute.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso principale e quello incidentale; condanna la parte ricorrente principale e quella incidentale, in solido, alla rifusione delle spese sostenute dal fallimento controricorrente, liquidate in Euro 10,200,00 di cui Euro 10.000,00 per onorari, oltre accessori.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2016

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