Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23430 del 25/08/2021

Cassazione civile sez. II, 25/08/2021, (ud. 30/03/2021, dep. 25/08/2021), n.23430

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19085/2016 R.G. proposto da:

P.S., rappresentata e difesa dall’Avv. Emilia Velletri,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Alessandro Luzio n. 27,

presso l’avv. Giovanni Andrea Callea.

– ricorrente –

contro

D.M., titolare dell’impresa individuale ARC DOMUS,

rappresentata e difesa dall’avv. Ugo Vettor, elettivamente

domiciliato in Roma, Via Monte Zebio n. 19, presso l’avv. Antonio

Martinelli.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce – sezione

distaccata di Taranto – n. 277/2016, depositata in data 24.5.2016.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 30.3.2021 dal

Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

Lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso,

chiedendo il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

P.S. ha adito il tribunale di Taranto, esponendo di aver affidato a D.M., titolare dell’impresa individuale Arc Domus, l’incarico di eseguire taluni interventi all’immobile sito in (OMISSIS). Le opere, una volta ultimate, avevano presentato numerosi difetti di esecuzione.

Ha chiesto la condanna della D. al risarcimento del danno, con vittoria di spese processuali.

La convenuta ha eccepito la prescrizione dell’azione ai sensi dell’art. 1667 c.c., assumendo di aver eseguito solo parte dei lavori e, comunque, non quelli relativi alle parti strutturali dell’immobile, da cui erano derivati i danni.

Assunta la prova per testi e espletato l’interrogatorio formale, all’esito il tribunale ha respinto la domanda, dichiarando la prescrizione dell’azione di risarcimento ai sensi dell’art. 1667 c.c.. Con sentenza n. 277/2016, la Corte di appello di Lecce ha confermato la decisione.

Secondo il giudice distrettuale, era irrilevante stabilire se la domanda fosse disciplina dall’art. 1667 o dall’art. 1669 c.c., poiché i lavori ai solai, da cui erano derivati i danni, non erano stati eseguiti dall’Arc Domus. Difatti, la ricorrente aveva ammesso, con dichiarazioni a contenuto confessorio, che la controparte non aveva effettuato il “rifacimento” del solaio (eseguito da altra impresa), ma solo il rifacimento totale del lastrico solare”.

La Corte di merito ha infine osservato che, come già rilevato dal tribunale, non era neppure provato che l’attrice avesse tempestivamente denunciato i vizi delle opere, che non potevano peraltro – considerarsi riconosciuti dall’appaltatore.

Per la cassazione della sentenza P.S. ha proposto ricorso in sette motivi, illustrati con memoria.

D.M. resiste con controricorso e con memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo censura la violazione degli artt. 96 e 112 c.p.c.,

ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, imputando alla Corte distrettuale di aver omesso di stabilire se la fattispecie fosse disciplinata dall’art. 1667 c.c. o dall’art. 1669 c.c..

Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 1669 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, esponendo che, data la natura dei vizi lamentati, che incidevano sulla funzionalità globale dell’immobile, era applicabile l’art. 1669 c.c., con conseguente infondatezza dell’eccezione di prescrizione accolta in primo grado.

Il terzo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1667 c.c., comma 2, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La Corte di merito, sostenendo che la ricorrente non avesse dato prova di aver denunciato tempestivamente i difetti delle opere, avrebbe trascurato che, ove, come nella specie, trattasi di vizi occulti, il termine per la denuncia decorre dalla scoperta, che coincide con l’accertamento dei difetti e delle relative cause tramite la relazione di un tecnico.

I tre motivi, che appaiono suscettibili di esame congiunto, sono infondati.

La Corte di merito ha ritenuto inutile inquadrare la responsabilità dell’appaltatore nell’ambito dell’art. 1667 o nella diversa ipotesi disciplinata dall’art. 1669, avendo ritenuto carente la stessa prova che gli interventi che avevano dato luogo ai danni lamentati in giudizio – fossero stati eseguiti dalla D..

Tale accertamento in fatto attingeva un profilo del tutto preliminare rispetto sia alla stessa individuazione della natura delle responsabilità configurabile a carico dell’appaltatrice, che all’accertamento dell’avvenuta decadenza dalla garanzia, questione – quest’ultima – esaminata solo incidentalmente e per mera completezza, dovendo escludersi, stante la ravvisata carenza di prova della provenienza del danno dagli interventi eseguiti dall’appaltatrice, che tale passaggio argomentativo abbia integrato un’autonoma ratio decidendi, suscettibile di impugnazione (Cass. 24591/2005; Cass. 23635/2010; Cass. 8755/2020).

2. Il quarto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 345 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3.

c.p.c., per aver il giudice distrettuale ritenuto che non vi fosse prova dell’esecuzione delle opere al solaio da parte della resistente, trascurando che tale circostanza era stata contestata solo nella comparsa di costituzione d’appello e che, in primo grado, l’appaltatrice si era limitata ad eccepire la prescrizione, ammettendo di aver eseguito tutti i lavori oggetto dei preventivi.

Neppure tale doglianza merita di essere accolta.

La sentenza ha escluso che il contenuto degli atti difensivi potessero interpretarsi quali ammissione dei fatti costitutivi della domanda (cfr. sentenza, pag. 6) e, in effetti, la generica menzione, presente delle fatture richiamate nella comparsa di costituzione (ove gli interventi eseguiti dall’Arc Domus erano descritti, senza nessun’altra specificazione, quali “lavori di manutenzione straordinaria e ristrutturazione”), non dava oggettivamente conto della indiscutibile ricomprensione, nell’oggetto dell’appalto, anche dei lavori al solaio da parte dell’Arc Domus.

Non è comunque ammissibile sollecitare in questa sede un diverso apprezzamento delle contenuto delle allegazioni difensive, poiché l’accertamento della sussistenza di una contestazione (o della non contestazione) ricade nell’ambito delle valutazioni riservate al giudice di merito, sindacabili solo per vizi di motivazione (Cass. 27490/2019; Cass. 10182/2007; Cass. 13686/2001).

3. Il quinto motivo deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, contestando al giudice distrettuale di non aver valutato i plurimi elementi che comprovavano l’esecuzione di tutti lavori all’immobile da parte della appaltatrice (in particolare le deposizioni di Pa.Gr., C.C., Pe.So.) e per aver ritenuto attendibile le dichiarazioni del Geom. V., direttore dei lavori e coniuge della resistente, portatore di un personale interesse all’esito della lite, dovendo egli stesso rispondere dei danni.

La sentenza sarebbe contraddittoria anche nel punto in cui ha stabilito che l’Arc Domus non aveva eseguito gli interventi ai solai e per aver male interpretato le stesse dichiarazioni del V., che aveva fatto menzione dei soli lavori di riparazione degli intonaci superiori.

Il sesto motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamentando che la sentenza abbia negato che la Arc domus avesse eseguito i lavori ai solai, in contrasto con quanto era emerso dall’istruttoria ed in particolare dal preventivo di spesa, che – alle voci nn. 6 e 11 menzionava rispettivamente la ristrutturazione e l’intonacatura dei solai.

Il settimo motivo denuncia la violazione degli artt. 100,246,107,102 c.p.c., art. 1669 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, lamentando che il teste V. era portatore di specifico interesse alla lite, avendo ricoperto il ruolo di direttore dei lavori ed essendo coniuge della resistente, sicché non poteva tenersi conto delle sue dichiarazioni testimoniali.

4. I tre motivi, che, per la loro stretta connessione, vanno esaminati congiuntamente, sono infondati.

Il giudice distrettuale ha correttamente ritenuto di dover assegnare rilievo probatorio vincolante alle dichiarazioni confessorie rese all’udienza del 6.5.2010, con cui la ricorrente aveva ammesso che “la ditta appellata non aveva effettuato il “rifacimento” del solaio, ma solo il rifacimento totale del lastrico solare2, non avendo quindi cagionato il danno (cfr. sentenza, pag. 4).

La pronuncia ha – per giunta – posto in rilievo che anche le dichiarazioni del V., confermate dalle indagini del c.t.u., consentivano di stabilire che gli intonaci realizzati dalla ditta appellata avevano riguardato “esclusivamente le pareti e non l’intonaco dei solai, tranne che quelli della veranda balcone” (cfr., sentenza, pag. 5).

In sostanza, il fatto storico della mancata effettuazione dei lavori ai solai da parte dell’appaltatrice è circostanza specificamente esaminata e comunque la Corte territoriale ha doverosamente accordato prevalenza alla confessione giudiziale della ricorrente, avente valore di prova legale.

Sono, per tale aspetto, insussistenti la denunciata violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. s.u. 8053/2014) e gli stessi vizi di motivazione denunciati a pag. 30 del ricorso riguardo all’interpretazione delle deposizioni del teste V., atteso che, come detto, il giudice ha accertato la tipologia dei lavori eseguiti dall’appaltatrice sulla base di una più ampio compendio istruttorio, entro cui spicca la dichiarazione confessoria della committente.

Anche riguardo all’incapacità a deporre del V., la doglianza è per più aspetti inammissibile, essendo anzitutto carente di decisività, dati gli elementi probatori ritenuti decisivi dalla Corte per escludere la responsabilità dell’appaltatore. Peraltro non si evince dal ricorso se la questione sia stata oggetto di una specifica eccezione, posto che detta incapacità dà luogo ad una nullità relativa che deve essere eccepita subito dopo l’assunzione della prova, rimanendo altrimenti sanata ai sensi dell’art. 157 c.p.c., comma 2 (Cass. s.u. 21670/2013; Cass. 18036/2014).

In ogni caso, l’ambito applicativo dell’art. 256 c.p.c., non può essere esteso oltre la cerchia delle persone aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio, tra cui, a seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 248/1974, non figura il coniuge di una delle parti, dovendosi sempre vagliare nei singoli casi la natura del diritto oggetto della controversia e verificare l’esistenza di un interesse qualificato a partecipare al giudizio da parte del soggetto chiamato a rendere testimonianza.

Il mero rapporto di coniugio non autorizza, di per sé, neppure una valutazione di inattendibilità del teste, che la sentenza ha peraltro escluso in concreto.

Per tali ragioni il ricorso è respinto, con aggravio di spese secondo soccombenza.

Sì dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5000,00 per onorario, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 30 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 agosto 2021

 

 

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