Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23427 del 06/10/2017
Cassazione civile, sez. lav., 06/10/2017, (ud. 20/06/2017, dep.06/10/2017), n. 23427
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –
Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11251-2012 proposto da:
B.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TACITO 23
SC. B INT 8, presso lo studio dell’avvocato LORENZO DI BACCO, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIALE
MAZZINI 134 presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 7767/2011 della CORTE D‘APPELLO di ROMA,
depositata il 31/10/2011 R.G.N. 6426/09.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza n. 7767/2011, la Corte di Appello di Roma ha confermato la pronuncia emessa inter partes dal Tribunale della stessa città con la quale era stata respinta la domanda, proposta da B.A., volta ad ottenere la dichiarazione di nullità della clausola di durata apposta al contratto stipulato con Poste Italiane spa dal 13.2.2007 al 31.3.2007 ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1 bis;
che avverso tale sentenza B.A. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico articolato motivo;
che Poste Italiane spa ha resistito con controricorso;
che il P.G. non ha formulato richieste;
che sono state depositate memorie nell’interesse della controricorrente.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il ricorso per cassazione, si censura la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3) in riferimento al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2,comma 1 bis, nonchè la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 2699 c.c.; si sostiene, poi, l’errore su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5) e ciò per avere, secondo l’assunto della ricorrente, erroneamente la Corte territoriale affermato che essa dipendente si era limitata genericamente a sostenere che la società datrice aveva superato la percentuale massima prevista dalla legge quando, invece, trattandosi di un requisito di legittimità dell’assunzione de quo, avrebbe dovuto essere l’azienda convenuta a dedurre e a dimostrare l’osservanza della percentuale della clausola di contingentamento non essendo a tal uopo sufficienti le allegazioni di cui alla memoria di costituzione attraverso una dichiarazione firmata dalla stessa parte interessata;
che le censure non sono fondate: in primo luogo, infatti, va rilevato un profilo di inammissibilità del motivo, per violazione del principio di autosufficienza del ricorso, per essere stata riportata in modo generico e lacunoso la ricostruzione degli atti processuali ai fini di valutare compiutamente le doglianze relative alle denunziate violazioni di legge e ai prospettati errori su punti decisivi della controversia; in secondo luogo, deve rimarcarsi che la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei principi relativi alla circolarità degli oneri di allegazione e di contestazione che regolano il processo del lavoro (Cass. n. 761/2002; n. 8202/2005) perchè ha dato atto che, a fronte di una generica affermazione in primo grado che era stata superata la percentuale della clausola di contingentamento e alla stregua delle difese della società che, invece, aveva prodotto documentazione a sostegno del proprio assunto, la ricorrente nulla aveva contestato per cui la circostanza doveva ritenersi provata e non poteva essere più rimessa in discussione nelle successive fasi del giudizio;
che tali argomentazioni, sia per la mancata trascrizione degli atti processuali, sia perchè il relativo apprezzamento è stato adeguatamente e correttamente motivato, è insindacabile in sede di legittimità;
che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;
che al rigetto del ricorso, segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 20 giugno 2017.
Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2017