Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23424 del 26/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 26/10/2020, (ud. 25/02/2020, dep. 26/10/2020), n.23424

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina Maria – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –

Dott. CHIESI Gian Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19073-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

TECHNOLABS SPA, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE G. MAZZINI

134, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARIA CIPOLLA, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 13/2013 della COMM. TRIB. REG. della

Lombardia, depositata il 15/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/02/2020 dal Consigliere Dott. ROSARIA MARIA CASTORINA.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza n. 13/29/2013, depositata in data 15.1.2013, non notificata, la Commissione tributaria regionale della Lombardia, rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di Intecs s.p.a. (già Technolabs s.p.a.) avverso la sentenza n. 352/44/11 della Commissione tributaria provinciale di Milano che aveva accolto il ricorso proposto dalla contribuente avverso una cartelle di pagamento emessa per il recupero del credito Iva per l’anno di imposta 2006 sul presupposto che tale credito potesse essere utilizzato in compensazione in quanto aveva optato per il regime della cd liquidazione Iva di gruppo previsto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 73, comma 3, a partire dall’anno 2007.

La CTR affermava che il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 73, comma 3, non disponeva per le società partecipanti al gruppo l’obbligo di trasferire le eccedenze di Iva maturate a credito fino all’anno di imposta precedente a quello di inizio della procedura di liquidazione di gruppo.

Avverso la sentenza del giudice di appello l’Agenzia delle Entrate ha proposte ricorso per cassazione affidando il suo mezzo a un motivo.

La contribuente resiste con controricorso, illustrato con memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.Con il motivo l’Agenzia deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 73 e 30, del D.M. 13 dicembre 1979, art. 4, del D.P.R. n. 542 del 1999, art. 8, della L. n. 244 del 2007, art. 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Deduce che la dichiarazione di opzione per la liquidazione Iva di gruppo ha per effetto l’automatica ed inderogabile cessione da parte della controllata del credito sino a quel giorno maturato e non richiesto a rimborso, sicchè non poteva essere portato in compensazione.

La censura è fondata.

1.1. Questa Corte ha affermato (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 12642 del 19/05/2017; Cass. 25664/18) che in sede di liquidazione dell’IVA di gruppo del D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 73, comma 3, nel regime (applicabile “ratione temporis”) anteriore all’applicabilità della L. n. 244 del 2007, nel novero delle eccedenze detraibili che dovevano essere trasferite dalle società del gruppo alla controllante, rientravano anche quelle maturate in anni precedenti l’attivazione del regime predetto, con la conseguenza che la società controllata non poteva utilizzare le stesse per autonoma ed individuale compensazione ma doveva trasferirle alla controllante, atteso che l’espressione “eccedenza detraibile”, contenuta nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 73, comma 3, alla luce del suo univoco tenore letterale, ha riguardo puramente e semplicemente all’eccedenza detraibile maturata dalla controllata, a prescindere dall’anno di maturazione dei crediti che la compongono, sicchè non è consentito all’interprete introdurre eccezioni o limitazioni all’ambito applicativo desumibile dal descritto tenore testuale. Il regime dell’iva di gruppo è mera procedura liquidatoria e di versamento del tributo, in virtù della quale la società capogruppo compensa le eccedenze di credito e i debiti iva delle società del gruppo (c.d. compensazione verticale) e versa l’imposta a debito oppure computa la differenza a credito nel periodo successivo, salvo chiederne il rimborso. Ed è sempre la capogruppo che può procedere alla c.d. compensazione orizzontale, ma del solo credito iva di gruppo, che è quello emergente dai prospetti riepilogativi annuali della dichiarazione di gruppo, con tributi diversi.

1.2. La limitazione è coerente con la natura meramente procedimentale della disciplina dell’iva di gruppo, volta soltanto a semplificare la liquidazione ed il versamento del tributo. Facendo leva su questa fisionomia la Corte di giustizia non ha escluso che, come sostenuto dalla Repubblica italiana, l’emanazione del D.M. n. del 1979, non dovesse essere preceduto dalla consultazione del comitato consultivo iva, necessaria, invece, qualora si fosse esercitata la facoltà contemplata dalla sesta Dir., art. 4, n. 4, secondo periodo, (Corte giust. 22 maggio 2008, causa C-162/07, Soc. Ampliscientifica c. Min. economia e fin.).

1.3. In virtù della natura procedimentale della dichiarazione, le società controllate non perdono la loro soggettività ai fini fiscali. Ne consegue che la compensazione – la quale richiede il requisito della reciprocità, ex art. 1241 c.c., ossia la sussistenza di crediti e debiti reciproci tra i medesimi i soggetti -, è ammissibile soltanto per i crediti che siano confluiti nella dichiarazione presentata dalla controllante e che influiscano sull’iva complessivamente dovuta sia dalla controllante, sia dalle controllate, le quali restano responsabili, quali soggetti passivi d’imposta, a norma del decreto iva, art. 73, comma 3, penultimo periodo. Per converso, non si può reputare ammissibile, per difetto del suddetto presupposto della reciprocità, una compensazione con debiti e crediti che non confluiscano nella dichiarazione iva di gruppo, in quanto si tratta di poste delle quali va esclusa la cessione ed in relazione alle quali, per conseguenza, la controllante non ha legittimazione alcuna (in termini, Cass. 1 ottobre 2014, n. 20708; Cass. 12645/2017).

Risulta quindi chiaro che le società del gruppo che siano avvinte dall’opzione vengono private della disponibilità dei saldi emergenti dalle proprie risultanze periodiche; tali importi sono trasferiti alla capogruppo entro il termine di liquidazione dell’imposta e da questa annotati nei propri registri.

Il fondamento normativo della disciplina in parola va ritrovato al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 73, comma 3, secondo cui “il Ministero delle finanze può disporre con propri decreti, stabilendo le relative modalità, che le dichiarazioni delle società controllate siano presentate dall’ente o società controllante all’ufficio del proprio domicilio fiscale e che i versamenti di cui agli artt. 27, 30 e 33, siano fatti all’ufficio stesso per l’ammontare complessivamente dovuto dall’ente o società controllante e dalle società controllate, al netto delle eccedenze detraibili”; e nel D.M. 13 dicembre 1979, n. 11065, art. 1, come successivamente modificato, il quale prevede che i versamenti in questione possano essere eseguiti dagli enti o società controllanti, per l’ammontare complessivamente dovuto da essi e da una o più società controllate, al netto delle eccedenze detraibili risultanti alle liquidazioni periodiche; al successivo art. 4, secondo cui entro il termine stabilito per la liquidazione dell’imposta “… la società controllante deve calcolare, in apposita sezione dello stesso registro e tenendo conto delle eccedenze detraibili, l’ammontare complessivo dell’imposta ed eseguire il relativo versamento… A margine della liquidazione fatta dalle società controllate nell’apposita sezione del registro tenuto ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 23, o art. 24, deve essere apposta la seguente annotazione: “Il saldo è trasferito alla società controllante… partita IVA n….”; al D.P.R. n. 542 del 1999, art. 8, secondo cui “non sono ammessi alla compensazione di cui al D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, art. 17, comma 2, i crediti e i debiti relativi all’imposta sul valore aggiunto trasferiti da parte delle società e degli enti che si avvalgono della procedura di compensazione della predetta imposta a norma del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 73, u.c.. Sono, invece, ammessi alla compensazione di cui al citato D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17, comma 2, i crediti e i debiti relativi alla stessa imposta risultanti dai prospetti riepilogativi annuali delle dichiarazioni di gruppo da parte degli enti e delle società controllanti”.

Nel novero delle eccedenze doveva dunque rientrare il credito iva risultante dalla dichiarazione relativa all’anno d’imposta 2006, sebbene si trattasse all’anno antecedente a quello in cui il regime in questione è divenuto operativo.

1.4. Solo con la legge finanziaria per il 2008 (L. n. 244 del 2007), si è stabilito, in modo espresso, ma a partire dalla liquidazione Iva di gruppo relativa all’anno 2008, che “agli effetti delle dichiarazioni e dei versamenti di cui al precedente periodo non si tiene conto delle eccedenze detraibili, risultanti dalle dichiarazioni annuali relative al periodo d’imposta precedente, dagli enti e società diversi da quelli per i quali anche in tale periodo d’imposta l’ente o società controllante si è avvalso della facoltà di cui al presente comma”.

Si noti come il legislatore sia quindi dovuto intervenire con una espressa previsione, all’applicabilità della quale ha anche dedicato una norma di diritto transitorio, al fine d’incidere sul regime altrimenti delineato dal complesso di disposizioni dinanzi specificato (Cass. 29127/2018).

Ne consegue, dunque che per le liquidazioni anteriori al 2008, come nella specie, i crediti sorti nel periodo precedente a quello in cui è intervenuto l’esercizio dell’opzione di cui all’art. 73, devono confluire nella liquidazione dell’Iva di gruppo.

1.5. Nè può ritenersi, come affermato dalla contribuente, che la liquidazione Iva di gruppo risponda alla stessa ed identica ratio del c.d. gruppo IVA previsto dalla L. n. 232 del 2016, (Legge di Bilancio 2017) che ha introdotto nel D.P.R. n. 633 del 1972, il nuovo Titolo V-bis, (artt. da 70-bis a 70-duodecies), in recepimento della Dir. n. 2006/112/CE, art. 11, in base al quale gli Stati membri dell’Unione Europea possono considerare come un unico soggetto passivo d’imposta le persone stabilite nel territorio dello stesso Stato membro che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi.

Il gruppo IVA è un’agevolazione che prevede che le cessioni di beni e le prestazioni di servizi infragruppo non siano rilevanti ai fini dell’applicazione dell’IVA e al contempo che le operazioni di un membro del gruppo IVA nei confronti di un soggetto estraneo si considerano effettuate dal gruppo IVA.

L’istituto dell’IVA di gruppo, invece, consente a più soggetti IVA di effettuare la liquidazione di gruppo Iva, ma senza che gli stessi configurino un soggetto unitario ai fini Iva. In virtù della natura procedimentale dell’istituto le società controllate non perdono la loro soggettività ai fini fiscali (Cass. 12645/2017).

In definitiva la società ha utilizzato per la compensazione poste che non potevano essere impiegate a tale scopo. Ma l’inutilizzabilità in compensazione di poste attive equivale alla loro insussistenza, il che si traduce nell’omesso versamento di quando dovuto, perchè illegittimamente compensato.

Il ricorso deve essere, pertanto, accolto e la sentenza cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in punto di fatto, la controversia può essere decisa nel merito con il rigetto dell’originario ricorso della contribuente.

Le spese dell’intero giudizio devono essere compensate in considerazione dell’evoluzione della giurisprudenza in materia e dell’ius supeveniens.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l’originario ricorso della contribuente.

Spese dell’intero giudizio compensate.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2020

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