Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23424 del 06/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 06/10/2017, (ud. 13/06/2017, dep.06/10/2017),  n. 23424

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9568-2016 proposto da:

B.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEL POPOLO

18, presso lo studio dell’avvocato NUNZIO RIZZO, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE GAMBARDELLA, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA LOCALE NAPOLI (OMISSIS) SUD, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

POLI 29 C/O SEDE RAPPRESENTANZA REGIONE CAMPANIA, presso lo studio

dell’avvocato EDUARDO MARTUCCI, che la rappresenta e difende, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2342/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 21/03/2016 R.G.N. 4775/15;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/06/2017 dal Consigliere Dott. BOGHETICH ELENA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO GIANFRANCO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato NUNZIO RIZZO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza depositata il 21.3.2016 la Corte di appello di Napoli, confermando la pronunzia del Tribunale di Torre Annunziata, ha respinto il reclamo proposto la L. n. 92 del 2012, ex art. 1, commi 58 e ss, da B.S., dirigente medico, nei confronti della ASL NA (OMISSIS) Sud avente ad oggetto l’inefficacia del licenziamento per giusta causa irrogato il 9.12.2014 – in considerazione della precedente risoluzione del rapporto di lavoro per dispensa dal servizio del 21.10.2014 – e la condanna dell’azienda al pagamento dell’indennità di mancato preavviso pari a Euro 103.059,84, oltre accessori di legge.

2. La Corte distrettuale ha respinto la domanda del B. ritenendo risolto il rapporto di lavoro per effetto del licenziamento per giusta causa che, seppur irrogato in data successiva alla determinazione della dispensa dal servizio per permanente e totale impossibilità a ogni proficuo lavoro, doveva retroagire i suoi effetti alla data di contestazione disciplinare (ossia al 12.8.2014) in applicazione della L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 41.

3. Per la cassazione della sentenza impugnata il B. propone ricorso fondato su due motivi. La ASL resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con entrambi i motivi di ricorso il ricorrente denunzia (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) violazione e falsa applicazione della L. n. 92 del 2012, art. 1,comma 41, artt. 2106 e 2118 c.c., rilevando che la Corte distrettuale ha omesso di considerare che la ASL non aveva più il potere di recedere per giusta causa in quanto il rapporto di lavoro era ormai risolto a seguito di adozione della determina di dispensa dal servizio, causa di cessazione che non è stata impugnata. Invero, si rileva che – secondo orientamento consolidato della Corte di Cassazione – il secondo recesso può operare solamente se il primo viene dichiarato illegittimo; inoltre, in ossequio alla prevalente interpretazione del preavviso quale atto ad efficacia obbligatoria (e non reale), il rapporto deve ritenersi risolto al momento del primo recesso (nel caso di specie, la dispensa dal servizio).

2. I motivi, che possono essere trattati congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono fondati.

La Corte distrettuale ha accertato che il Dott. B., a seguito di condanna penale del 18.7.2014 per falso e corruzione del Tribunale di Torre Annunziata è stato sottoposto a procedimento disciplinare, avviato dalla ASL NA (OMISSIS) Sud con la contestazione del 12.8.2014 e concluso con il licenziamento senza preavviso comunicato il 9.12.2014; contestualmente, il Dott. B. ha chiesto di essere sottoposto a visita medica per motivi di salute ed è stato giudicato inidoneo permanentemente e totalmente ad ogni proficuo lavoro con conseguente adozione, da parte della ASL, di provvedimento di dispensa dal servizio e risoluzione, in data 21.10.2014, del rapporto di lavoro D.M. n. 187 del 1997, ex art. 7, comma 1, e art. 24 C.C.N.L. comparto dirigenti del pubblico impiego privatizzato, Area 4^ Dirigenza medica e veterinaria del 5.12.1996.

Va sottolineato che l’art. 24 C.C.N.L., comma 3. Area dirigenza medica e veterinaria recita: “Superati i periodi di conservazione del posto previsti dai commi 1 e 2, o nel caso che il dirigente, a seguito dell’accertamento di cui al comma 2, sia dichiarato permanentemente inidoneo a svolgere qualsiasi proficuo lavoro, l’azienda o ente può procedere alla risoluzione del rapporto corrispondendo al dirigente l’indennità sostitutiva del preavviso”.

La Corte distrettuale, applicando la L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 41, ha ritenuto che il licenziamento per giusta causa intimato in data successiva alla determinazione di dispensa dal servizio (rispettivamente il 9.12.2014 e il 21.10.2014) retroagisca i suoi effetti al momento della contestazione disciplinare (comunicata il 9.8.2014) e quindi rappresenti il primo atto di risoluzione del rapporto di lavoro. Ne ha conseguentemente tratto l’insussistenza del diritto al pagamento dell’indennità di preavviso (che sarebbe spettata in caso di risoluzione per dispensa dal servizio).

Questa Corte ha affermato che “Sino all’intervento normativo di armonizzazione della disciplina del pubblico impiego con le disposizioni previste per l’impiego privato dalla L. 28 giugno 2012, n. 92, contenuto nell’art. 1, commi 7 e 8, della medesima legge, non si estendono ai dipendenti delle p.a. le modifiche apportate alla L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 18, da parte della stessa L. n. 92 del 2012, con la conseguenza che la tutela da riconoscere a detti dipendenti in caso di licenziamento illegittimo resta quella assicurata dalla previgente formulazione della norma; rilevano a tal fine il rinvio ad un intervento normativo successivo ad opera della L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 8, l’inconciliabilità della nuova normativa, modulata sulle esigenze del lavoro privato, con le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, neppure richiamate al comma 6 dell’art. 18 nuova formulazione, la natura fissa e non mobile del rinvio di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 51,comma 2, incompatibile con un automatico recepimento di ogni modifica successiva che incida sulla natura della tutela del dipendente licenziato” (Cass. n. 11868/2016).

Il medesimo sviluppo logico argomentativo, ossia il tenore lessicale della L. n. 92 del 2012, art. 1, commi 7 e 8, (ove assume peculiare rilievo interpretativo il rinvio ad un successivo intervento normativo), e la inconciliabilità della nuova disciplina con lo specifico regime imperativo dettato dagli artt. 54 e segg. delle norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (in particolare, l’art. 1, comma 41, fa riferimento al solo alla L. n. 300 del 1970, art. 7 e non al D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 55 e 55 bis) vietano l’applicabilità della L. n. 92, art. 1, comma 41, al pubblico impiego privatizzato dovendosi ritenere che l’eccezionale applicazione a questo settore della novella normativa del 2012 opera solo con riferimento alle disposizioni in relazione alle quali la questione della applicabilità sia stata già risolta in modo espresso dal legislatore.

Non è, questo, il caso della previsione degli effetti retroattivi del licenziamento disciplinare (e del licenziamento per giustificato motivo oggettivo in aziende con i requisiti dimensionali di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 8) di cui alla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 41, perchè sulla estensione della stessa all’impiego pubblico nulla è detto nel medesimo art. 1, con la conseguenza che, in difetto di una espressa previsione, non può che operare il rinvio di cui al comma 8.

La Corte distrettuale, decidendo la controversia in epoca in cui si erano formati nella giurisprudenza di merito (anche sulla base delle indicazioni provenienti dalla dottrina), orientamenti contrastanti sulla applicabilità ai rapporti di pubblico impiego contrattualizzato della L. n. 92 del 2012, non ha fatto corretta applicazione del principio di diritto sopra sintetizzato.

Si impone, pertanto, la cassazione della sentenza impugnata poichè le conseguenze dell’adozione del licenziamento per giusta causa adottata in epoca successiva al provvedimento di dispensa dal servizio del Dott. B. debbono essere nuovamente valutate dal giudice di merito alla luce del principio di diritto innanzi enunciato, con ulteriore pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Salerno in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 13 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2017

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