Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23423 del 19/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 19/09/2019, (ud. 18/04/2019, dep. 19/09/2019), n.23423

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12412-2018 proposto da:

ANTICHI SAPORI DI T.T.M., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

VAL D’OSSOLA 25, presso lo studio dell’avvocato LEONTI GABRIELE,

rappresentata e difesa dall’avvocato AMATO ALFIO FRANCO;

– ricorrente –

contro

CESARE SURGELATI SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA STOPPANI 3, presso

lo studio dell’avvocato BARRECA CARMELO, rappresentata e difesa

dall’avvocato RANNO ENZO DANIELE;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 18/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott.sa SCRIMA

ANTONIETTA.

Fatto

CONSIDERATO

Che:

Antichi Sapori di T.T.M. ha proposto ricorso per cassazione, basato su un unico motivo, nei confronti di Cesare Surgelati S.r.l. e avverso la sentenza n. 349/2018 del Tribunale di Catania, pubblicata il 25 gennaio 2018, che ha rigettato l’appello proposto da Antichi Sapori di T.T.M., avverso la sentenza n. 570/15 del Giudice di Pace di Acireale, depositata, in data 22 ottobre 2015, con la quale era stata rigettata l’opposizione proposta dall’attuale ricorrente avverso il d.i. emesso da quel Giudice di pace e con il quale le era stato ingiunto il pagamento, in favore della predetta società, delle forniture di prodotti alimentari di cui alle fatture allegate al ricorso monitorio;

Cesare Surgelati S.r.l. ha resistito con controricorso;

la proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

RILEVATO

Che:

con l’unico motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. comma 1 e 2, artt. 115 e 116 c.p.c. omessa o quanto meno insufficiente e per certi versi contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia”, la ricorrente sostiene che erroneamente il Tribunale abbia ritenuto che la Cesare Surgelati S.r.l. potesse limitarsi a provare la sussistenza del rapporto dedotto e l’esecuzione della propria prestazione senza produrre le bolle d’accompagnamento; rappresenta di aver eccepito l’inesistenza, tra le parti, di un contratto di compravendita della merce oggetto di causa; lamenta che il Tribunale abbia ritenuto provata la domanda dell’opposto sulla base della testimonianza resa da T.A.F., la cui attendibilità era stata più volte posta in discussione dalla Antichi Sapori di T.T.M., deduce che la motivazione della sentenza impugnata sarebbe viziata per non aver il Tribunale manifestato il percorso logico-giuridico in forza del quale avrebbe inteso “preferire” la testimonianza del dipendente della società appellata rispetto a quella resa dal teste della ditta appellante e per aver omesso di dichiarare l’inattendibilità del teste indicato dalla parte appena indicata; richiama i principi relativi all’onere probatorio e ribadisce che il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti e i fatti non specificamente contestati.

Ritenuto che:

l’unico motivo è inammissibile sotto vari profili: a) per incompleta esposizione dei fatti di causa in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, (Cass., ord. 3/02/2015, n. 1926, Cass., ord. 31/07/2017, n. 19018 e Cass., ord., 28/05/2018 n. 13312); b) per non configurabilità, nella specie, della violazione dell’art. 2697 c.c. (Cass. 29/05/2018, n. 13395; Cass. 17/06/2013, n. 15107) e dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, così come veicolato (Cass., sez. un., 7/04/2014, n. 8053 e successive conformi), nonchè per essere stata la violazione degli art. 115 e 116 c.p.c. dedotta non in conformità a quanto precisato da questa Corte con la sentenza 10/06/2016, n. 11892, (v. anche Cass., sez. un., 5/08/2016, n. 16598, in motivazione); c) perchè non si rapporta compiutamente al decisum della sentenza impugnata in questa sede; d) per difetto di specificità, non essendo stato allegato e riportato, in ricorso, quando e in quali esatti termini l’attuale ricorrente abbia contestato l’esistenza del rapporto dedotto, tenuto conto di quanto indicato nella sentenza impugnata a p. 2; e) perchè tende, inammissibilmente, ad una rivalutazione del merito, non consentita in sede di legittimità) ed invero, con riferimento a quanto da ultimo evidenziato, va rilevato che, con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente; l’apprezzamento dei fatti e delle prove, infatti, è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che nell’ambito di detto sindacato, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze istruttorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (v., ex plurimis, Cass. 21/09/2015, n. 18484; Cass., ord., 6 aprile 2011, n. 7921; Cass., 28 luglio 2005, n. 15805; v. anche Cass. 2/08/2016, n. 16056);

alla luce di quanto sopra evidenziato, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso;

le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;

va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.500,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 18 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2019

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