Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23420 del 19/09/2019

Cassazione civile sez. II, 19/09/2019, (ud. 12/06/2019, dep. 19/09/2019), n.23420

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICARONI Elisa – Presidente –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23274/2015 proposto da:

B.F.O., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ASIAGO 8, presso lo studio dell’avvocato SILVIA VILLANI, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati VALERIO GRECO, CARLO

BILANCI;

– ricorrente –

contro

G.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NOMENTANA 76,

presso lo studio dell’avvocato MARCO SELVAGGI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato SILVIA REPETTO;

CURATELA SCOMPARSO Z.B. in persona del Curatore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DONATELLO 23, presso

lo studio dell’avvocato FLAMINIA AGOSTINELLI, rappresentato e difeso

dall’avvocato PAOLO IASIELLO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 271/2015 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 23/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/06/2019 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La signora B.F.O., con ricorso del 18 giugno 2007, premesso di essere proprietaria di un terreno sito in (OMISSIS) e contraddistinto dal mappale (OMISSIS) del foglio (OMISSIS), avendolo acquistato dai signori M.A. e P. con atto del not. Andrea Porcile di Genova, in data 03.04.89; che all’interno di detto terreno, completamente circondato dallo stesso, si trovava un altro appezzamento di terreno, avente al catasto un proprio numero particellare che lo identificava come il mappale (OMISSIS); che essa istante lo aveva posseduto dalla data dell’acquisto, unitamente al mappale di maggiore estensione acquistato col rogito citato. Prima di lei lo avevano posseduto i suoi danti causa, come proprietari esclusivi, anche se esso era intestato al catasto ai sigg. Z.B. e G.L.. Il primo era emigrato all’estero e non se ne avevano notizie. La seconda aveva promosso una controversia possessoria, risolta dal Tribunale di Genova a favore della signora B., alla quale era stato riconosciuto lo ius possessionis.

La sig.ra B.F., volendo risolvere ogni controversia sulla proprietà della particella in contestazione e sullo ius possidendi, affermava di averla usucapita, avendola posseduta pacificamente e senza interruzioni per oltre quindici anni ai sensi dell’art. 1159 bis c.c..

Notificava il ricorso alla signora G., che si opponeva all’accertamento dell’usucapione. L’opponente osservava che difettavano i presupposti dell’usucapione speciale, siccome il terreno in contestazione non aveva destinazione agricola. Difettavano altresì i requisiti dell’usucapione ordinaria: infatti la B. non lo aveva mai posseduto animo domini, siccome sapeva di non essere proprietaria del bene, avendo sempre conosciuto l’esistenza dei terzi proprietari. Aveva anche riconosciuto il loro diritto di proprietà, interrompendo, comunque, il termine dell’usucapione.

Il Tribunale di Genova, dichiarava inammissibile la domanda di usucapione speciale, con sentenza parziale: quindi, istruita la causa documentalmente, senza compimento di attività istruttoria, respingeva nel merito la domanda di usucapione ordinaria.

La signora B. proponeva appello, con atto notificato anche al curatore dello scomparso signor Z.. Censurava la motivazione che ha portato il Tribunale a respingere la domanda. Gli appellati resistevano all’impugnazione, opponendosi al suo accoglimento.

La Corte di Appello di Genova, con sentenza n. 271 del 2016, rigettava l’appello e confermava la sentenza impugnata, condannava l’appellante al pagamento delle spese del giudizio. Secondo la Corte di Appello di Genova, la sig.ra B. aveva interrotto l’usucapione, con lettera del 18 gennaio 2000, con la quale chiedeva alla sig.ra L., riconoscendola proprietaria del terreno di cui si dice, di mettere in sicurezza il rudere pericolante che si trovava nel terreno in contestazione. La Corte di Genova precisava, altresì, che non poteva essere congiunto il proprio possesso con quello dei propri danti causa perchè mancava un atto di trasferimento del bene oggetto di usucapione.

La cassazione di questa sentenza, è stata chiesta dalla sig.ra B.F.O., con ricorso affidato a due motivi. La Curatela dello scomparso Z.B. e G.L. hanno resistito, ciascuno, con separato controricorso

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo di ricorso la sig.ra B.F.O. lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1158 e 2944 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Secondo la ricorrente la lettera del 18 gennaio 2000 non poteva essere ritenuta manifestazione all’esterno di attribuzione del diritto di proprietà del mapp. (OMISSIS) al suo titolare perchè faceva riferimento ad un rudere di edificio presente su un terreno confinante con quella della signora B. (e non compreso in esso) diverso, dunque, da quello in questione, come emergeva anche dal lamentato pericolodi crollo che minacciava il transito nella zona che incontestabilmente non avviene sul mapp. (OMISSIS).

1.1. – Il motivo è infondato, ed essenzialmente, perchè l’assunta violazione di legge si basa e presuppone una diversa valutazione e ricostruzione delle risultanze di causa ed, in particolare, della ricostruzione del contenuto della lettera del 18 gennaio 2000, censurabile – e solo entro certi limiti – sotto il profilo del vizio di motivazione, secondo il paradigma previsto per la formulazione di detto motivo ai sensi della L. n. 134 del 2012.

Va qui ribadito che in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica ò necessariamente un problema interpretativo della stessa (di qui la funzione di assicurare l’uniforme interpretazione della legge assegnata alla Corte di cassazione dall’art. 65 ord. giud.); viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e impinge nella tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione; il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato, in modo evidente, dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (in tal senso essenzialmente cfr. Cass. n. 16698 e 7394 del 2010).

Ora, nel caso in esame, la Corte distrettuale ha considerato, avendola valutata ed interpretata, che la lettera del 18 gennaio 2000 integrava gli estremi di un atto incompatibile con la volontà di godere il bene, oggetto di causa, “uti dominus” da parte della sig.ra B., dato che la stessa riconosceva che il diritto di proprietà del mappale oggetto di causa apparteneva ad altri (alla sig.ra L. ritenuta, comunque, la legittima proprietaria). Come ha avuto modo di specificare la Corte distrettuale “(…) la richiesta formulata senza riserve in quei termini così diretti e perentori che non ammettevano soluzioni alternative richiamava immediatamente la destinataria all’osservanza dei suoi doveri di proprietaria ed alla sua responsabilità di custode dell’immobile, attribuendole, quindi, implicitamente ma sicuramente la titolarità del bene per cui è causa (…) Onde, ha affermato il Tribunale dal 1989 data di inizio del suo possesso, non sarebbe maturato il termine utile per l’usucapione a favore della Bramanti siccome il decorso del termine sarebbe stato interrotto dal riconoscimento del diritto della proprietaria (…)”.

1.2. – Tale decisione, per altro, osserva pienamente i principi espressi da questa Corte in più occasioni, in particolare, il principio secondo cui: “in tema di usucapione, ai sensi dell’art. 1165 c.c., in relazione all’art. 2944 c.c., il riconoscimento del diritto altrui da parte del possessore, quale atto incompatibile con la volontà di godere il bene “uti dominus”, interrompe il termine utile per l’usucapione.

Nel caso in esame, non è rilevante, come ritiene la ricorrente, che la lettera di cui si dice sia stata diretta all’effettivo proprietario, ma la circostanza che quella lettera manifesta la consapevolezza del possessore di non godere il bene, oggetto di causa, uti dominus e, cioè, di non esercitare un possesso utile ad usucapire il bene. Come ha già detto questa Corte in altre occasioni (vedi Cass. n. 6651 del 29/04/2003) ai fini dell’interruzione dell’usucapione a norma dell’art. 2944 c.c. (richiamato dall’art. 1165 c.c.) il riconoscimento del diritto altrui da parte di colui contro il quale il diritto può essere fatto valere non deve necessariamente essere recettizio potendo risultare anche da una manifestazione tacita di volontà purchè univoca, senza richiedere per la sua efficacia di essere indirizzato all’avente diritto, nè tantomeno di essere da lui accettato.

2.3. Inconferente è, altresì, il rilievo della ricorrente secondo la quale la lettera del 18 gennaio 20001 non si riferiva al mappale (OMISSIS) (mappale oggetto di causa) ma ad altro mappale, perchè dal ricorso non emerge alcuna ragione per disconoscere quanto affermato dalla Corte distrettuale, tenuto conto anche delle osservazioni della parte controricorrente, la quale,(riferisce che “(….) nel procedimento possessorio, l’odierna ricorrente, B.G. (verbale di causa possessoria pag. 9 udienza del 28 settembre 2005 prodotto sub documento 17 fascicolo primo grado ed acquisto alla causa), precisava di aver cercato i proprietari del mappale n. (OMISSIS) perchè il rudere insistente sullo stesso era pericolante (…)”.

Senza dire che i rilievi della ricorrente sono, comunque, in contrasto con il principio, pacifico in giurisprudenza, secondo cui i vizi motivazionali deducibili con il ricorso per Cassazione non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, perchè spetta solo a quel giudice individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova (Cass. 5-3-2007 n. 5066; Cass. 21-4-2006, n. 9368; Cass., 20-42006 n. 9234; Cass., 16-2-2006, n. 3436; Cass., 20-10- 2005 n. 20322).

2. – Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1146 e 1158 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 Secondo la ricorrente la Corte disttettuale nel rigettare la domanda di usucapione non avrebbe considerato che la lettera del 18 gennaio 2000 alla sig.ra L. era intervenuta quando l’usucapione da parte della ricorrente era già maturata ai sensi dell’art. 1146 c.c., in virtù del precedente possesso a far data dal 1979 del sig. M. suo dante causa. Specifica ancora la ricorrente che l’atto di compravendita tra i sig. M. e la sig.ra B. del 16 marzo 1989 relativo al maggior mappale (OMISSIS) esclude il mapp. (OMISSIS) ma la circostanza materiale che quest’ultimo fosse inglobato nel primo e non fosse utilizzabile nè raggiungibile da soggetti diversi dal proprietario del primo costituirebbe titolo idoneo alla trasmissione del possesso, tale che il possesso della sig. B. si unirebbe al possesso del sig. M..

2.1. – Il motivo è infondato.

Secondo il costante orientamento di questa Corte, in tema di accessione nel possesso, di cui all’art. 1146 c.c., comma 2, affinchè operi il trapasso del possesso dall’uno all’altro dei successivi possessori e il successore a titolo particolare possa unire al proprio il possesso del dante causa, è necessario che il trasferimento trovi la propria giustificazione in un titolo astrattamente idoneo a trasferire la proprietà o altro diritto reale sul bene; dal che consegue, stante la tipicità dei negozi traslativi reali, che l’oggetto del trasferimento non può essere costituito dal trasferimento del mero potere di fatto sulla cosa (Cass. 16-3-2010 n. 6353; Cass. 22-4-2005 n. 8502). L’accessione del possesso, di cui all’art. 1146 c.c., comma 2, pertanto, opera con riferimento e nei limiti del titolo traslativo (e non oltre lo stesso), e in tali limiti può avvenire la “traditio”: all’acquisto deve infatti seguire l’immissione di fatto nel possesso del bene con il passaggio del potere di agire liberamente sullo stesso, e da tale momento si verificano gli effetti dell’accessione (Cass. 12-9-2000 n. 12034; Cass. 23-6-1999 n. 6382; Cass. 3-7-1998 n. 6489; Cass. 12-111996 n. 9884).

Alla luce degli enunciati principi, dai quali non vi è ragione di discostarsi, correttamente la Corte di Appello ha disatteso l’eccezione di usucapione proposta dalla B., avendo rilevato, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, che il contratto di compravendita da questi prodotto risale al 16 marzo 1989 (e, quindi a meno di venti anni prima della notifica della citazione), e che tale atto – nel quale il bene compravenduto è stato identificato esclusivamente attraverso il riferimento ai mappali, senza alcuna menzione dell’ulteriore terreno in contestazione corrispondente al mappale (OMISSIS), non compresa nel mappale alienato -, non può fungere da titolo idoneo ai fini del cumulo dei due possessi.

Poichè, infatti, secondo l’apprezzamento in fatto espresso dal giudice di appello, non sindacabile in questa sede, con il titolo prodotto in giudizio alla B. è stato trasferito esclusivamente il possesso del mappale (OMISSIS) così come catastalmente individuato, non sussistono le condizioni richieste dall’art. 1146 c.c., comma 2, affinchè il ricorrente possa unire il proprio possesso a quello dei propri danti causa ai fini dell’acquisito per usucapione della proprietà dell’area oggetto del presente giudizio, estranea al predetto mappale.

Con la conclusione che correttamente la Corte distrettuale ha escluso che il bene fosse possesso per il tempo utile ad usucapire. In definitiva, il ricorso va rigettato e la ricorrente condannata a rimborsare alle parti controricorrenti le spese del presente giudizio che vengono liquidate con il dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare alla parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.700,00 di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% del compenso ed accessori, come per legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile di questa Corte di Cassazione, il 12 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2019

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