Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23419 del 10/11/2011

Cassazione civile sez. lav., 10/11/2011, (ud. 20/09/2011, dep. 10/11/2011), n.23419

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 22765/2009 proposto da:

C.F., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO

EMANUELE II 326, presso lo studio degli avvocati SCOGNAMIGLIO Renato

e SCOGNAMIGLIO CLAUDIO, che lo rappresentano e difendono giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

ENI S.P.A., (società incorporante la AGIP PETROLI S.P.A.), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, Via L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio

dell’avvocato MARESCA Arturo, che la rappresenta e difende, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8281/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/10/2008, r.g.n. 5399/00;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

20/09/2011 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito l’Avvocato VINCENZO PORCELLI per delega RENATO SCOGNAMIGLIO;

Udito l’Avvocato MARESCA ARTURO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.F. convenne in giudizio la Agip Petroli Spa (successivamente incorporata nella Eni spa) dinanzi all’allora Pretore di Roma affinchè venisse dichiarata la nullità o illegittimità del licenziamento intimatogli con lettera del 21.10.96, siccome discriminatorio o comunque privo di giusta causa o giustificato motivo, con ordine di immediata reintegra nel posto di lavoro e condanna della Società al pagamento di tutte le retribuzioni dalla data del licenziamento alla effettiva reintegra, e perchè venisse accertato e dichiarato il suo diritto ad essere inquadrato nella qualifica dirigenziale con decorrenza dal 1981, con condanna al pagamento delle differenze retributive dal 1985; chiese altresì l’accertamento dell’illegittimità del demansionamento asseritamente patito dal 31.7.95, con conseguente risarcimento del danno.

Il Giudice adito respinse il ricorso.

Con sentenza non definitiva del 28 ottobre 2003 la Corte d’Appello di Roma, accogliendo parzialmente l’appello proposto dal C., dichiarò l’illegittimità del licenziamento; avverso tale sentenza la Società propose ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Questa Corte, con sentenza n. 20855/2006, per quanto qui specificamente rileva, ritenuto che l’accertamento sulla legittimità o meno del recesso, ossia su una delle questioni devolute ai Giudici d’appello, comportava necessariamente il preventivo esame dell’ulteriore questione, parimenti devoluta, relativa al diritto all’inquadramento come dirigente, posto che “questa questione (…) si poneva come preliminare dal punto di vista logico rispetto all’accertamento concernente la legittimità del licenziamento, essendo diversi i criteri che presiedono al recesso del dirigente (giustificatezza del licenziamento) e quelli che regolano chi dirigente non è (giusta causa o giustificato motivo)”, accolse il secondo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri, cassò la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinviò alla Corte d’Appello di Roma, innanzi alla quale il giudizio venne poi riassunto.

Era nel frattempo proseguito, innanzi alla medesima Corte d’Appello, il giudizio nell’ambito del quale era stata pronunciata la sentenza non definitiva poi cassata, essendo ancora pendente la domanda di accertamento dell’inquadramento del C. come dirigente;

nell’ambito di tale giudizio la Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 23.11.2006 – 13.10.2008, ne dichiarò la “sopravvenuta improseguibilità”, invocando l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la cassazione della sentenza non definitiva di accertamento dell’an debeatur rende improseguibile il giudizio sul quantum per il venir meno del suo presupposto.

Avverso tale ultima sentenza della Corte territoriale (ed essendo stato sospeso, da altro Collegio della medesima Corte d’Appello, il giudizio di rinvio introdotto a seguito della surricordata sentenza di questa Corte, stante la ritenuta pregiudizialità della domanda di inquadramento), C.F. ha proposto ricorso per cassazione assistito da cinque motivi e illustrato con memoria.

La Eni spa ha depositato controricorso, concludendo per la cassazione della sentenza impugnata in sostanziale adesione al ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 336 c.p.c., anche in relazione all’art. 274 c.p.c., dolendosi che fosse stato dichiarato improseguibile proprio il giudizio vertente sulla questione che, secondo il dictum di questa Corte di legittimità, costituiva l’antecedente logico dell’altra domanda di impugnazione del licenziamento, senza che fosse disposta o promossa la riunione dei due giudizi pendenti innanzi alla medesima Corte territoriale.

Con il secondo e il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte territoriale omesso di pronunciare sulla domanda di inquadramento dirigenziale e su quella di dequalificazione.

Con il quarto motivo il ricorrente denuncia la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, per non essere stato considerato che, sulla base della sentenza che aveva disposto il rinvio, proprio l’inversione del rapporto di preliminarità logica rispetto a quello ritenuto nella pronuncia non definitiva ne aveva determinato la cassazione.

Con il quinto motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 324 c.p.c., deducendo che la decisione impugnata doveva comunque adeguarsi alle statuizioni di questa Corte per la loro intrinseca idoneità a dispiegare effetti di giudicato.

2. Questa Corte ha reiteratamente affermato che la cassazione, anche se con rinvio, della sentenza non definitiva, che abbia pronunziato positivamente sull’an debeatur, comporta la caducazione della sentenza sul quantum, dipendendo quest’ultima totalmente dalla prima e tenendo conto che essa, una volta annullata la pronunzia sull’an, viene ad essere privata del proprio fondamento logico – giuridico, che non può essere sostituito ex posi dalla nuova pronunzia emessa in sede di rinvio (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 6130/1998; 1720/2001;

in senso analogo, cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 14060/2004; Cass., nn. 3724/1997; 5006/2002; 1072/2007).

Nella fattispecie oggetto del presente giudizio era vero esattamente il contrario, poichè la sentenza non definitiva cassata non concerneva l’antecedente logico giuridico della domanda ancora al vaglio della Corte d’Appello ed anzi proprio quest’ultima domanda era stata ritenuta costituire l’antecedente logico giuridico rispetto alla questione decisa con la sentenza cassata (tanto che la non ancora avvenuta decisione sulla domanda costituente il prius logico aveva determinato la cassazione della sentenza non definitiva).

Erroneamente la Corte territoriale ha quindi ritenuto di dovere fare applicazione nella fattispecie processuale all’esame di quanto disposto dell’art. 336 c.p.c., comma 2.

Il primo motivo di ricorso è dunque fondato.

3. Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata (restando assorbiti gli altri motivi), con rinvio al Giudice indicato in dispositivo, che pronuncerà conformandosi ai suindicati principi di diritto e provvedere altresì sulle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 20 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2011

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