Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23414 del 17/11/2016

Cassazione civile sez. II, 17/11/2016, (ud. 08/09/2016, dep. 17/11/2016), n.23414

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. D�ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

I.R., rappresentato e difeso, in forza di procura

speciale a margine del ricorso, dagli Avv. Giorgio Altieri, Franco

Bruno Compagni e Vincenzo Ravone, con domicilio eletto nello studio

Tonucci&Partners in Roma, via Principessa Clotilde, n. 7;

– ricorrente –

contro

C.G. e M.M., rappresentati e difesi, in forza di

procura speciale a margine del controricorso, dall’Avv. Michele

Tamponi, con domicilio eletto nel suo studio in Roma, via Attilio

Friggeri, n. 106;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Cagliari, sezione

distaccata di Sassari, n. 136/12 in data 9 maggio 2012;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica dell’8

settembre 2016 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

uditi gli Avv. Vincenzo Ravone e Michele Tamponi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per

l’inammissibilità e, in subordine, il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con ricorso depositato il 10 novembre 2004 e ritualmente notificato unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, I.R. esponeva di essere proprietario in Comune di (OMISSIS), di un immobile, dal quale si godeva la vista panoramica sul golfo antistante; che nel (OMISSIS), C.G. e M.M. avevano iniziato l’edificazione del terreno sottostante, in forza di concessione edilizia scaduta; che con atto pubblico del (OMISSIS) era stata costituita, a favore dell’immobile di sua proprietà, servitù altius non tollendi, secondo cui i convenuti non avrebbero potuto realizzare sul lotto costruzioni di altezza superiore a quella prevista dalla concessione inizialmente rilasciata e nel frattempo scaduta; che sulla scorta di nuova concessione rilasciata il (OMISSIS) i convenuti avevano ripreso l’edificazione, superando tuttavia la quota prevista e così privando l’immobile di esso ricorrente di parte della vista mare di cui godeva. Chiedeva quindi di essere reintegrato nel possesso della servitù.

Si costituiva il solo C.G., resistendo.

Il Tribunale di Tempio Pausania, sezione distaccata di Olbia, con sentenza n. 179 del 2007 riteneva che l’atto pubblico del (OMISSIS) intercorso tra le parti integrava una transazione, con costituzione di una servitù altius non tollendi in favore del fondo dell’ I., e che i convenuti avevano edificato la propria abitazione in violazione di tale servitù; conseguentemente, in accoglimento della tutela possessoria invocata dall’ I., condannava il C. e la consorte M. alla riduzione del fabbricato eretto sul fondo di loro proprietà alle quote ed altezze previste.

2. – La Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, con sentenza pubblicata il 9 maggio 2012, ha accolto il gravame e, in totale riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda possessoria dell’ I., condannandolo al pagamento delle spese.

2.1. – La Corte d’appello ha premesso che, con atto pubblico del (OMISSIS), intitolato “Costituzione di servitù per vantaggio futuro”, il C. e la M., proprietari in Comune di (OMISSIS), loc. (OMISSIS), di un appezzamento di terreno in cui era in corso di costruzione una abitazione in base alla concessione edilizia n. (OMISSIS), concedevano in favore del fabbricato dell’ I. servitù per vantaggio futuro ex art. 1029 c.c., consistente “nella regolamentazione di vedute, altezza del costruendo fabbricato sopra descritto, quote altimetriche, del tutto coincidenti con quelle previste dalla concessione edilizia n. citata premessa, numero 126/92. Di conseguenza è vietata agli attuali proprietari signori C.G. e M.M. e loro aventi causa a qualsiasi titolo, ogni possibilità di rialzare, modificare nonchè applicare superfetazioni ancorchè provvisorie, sulla terrazza-lastrico solare e/o sulla copertura del fabbricato medesimo”.

Tanto premesso, la Corte d’appello ha osservato che l’atto pubblico del (OMISSIS) è intervenuto quando già i coniugi C.- M. avevano realizzato il fabbricato al rustico fino all’altezza del solaio di copertura, come si ricava dalle foto in atti e dal fatto che nello stesso atto pubblico si dà atto che il fabbricato già pregiudica la veduta a mare dalla abitazione dell’ I.. Ha precisato la Corte territoriale che I.R., nel momento in cui ebbe a sottoscrivere l’atto costitutivo della servitù in proprio favore, ben conosceva la realtà e lo stato dei luoghi ed in particolare il posizionamento nel lotto del fabbricato e l’ingombro che avrebbe assunto, tenuto conto di quella che già era la struttura al rustico e delle indicazioni in altezza previste nella concessione edilizia n. (OMISSIS) che, unitamente al propri tecnico, aveva certamente valutato prima di sottoscrivere l’indicato atto.

La Corte territoriale ha ritenuto quindi che mediante tale atto transattivo l’ I. abbia nella sostanza assentito al mantenimento sul posto della erigenda costruzione, ottenendo tuttavia che lo stesso venisse ultimato secondo le previsioni della citata licenza edilizia e, soprattutto, che in futuro (da ciò l’intestazione dell’atto), il fabbricato dei coniugi C.- M. non potesse beneficiare di modifiche di sorta in sopraelevazione, neppure con strutture a carattere temporaneo o precario, modifiche in effetti in grado di pregiudicare la veduta a mare dello stesso I..

Di qui la conclusione “nel senso che l’accordo del (OMISSIS) ha come presupposto che i coniugi C.- M. potessero proseguire nella ultimazione del rustico, come al tempo già definito e realizzato, in osservanza delle prescrizioni della concessione edilizia più volte citata, senza che fosse previsto cioè alcun abbattimento di quanto già realizzato”. Si tratta di precisazione – ha sottolineato la Corte d’appello – “di fondamentale importanza, poichè, come risulta dalla c.t.u. espletata, le difformità dalla concessione originaria n. (OMISSIS) che si riscontrano nella odierna costruzione dei coniugi C.- M., e che limitano la veduta a mare dalla abitazione dell’appellato, non interessano sostanzialmente i lavori ultimati in data successiva al (OMISSIS) in violazione della concessione edilizia indicata, quanto i lavori eseguiti in data precedente ed esattamente il posizionamento dell’intero fabbricato ad una quota altimetrica diversa e più elevata da quella prevista nella stessa concessione”.

L’ I. – si legge conclusivamente nella sentenza della Corte di Cagliari, sezione distaccata di Sassari – avrebbe potuto utilmente lamentare una violazione del possesso della servitù negativa, solo nella ipotesi in cui gli appellanti, in violazione dell’atto costitutivo della servitù, avessero ultimato la costruzione realizzando – il che non è avvenuto – un edificio più alto rispetto a quello previsto nella richiamata concessione edilizia.

3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello l’ I. ha proposto ricorso, con atto notificato il 2 ottobre 2012, sulla base di un motivo.

Gli intimati hanno resistito con controricorso.

In prossimità dell’udienza il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico mezzo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 1168 c.c., sotto il profilo della tutelabilità del possesso della servitù negativa di non sopraelevare. Sostiene il ricorrente che la servitù costituita con contratto del (OMISSIS) è una servitù negativa, avente ad oggetto l’obbligo di non edificare in difformità dalla concessione edilizia n. (OMISSIS). In questo contesto, la prosecuzione dei lavori intrapresa dai convenuti successivamente all’ottenimento della concessione in sanatoria n. 24 del 2004 costituirebbe – prima ancora che inadempimento del contratto (OMISSIS) – spoglio del possesso della servitù di veduta, come validamente costituita a seguito della sottoscrizione del contratto. I coniugi C.- M. – si sostiene – avrebbero ripreso l’edificazione senza rispettare le quote e le altezze della concessione edilizia richiamata in contratto. Ad avviso del ricorrente, non avrebbe alcun senso distinguere tra opere eseguite prima della costituzione della servitù ed opere costruite dopo: infatti, l’atto di transazione, avente contenuto negativo, avrebbe dato una nuova disciplina ai rapporti di vicinato tra le parti, sostituendo la (illegittima) situazione di fatto con la regolamentazione contenuta nella concessione edilizia n. (OMISSIS).

2. – Il motivo è infondato.

Attraverso una valutazione di merito congruamente argomentata e priva di mende logiche e giuridiche, la Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, ha interpretato l’atto pubblico del (OMISSIS), intitolato “Costituzione di servitù per vantaggio futuro” ed avente natura transattiva, come diretto a consentire ai coniugi C.- M. il mantenimento dell’edificio già realizzato, a fronte della preclusione, mediante la servitus altius non tollendi per vantaggio futuro, di qualsiasi futura sopraelevazione, anche se realizzata con strutture a carattere temporaneo e precario.

A tale conclusione la Corte territoriale è pervenuta:

– precisando che l’atto pubblico era stato preceduto da contatti tra i tecnici delle parti e che il tecnico dell’ I., geom. Ma.Al., ebbe a predisporre una apposita relazione tecnica, trasmessa ai coniugi C.- M. nel dicembre 1997, in cui si dava atto del fatto che il rustico già realizzato modificava, in modo sostanziale, la veduta panoramica, suggerendosi contemporaneamente la costituzione della servitù, come poi avvenuto;

– sottolineando che, successivamente al (OMISSIS), data di costituzione della servitù per vantaggio futuro, i coniugi C.- M. non hanno posto in essere, in riferimento alle altezze, alcuna violazione della concessione edilizia ai danni dell’immobile dell’ I. ed anzi hanno contenuto l’ingombro in altezza dell’edificio da m. 5,76 a m. 5,02, mentre la maggiore estensione in altezza del fabbricato dipende unicamente dai lavori eseguiti in data precedente al (OMISSIS), essendo stato il solaio del piano terra posizionato, prima della costituzione della servitù, ad una quota diversa da quella stabilita in concessione;

– affermando che l’atto pubblico, nel vietare ai coniugi C.- M. e ai loro aventi causa a qualsiasi titolo, ogni possibilità di rialzare, modificare o applicare superfetazioni ancorchè provvisorie sulla terrazza o sulla copertura del fabbricato, concerne le sole attività future ma non comporta la rimozione di quanto già esistente al momento della convenzione, la quale è stata appunto concordata “per impedire eventuali future modifiche in altezza dell’erigendo fabbricato, senza che fosse prevista alcuna demolizione di quanto già realizzato”.

Il motivo di ricorso, ancorchè formalmente indirizzato a denunciare una violazione o errata applicazione dell’art. 1168 c.c., finisce con il criticare l’interpretazione dell’accordo costitutivo della servitù compiuta dalla Corte d’appello, e – muovendo dalla premessa che non avrebbe alcun senso distinguere tra opere eseguite prima della costituzione della servitù ed opere costruite dopo – pretende di attribuire all’atto pubblico del (OMISSIS) un significato ed una portata diversi da quelli ad esso attribuiti, con adeguata motivazione, dal giudice del merito.

Va qui ribadito che, in tema di interpretazione del contratto, il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sè, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca, come nella specie, in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questo esaminati (Cass., Sez. 3, 10 febbraio 2015, n. 2465).

3. – Il ricorso è rigettato.

Le spese del giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dai controricorrenti, che liquida in complessivi Euro 2.700, di cui Euro 2.500 per compensi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda civile della Corte suprema di Cassazione, l’8 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2016

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