Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23411 del 26/10/2020
Cassazione civile sez. III, 26/10/2020, (ud. 30/06/2020, dep. 26/10/2020), n.23411
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 31074/2019 proposto da:
J.J., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BASSANO DEL
GRAPPA, 4, presso lo studio dell’avvocato GIANGOLINI ROSSI STUDIO
LEGALE, rappresentato e difeso dall’avvocato RAOUL GIANGOLINI;
– ricorrenti –
e contro
MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che
lo rappresenta e difende;
– resistenti –
avverso la sentenza n. 2360/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 08/04/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
30/06/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI;
udito l’Avvocato.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Il ricorrente, J.J., viene dal (OMISSIS). Racconta di esservi fuggito dopo che gli agenti di polizia lo avevano arrestato per il taglio abusivo di legna; era riuscito ad evadere mentre lo portavano in caserma, e da li era riuscito ad abbandonare il paese. Giunto in Italia, J.J. ha chiesto il riconoscimento del diritto alla protezione internazionale, a quella sussidiaria, o in subordine, a quella umanitaria.
La Commissione Territoriale ha rigettato la domanda.
Il ricorrente ha adito il Tribunale che però ha confermato la decisione della Commissione osservando che non risultava che l’arresto fosse ingiustificato o persecutorio, nè che il ricorrente, se rimpatriato, potesse andare incontro a pene o sanzioni disumane. Il ricorrente ha interposto appello, e la corte di secondo grado ha nuovamente e conformemente al primo, rigettato la domanda evidenziando che dalle fonti di conoscenza della situazione del Gambia non risulta che per quella condotta di reato vi fosse rischio di trattamenti disumani o contrari alla normativa sulla protezione; inoltre, da quelle stesse fonti risultava un miglioramento della situazione.
Ricorre J.J. con un motivo.
Il Ministero è costituito tardivamente.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- La corte di appello formula due ordini di considerazioni. Da un lato ritiene che, per quello specifico reato, che tra l’altro è considerato grave in Gambia e che è reato comune, non politico (furto di legna), come risulta dalle fonti consultate (Amnesty, in primo luogo) non è previsto un trattamento illegittimo, foriero di sanzioni disumane, come invece potrebbe essere per reati politici o d’opinione; in secondo luogo, ritiene la corte che la situazione generale del Gambia, dopo la destituzione del dittatore è mutata, e non vi sono pertanto conflitti armati nè indicazioni di pericolo per l’incolumità del richiedente.
2.- Il ricorrente propone un solo motivo con cui denuncia omesso esame di un fatto controverso e rilevante.
La sua tesi è che la corte non ha adeguatamente esaminato la situazione in Gambia, oggetto di una sua specifica allegazione, da cui risultava invece la gravità del contesto socio politico, e di pericoli per i civili.
Inoltre, adombra un difetto di esame circa il diritto a forme gradate di protezione, come il permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Il motivo è inammissibile, ma anche infondato.
E’ inammissibile per due ragioni. In primo luogo in quanto denuncia omesso esame in presenza di due decisioni conformi (art. 348 ter c.p.c.).
In secondo luogo perchè, di fatto, contesta non una omissione, quanto piuttosto una errata valutazione del fatto, ossia della situazione esistente ora in Gambia; errata valutazione che appartiene all’accertamento del giudice di merito, diventando censurabile in Cassazione solo per difetto assoluto di motivazione.
E’ infondato relativamente alla censura (p. 5) di omessa pronuncia sulle forme gradate di protezione (quella umanitaria) che invece è presente nella sentenza impugnata (p. 7).
Il ricorso va dichiarato pertanto inammissibile.
PQM
La corte dichiara inammissibile il ricorso.
Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 30 giugno 2020.
Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2020