Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2341 del 31/01/2018


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 2341 Anno 2018
Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO
Relatore: AMBROSI IRENE

SENTENZA

Cron.

sul ricorso 17357-2014 proposto da:

Rep.

MORANDI PAOLO MRNPLA62R13H037F, MORANDI SERGIO in

Ud. 10/11/2017

proprio e quali eredi di ROSSI MARIA, elettivamentep u
domiciliati in ROMA, VIA ANAPO 29, presso lo studio
dell’avvocato GUIDO GRANZOTTO, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato PAOLO ALLIATA giusta
2017

;23,

procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrenti –

2170

contro

UBI LEASING SPA;
– intimata-

1

Data pubblicazione: 31/01/2018

Nonché da:
UBI LEASING SPA in persona del Procuratore Dott.
GIUSEPPE TROTTI, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA NAPOLEONE III 28, presso lo studio dell’avvocato
ROBERTO SARRA, rappresentata e difesa dall’avvocato

controricorso e ricorso incidentale;
– ricorrente incidentale contro

MORANDI SERGIO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 186/2014 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 29/01/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/11/2017 dal Consigliere Dott. IRENE
AMBROSI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale, assorbito il ricorso
incidentale condizionato;
udito l’Avvocato GUIDO GRANZOTTO;
udito l’Avvocato ROBERTO SERRA per delega orale;

2

ROBERTO GORIO giusta procura speciale a margine del

n. R.G. 17357/2014
Pres. G. Travaglino
Est. I. Ambrosi
UP. 10.11.2017

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione del 16 luglio 2007, Sergio Morandi, Paolo Morandi
e Maria Rossi convennero la società SBS Leasing s.p.a. (ora UBI Leasing
s.p.a.) dinanzi al Tribunale di Verbania chiedendone la condanna al

risultante in corso di causa ovvero liquidata anche in via equitativa, oltre
interessi) a titolo di risarcimento per l’indebita occupazione degli immobili
siti in Gravellona Toce, via XX settembre, n. 183, per il periodo dal 14
giugno 1990 al 16 dicembre 2005, nonché la condanna al pagamento della
somma della quale assumevano che la stessa società convenuta si fosse
ingiustificatamente arricchita pari a Euro 291.149,48 (ovvero alla minor
somma risultante in corso di causa ovvero liquidata anche in via equitativa,
oltre interessi e rivalutazione) per averla percepita in danno della parte
attrice e pari ai canoni di locazione finanziaria pagati dalla società Indi spa
sino alla data del fallimento (8 luglio 1993).
Si costituì in giudizio la convenuta la quale chiese, in via principale, il
rigetto della domanda e in via riconvenzionale la condanna degli attori al
pagamento dei danni da responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. da
liquidarsi anche in via equitativa.
Con sentenza n. 345 del 15 maggio 2010 il Tribunale di Verbania
respinse la domanda inquadrando la relazione materiale della SBS Leasing
ed il complesso immobiliare de quo nell’ambito di un possesso di buona fede
che, in quanto tale, non consentiva l’insorgenza di alcuna obbligazione
risarcitoria in capo al possessore e neppure imponeva a quest’ultimo di
restituire i frutti civili percepiti in costanza di tale possesso, e condannò gli
attori alle spese del giudizio liquidandole in Euro 15.000,00.
Proposto appello da parte degli originari attori, nonché appello
incidentale dalla USB Leasing s.p.a. (già SBS Leasing s.p.a.), con sentenza
n. 186 del 30 ottobre 2013, la Corte di Appello di Torino rigettò l’appello e
I.Am rosi est.

3

pagamento della somma di Euro 1.860.000,00 (ovvero alla minor somma

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Pres. G. Travaglino
Est. I. Ambrosi
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condannò gli appellanti alle spese del giudizio liquidandole in Euro
17.820,00.
Per quanto ancora rileva, la Corte di appello ha accertato le seguenti
circostanze di fatto desumibili su base documentale e non contestate dalle
parti: – il 14 giugno 1990 la SBS Leasing s.p.a. acquistò dalla Indi s.r.l. un

acquirente stipulò un contratto di locazione finanziaria con la Indi s.p.a.
(società controllata dalla s.r.l. Indi e presieduta da Sergio Morandi) la quale
utilizzava già il complesso immobiliare per la propria attività di impresa; l’acquisto fatto dalla SBS era a non domino non essendo la venditrice Indi
s.r.l. proprietaria dell’immobile, diritto dominicale invece da riferire a
Gaudenzio Morandi, padre e marito degli eredi appellanti, in precedenza
anche socio della Indi s.n.c. poi trasformatasi in società s.r.I.; – il regime
giuridico così attribuito al complesso immobiliare in oggetto risultò da quanto
statuito, con valenza di cosa giudicata, dalla stessa Corte di appello di Torino
con sentenza 22 ottobre 2004 – 10 marzo 2005 n. 404, con la quale erano
state respinte le domande della SBS Leasing s.p.a. di accertamento
dell’avvenuta acquisizione del diritto di proprietà sul bene immobiliare

de

quo in forza di intervenuta usucapione; – prima di quest’ultima pronuncia
intervennero i fallimenti sia della Indi s.p.a. sia della Indi s.r.l. e il curatore
della società per azioni rientrò nella materiale disponibilità dell’immobile,
salvo poi dismetterlo in favore degli appellanti in data 16 dicembre 2005.
Sulla base di tali risultanze, la Corte di appello ha ritenuto: – che in
conseguenza dell’acquisto del 1990 la società SBS Leasing acquisì il
possesso del bene solo animo possidendi, stante la detenzione qualificata
attribuita alla società locataria che materialmente utilizzò il bene e
corrispose i canoni locatizi; – che a tale possesso andasse attribuito il
requisito soggettivo della buona fede «di certo ravvisabile nel momento
iniziale» tenuto conto che la SBS Leasing allora versava nella convinzione di
acquistare dalla effettiva proprietaria la società Indi s.r.I., la quale appariva
I.Am rosi est.

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complesso immobiliare oggetto di controversia; – contestualmente la società

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titolata a trasmetterle il diritto dominicale e di sicuro ignorava di ledere il
configgente diritto in capo agli appellati, atteso che uno di essi (Maria Rossi)
compariva nell’atto pubblico quale soggetto apicale della società apparente
proprietaria e venditrice; – che SBS Leasing erogò in relazione alla
compravendita il prezzo di acquisto di Lire 1.000.000.000; che la proprietà

trasformata in società a responsabilità limitata; – che identica evidenziazione
era contenuta nei bilanci della società Indi s.r.l. i quali indicavano l’immobile
de quo tra i cespiti patrimoniali riferibili alla società; – che a tale società,
infine, erano riferite le annotazioni catastali relative alla proprietà
dell’immobile.
Avverso questa sentenza, Sergio Morandi e Paolo Morandi, in proprio e
quali eredi di Maria Rossi, propongono ricorso per cassazione articolato in
quattro motivi. Resiste con controricorso UBI Leasing s.p.a. formulando
ricorso incidentale condizionato articolato in due motivi. Entrambe le parti
hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo (“Violazione dell’art. 112 c.p.c. e del principio
del contraddittorio in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.”)

i ricorrenti

lamentano che la Corte di appello abbia ritenuto possessore in buona fede la
SBS Leasing s.p.a. senza che fosse stata formulata da parte della stessa
società alcuna eccezione in proposito così violando il principio di
corrispondenza tra chiesto e pronunciato; denunciano, altresì, per il caso in
cui l’eccezione sia considerata in senso lato e quindi rilevabile d’ufficio, la
violazione del principio del contraddittorio non avendo consentito il giudice di
appello alle parti di interloquire in proposito.
1.1. Il motivo è manifestamente infondato.
Con esso i ricorrenti ripropongono la doglianza già formulata con
motivo di appello avverso la decisione di prime cure; essa risulta del tutto
insussistente rispetto ad entrambi i profili denunciati solo se si osservi che in
I.Amb osi est.

5

in capo alla Indi s.n.c. veniva già affermata nell’atto con cui la stessa venne

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presenza di una presunzione ex lege (art. 1147 c.c.) e vertendo la fattispecie
in esame in tema di acquisto a non domino della società SBS Leasing (ora
UBI Leasing), correttamente la Corte di appello ha ritenuto la buona fede di
quest’ultima, senza necessità che fosse eccepito alcunché dalla parte. Nello
specifico, è risultato che la predetta società avesse eccepito sin dal primo

de quo (v. comparsa di risposta in primo grado, pag. 8, punto riprodotto a
pagg. 11 e 12 del controricorso).
2. Con il secondo motivo (“Falsa applicazione degli artt. 1147 c.c. e
1148 c. c. e violazione dell’art. 1176 comma II c. c. in relazione all’art. 360
comma I n. 3 c.p.c.”) i ricorrenti lamentano come la Corte territoriale abbia
confermato la decisione di primo grado ritenendo che non sussistesse la
prova della malafede in capo a SBS Leasing al momento dell’acquisto né che
l’ignoranza dipendesse da colpa grave a norma dell’art. 1147, comma 2,
c.c.. Contestano le circostanze elencate dalla Corte di appello per giustificare
la buona fede della controparte, ne evidenziano l’irrilevanza a fronte del
passaggio in giudicato della sentenza n. 404 del 2005 resa dalla Corte di
appello di Torino inter partes e affermano che la prova della “colpa grave”
idonea a superare la presunzione di cui all’art. 1147 c.c. sarebbe data dalla
affermazione formulata da controparte (nella memoria 21 dicembre 1994)
secondo la quale la vicenda giudiziaria in esame aveva preso le mosse da
una “banale constatazione” fatta in sede di verifica del proprio acquisto
immobiliare e cioè che “non risultava essere stato trascritto a carico di
Morandi Gaudenzio il conferimento dell’immobile stesso nella s.n.c. – s.r.l.
(Indi) che glielo aveva poi venduto con atto 14 giugno 1990”.
2.1 La censura non è ammissibile.
Movendo da plurime violazioni di legge i ricorrenti censurano il
mancato accertamento dei fatti che avrebbe consentito -secondo la loro
prospettazione- di accertare la sussistenza della ignoranza dipesa da colpa
grave, presupposto necessario al fine di ritenere superata la presunzione di
I.A

rosi est.

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grado la propria buona fede all’atto della stipula dell’atto di compravendita

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buona fede di cui all’art. 1147, comma 3, c.c.. Pur denunciando formalmente
vizi di violazione di norme di diritto, propongono nella sostanza
un’inammissibile rivalutazione delle risultanze istruttorie al fine di ritenere
provata la sussistenza della consapevolezza di ledere l’altrui diritto (Sez. U,
5 maggio 2006 n. 10313). Essa attiene dunque a profili di fatto e tende

rivalutazione del merito della causa in contrapposizione a quella formulata
dalla Corte territoriale, la quale, con valutazione insindacabile perché
riservata al giudice di merito, ha motivatamente ed in modo adeguato
ritenuto che fosse stata fornita idonea dimostrazione della buona fede
dell’acquirente al momento dell’acquisto.
3. Con il terzo motivo (“Violazione dell’art. 2041 c.c. di restituzione dei
canoni di locazione in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c.”) i ricorrenti
ribadiscono la domanda di restituzione dei canoni pagati da Indi s.p.a. a SBS
Leasing a titolo di leasing finanziario sino al fallimento della prima (8 luglio
1993) a titolo di arricchimento senza causa e lamentano che la Corte di
appello abbia erroneamente affermato che erano state richieste le somme
erogate dal notaio Quinto invece che quelle pagate direttamente da Indi
s.p.a. quale canone di locazione; somme che, infine, dovevano essere
dovute in restituzione a norma dell’art. 1189, comma 2, c.c..
3.1. Il motivo è inammissibile.
I ricorrenti insistono nel proporre soltanto formalmente la violazione
dell’art. 2041 c.c. sebbene in concreto lamentino l’erroneo accertamento dei
fatti compiuto dalla Corte territoriale la quale, una volta accertata la
sussistenza di un possesso connotato da buona fede, ha escluso
correttamente la possibilità per gli appellanti (odierni ricorrenti) di ripetere
quanto percepito dalla SBS Leasing a titolo di frutti civili in costanza di
possesso (Le. i canoni di locazione corrisposti dalla società locataria). Anche
la censura in esame attiene, quindi, a profili di fatto e tende a suscitare
dinanzi alla Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito in
I.Am rosi est.

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inammissibilmente ad invocare, dinanzi alla Corte di legittimità, una

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contrapposizione a quello formulato dalla Corte territoriale, la quale, con
valutazione insindacabile perché riservata al giudice di merito, ha
motivatamente ed in modo adeguato ritenuto che fosse stata fornita
sufficiente dimostrazione della buona fede dell’acquirente al momento
dell’acquisto e quindi della non dovutezza dei frutti ex art. 1148 c.c..

qualità delle somme chieste in restituzione (specificano i ricorrenti di aver
richiesto in restituzione quelle pagate direttamente a SBS Leasing dalla
società Indi quali canoni di locazione e non quelle, viceversa, ricevute da
quest’ultima società a titolo di ristoro patrimoniale dal notaio rogante)
tenuto conto che l’inciso «non essendo oltretutto ravvisabile alcun
arricchimento conseguito dall’appellata in conseguenza del ristoro
patrimoniale ottenuto dal notaio rogante» (in motivazione sentenza
impugnata pag. VI) è formulato dalla Corte di appello solo ad abundantiam
rispetto alla distinta e assorbente

ratio decidendi secondo la quale il

possessore di buona fede “fa suoi i frutti” civili sino al giorno della domanda
giudiziale come previsto dall’art. 1148 c.c..
Soltanto enunciato e come tale assolutamente inammissibile, infine, il
richiamo all’art. 1189, comma 2, c.c..
4. Con il quarto motivo (“Omesso esame dell’atto di contestazione
dell’11.02.1994 quale fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di
discussione tra le parti in relazione all’art. 360 comma I n. 5 c.p.c.”)

i

ricorrenti si dolgono che la Corte territoriale abbia totalmente omesso di
considerare l’atto di contestazione dell’Il febbraio 1994 ricevuto da SBS
Leasing da parte del Curatore del fallimento Indi s.p.a. e non abbia
pronunciato sullo specifico motivo di appello formulato nei confronti della
sentenza di prime cure che aveva affermato come la SBS Leasing fosse stata
possessore sino al momento nel quale Indi spa aveva posto in essere atto di
interversione del possesso in virtù del richiamato atto di contestazione.
Contestano che tale atto, rivolto al solo possessore, abbia spiegato alcun

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Parimenti inammissibile è la ulteriore doglianza sollevata in ordine alla

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effetto sia nei loro confronti, ovvero abbia spiegato un’efficacia liberatoria
nei confronti del possessore (dato che l’occupazione senza titolo è iniziata
per fatto di SBS Leasing e si è conclusa solo con la riconsegna deli immobili
ai legittimi proprietari in data 16.12.2005). Concludono nell’affermare che in
tale arco temporale (1994 – 2005) Indi spa era restata solo detentore

fede dovrebbe essere tenuta al risarcimento e alle restituzioni richieste.
4.1. Il motivo è anch’esso inammissibile.
In via generale, giova rammentare che le Sezioni Unite di questa Corte
hanno chiarito che la riformulazione dell’art.360, primo comma, n. 5, c.p.c.,
disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7
agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico
denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico,
principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o
dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti
e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe
determinato un esito diverso della controversia). Ai sensi della nuova
formulazione dell’art. 360 n.5 c.p.c. – applicabile alle sentenze pubblicate
dopo 1’11 settembre 2012 e dunque pacificamente anche alla pronuncia
impugnata con il ricorso in esame, depositata il 29 gennaio 2014 – il
controllo sulla motivazione è dunque possibile, per un verso, solo con
riferimento al parametro dell’esistenza e della coerenza e, per l’altro, solo
con riferimento all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario,
che abbia costituito oggetto di discussione e sia decisivo, vale a dire che, se
esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia.
I ricorrenti, sebbene denuncino formalmente l’omesso esame di un
fatto che aveva costituito oggetto di discussione, tuttavia nella sostanza
lamentano l’omesso esame di elementi istruttori da parte del giudice di
appello dolendosi, in particolare, della mancata considerazione dell’atto di
contestazione in data 11 febbraio 1994 formulato dal curatore del fallimento
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nomine alieno e che SBS Leasing s.p.a. non essendo possessore di buona

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INDI s.p.a. per giungere ad un accertamento del fatto diverso da quello a cui
è motivatamente pervenuto il giudice del merito.
Una simile rivalutazione di fatti e circostanze, già inammissibile nella
vigenza del vecchio testo dell’art.360 n.5 c.p.c., lo è a più forte ragione alla
luce della vigente formulazione della norma, specie se si consideri che la

– ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, postula un apprezzamento
di fatto riservato in via esclusiva al giudice di merito, il quale, nel porre a
fondamento del proprio convincimento e della propria decisione una fonte di
prova con esclusione di altre, nel privilegiare una ricostruzione circostanziale
a scapito di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni
del proprio convincimento, senza essere peraltro tenuto ad affrontare e
discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare qualsiasi
deduzione difensiva. In altri termini, l’omesso esame di elementi istruttori
non è di per sé sindacabile in sede di legittimità in quanto non integra, per
ciò stesso, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, qualora il fatto
storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal
giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze
probatorie (Cass civ., Sez. Un., 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054, RRvv.
629831 e 629834; v. anche Cass. civ., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 21257 dell’8
ottobre 2014, Rv. 632914).
Nel caso in esame, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, la
Corte territoriale ha mostrato di aver debitamente esaminato le risultanze
probatorie emergenti dall’istruttoria esperita, non incorrendo in alcuna
omissione riguardante un fatto che, se analizzato, avrebbe potuto
comportare una decisione diversa. In particolare, la Corte di merito non ha
esaminato la questione relativa alla data di protrazione del possesso da
parte di UBI Leasing poiché l’ha ritenuta assorbita una volta ritenuta la
sussistenza della buona fede nel possesso in capo alla predetta società. I
ricorrenti, nel dedurre la diversità del giudizio di fatto posto a fondamento
I.Am rosi est.

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valutazione delle risultanze probatorie, al pari della scelta di quelle – fra esse

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della sentenza di merito, continuano piuttosto a dolersi dell’omessa
considerazione di elementi istruttori decisivi ad una diversa ricostruzione del
fatto secondo la loro prospettazione.
5. In conclusione il ricorso principale va rigettato.
6. Dal rigetto del ricorso principale discende l’assorbimento di quello

Leasing s.p.a. [“Violazione dell’art. 2041 c.c., dell’art. 112 c.p.c., dell’art.
2946 c.c. (all’art 360 1 co. n. 3 c. c. [rectius c.p.c.]) e dell’omesso esame
circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le
parti (art. 360 1 co. n. 5 c.p.c.”)] si duole della motivazione “estremamente
sbrigativa” adottata dalla Corte di appello in merito al rigetto della domanda
formulata dagli attuali ricorrenti ex art. 2041 c.c. e ribadisce la grave perdita
subita a seguito della evizione della proprietà dell’immobile e della
conseguente impossibilità di usufruire degli utili finanziari derivanti dalla
normale esecuzione di un’operazione di leasing. Insiste nel sottolineare come
la somma ottenuta dal notaio a titolo di risarcimento per il prezzo di vendita
sborsato alla Indi s.r.l. fu decurtata nella misura del 30/40% a seguito di
una transazione e che pertanto non vi fu ristoro globale del prezzo. Con il
secondo motivo, [“Violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 3
c.p.c.), ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato
oggetto di discussione tra le parti (art. 360, 1 co. n. 5 c.p.c.)] lamenta che
la Corte territoriale non abbia esaminato la infondatezza della domanda di
indebita occupazione degli immobili ex adverso formulata (incompatibile con
l’accertato possesso solo “animo”), limitandosi a ritenere che la buona fede
della SBS Leasing fosse presunta e corroborata da elementi probatori in atti
e che non sussistesse la colpa grave ex art. 1147 c.c.
7. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e
vengono liquidate come da dispositivo.
8.

Sussistono, infine, i presupposti ai fini della condanna ex art.

385, quarto comma, c.p.c. norma applicabile ratione temporis al giudizio in
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incidentale condizionato articolato in due motivi, con il primo dei quali UBI

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esame, introdotta dal d.lgs. n. 40 del 2006, art. 13 (in vigore dal 2 marzo
2006 al 3 luglio 2009, poi successivamente abrogata dalla I. n. 69 del 2009,
art. 46, comma 20, con decorrenza dal 4 luglio 2009).
In proposito, questa Corte ha già affermato (Sez. 3, 07/10/2013 n.
22812; Sez. 3, 11/03/2014 n. 5599; Cass. 08/03/2017, n.5801) che la

2009 (art. 58, comma1) ha precisato che le nuove norme che modificano il
codice di procedura civile, e quindi anche la norma abrogativa, si riferiscono
ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore (4 luglio 2009),
non alle sentenze (o alle impugnazioni avverso le sentenze) pubblicate dopo
tale data (come invece previsto per singole disposizioni dal comma 4 del
medesimo art. 58). Pertanto, risultando il giudizio in esame instaurato nel
luglio 2007 (prima del 4 luglio 2009) e la sentenza impugnata pubblicata in
data 29 gennaio 2014 (dopo il 2 marzo 2006), si applica la disciplina dettata
dal d.lgs. n. 40 del 2006.
Giova evidenziare peraltro che la condanna in esame, a differenza di
quella comminabile ai sensi del comma 1 dell’art. 96 c.p.c., non richiede la
domanda di parte né la prova del danno, ma tuttavia esige pur sempre, sul
piano soggettivo, la malafede o la colpa grave della parte soccombente, la
quale ultima sussiste nell’ipotesi di violazione del grado minimo di diligenza
che consente di avvertire facilmente l’infondatezza o l’inammissibilità della
propria domanda (cfr. in tal senso, da ultimo, Sez. 3, 30/11/2017 n. 28657).
Questa Corte ha già più volte ritenuto che costituisce abuso del diritto
all’impugnazione, integrante “colpa grave”, la proposizione di un ricorso
per cassazione fondato su motivi manifestamente infondati o
inammissibili, o perché ripetitivi di quanto già confutato dal giudice
d’appello, o perché assolutamente irrilevanti, o assolutamente generici, o
perché, comunque, non rapportati all’effettivo contenuto della sentenza
impugnata; in tali casi il ricorso per cassazione integra un ingiustificato
aggravamento del sistema giurisdizionale come rilevato dalla recente
I.Am rosi est.

12

previsione continua ad essere applicabile tenuto conto che la I. n. 69 del

n. R.G. 17357/2014
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sentenza della Corte Cost. 26 giugno 2016, n. 152 che ha confermato la
tenuta costituzionale della norma processuale (art. 96, comma 3, c.p.c.) in
riferimento alle condotte di quanti, abusando del proprio diritto di azione
e di difesa, si servano dello strumento processuale a fini dilatori,
contribuendo così ad aggravare il volume del contenzioso e,

pendenti (Sez. 3, 29/09/2016 n. 19285; Sez. 3, 21/07/2016 n. 15017).
Nel caso in esame, il grado minimo di diligenza deve ritenersi
senz’altro violato in quanto vengono reiterate tesi giuridiche già reputate
infondate dal giudice di merito, formulando motivi manifestamente infondati
o palesemente inammissibili in quanto non consentiti dalla legge e tali da
sottoporre questioni di fatto che non possono trovare ingresso in sede di
legittimità, per di più trascurando di considerare le ragioni, ampiamente
argomentate, che la Corte territoriale ha posto a giustificazione della
decisione impugnata (si consideri, ad esempio, tra le risultanze documentali
enumerate dalla Corte territoriale al fine di fondare la buona fede della
società acquirente -definite assertivamente “irrilevanti” da parte ricorrente-,
quella da cui risulta che l’odierna ricorrente Maria Rossi -comproprietaria
dell’immobile de quo unitamente ai figli Morandi Sergio e Paolo- fu la
persona che a nome e nell’interesse della s.r.l. INDI dichiarò di trasferire la
proprietà sull’immobile alla s.p.a. SBS Leasing) e addirittura proponendo
censure (consistenti nel mancato esame dell’atto di contestazione del
curatore del fallimento Indi spa in data 11 febbraio 1994) del tutto avulse
dalla logica della decisione impugnata.
Per quel che concerne, infine, il quantum della condanna da irrogare,
del tutto discrezionale, con l’unico limite dell’equità che è rappresentato dalla
ragionevolezza che può individuarsi assumendo come parametro di
riferimento l’importo liquidato per le spese dovute alla parte vittoriosa per il
grado di giudizio, si stima equo condannare i ricorrenti al pagamento in
favore della parte resistente della ulteriore somma di euro 10.000,00, oltre
I.Am • osi est.

13

conseguentemente, ad ostacolare la ragionevole durata dei processi

n. R.G. 17357/2014
Pres. G. Travaglino
Est. I. Ambrosi
UP. 10.11.2017

interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza sino al
saldo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si
deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte
dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, dichiara assorbito il ricorso incidentale
condizionato e condanna i ricorrenti a rimborsare alla resistente le spese del
giudizio di cassazione che si liquidano in complessivi Euro 20.200,00, di cui
Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.
Condanna i ricorrenti a pagare alla parte controricorrente la somma di
Euro 10.000,00, ai sensi dell’art. 385, quarto comma, c.p.c., oltre interessi
legali dalla data della pubblicazione della presente sentenza sino al saldo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà
atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza
Civile, il 10 novembre 2017.

quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.

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