Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23406 del 10/11/2011

Cassazione civile sez. VI, 10/11/2011, (ud. 20/10/2011, dep. 10/11/2011), n.23406

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 10689/2010 proposto da:

S.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA COSTANTINO MORIN 27, presso lo studio dell’avvocato TEDESCO

GIOVANNI, rappresentata e difesa dagli avvocati MALLUZZO Luigi Maria,

FRANCESCO SURACE giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

TELECOM ITALIA SPA (OMISSIS), in persona del Procuratore speciale

e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA MICHELE MERCATI 51, presso lo studio dell’avvocato

BRIGUGLIO Antonio, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato BOCCHINI ROBERTO giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

e contro

OTIS SPEDIZIONI SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1317/2009 del TRIBUNALE di CATANZARO,

depositata il 22/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA VIVALDI;

è presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1. S.G. ha proposto ricorso per cassazione contro la Telecom Italia s.p.a. e la s.r.l. Otis Spedizioni, avverso la sentenza del 22 ottobre 2009, con la quale il Tribunale di Catanzaro ha accolto l’appello proposto dalla Telecom avverso la sentenza n. 240 del 2008, con cui il Giudice di Pace di Davoli, provvedendo sulla domanda di essa ricorrente contro la Telecom e su quella di manleva di quest’ultima verso la Otis, ha accolto la domanda della medesima, intesa ad ottenere dalla Telecom il risarcimento del danno sofferto a causa dell’inadempimento contrattuale all’obbligo di consegnare, nel quadro del relativo rapporto di utenza, l’elenco telefonico dell’anno 2006, condannando la Telecom al pagamento di Euro 80,00 (comprensive del rimborso dell’addebito di Euro 0,96 oltre I.V.A. per costo consegna elenco) ed alle spese giudiziali.

1.1. L’appello della Telecom è stato accolto dal Tribunale e la domanda attorea è stata dichiarata improponibile con riferimento all’eccezione, svolta in appello dalla Telecom, di mancato esperimento del tentativo di conciliazione presso il CORECOM competente per territorio, previsto dall’Allegato A della Delib. n. 173/07/CONS, richiamata nelle condizioni generali di contratto predisposte dalla Telecom.

1.2. Resiste con controricorso la Telecom, mentre non svolge attività difensiva la Otis.

Al ricorso proposto è applicabile la normativa di cui alla L. 18 giugno 2009, n. 69, per essere la sentenza impugnata pubblicata successivamente all’entrata in vigore della stessa (4.7.2009).

Questa Corte si è già pronunciata su analogo ricorso con l’ordinanza del 27.1.2011 n. 2024.

2. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la nullità della sentenza e del procedimento, violazione dell’art. 352 c.p.c. e art. 281 sexies c.p.c. in quanto il Tribunale, quale Giudice d’appello, ha deciso la causa ex art. 281 sexies c.p.c., mentre tale procedimento e forma della decisione non è ammissibile per il procedimento di appello; violazione art. 24 Cost..

Il motivo prospetta due censure.

La prima è fondata sull’assunto per cui il procedimento decisionale ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c. non sarebbe applicabile al procedimento d’appello davanti al tribunale quale giudice d’appello e, quindi, al tribunale in composizione monocratica.

La seconda è che, quand’anche lo fosse, nella specie l’art. 281 sexies sarebbe stato applicato in modo lesivo del diritto di difesa, perchè, prima della decisione a seguito di trattazione orale, non vi sarebbe stato l’invito alle parti a precisare le conclusioni.

2.1. La prima censura è manifestamente infondata alla stregua dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1 come interpretato dalle Sezioni Unite della Corte con l’ordinanza del 6 settembre 2010, n. 19051.

La questione dell’applicabilità del procedimento decisionale dell’art. 281 sexies c.p.c., in sede di appello davanti al tribunale in composizione monocratica, infatti, è stata espressamente esaminata da questa Corte in una decisione che si è così espressa:

Nel procedimento d’appello davanti al tribunale, in composizione monocratica, non può procedersi alla discussione orale della causa cui segua la lettura del dispositivo ex art. 281 sexies cod. proc. civ., se una delle parti richieda, all’udienza di discussione, di disporre lo scambio delle conclusionali ai sensi dell’art. 190 cod. proc. civ., essendo tenuto il giudice, per espressa previsione dell’art. 352 c.p.c., u.c., a provvedere a tale adempimento e a fissare una nuova udienza di discussione nel termine previsto dalla norma, a pena di nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa (Cass. n. 6205 del 2009). Tale precedente esclude la validità della prospettazione della parte ricorrente che si fonda sulla inapplicabilità del procedimento decisionale in esame al giudizio di appello del tribunale monocratico.

Parte ricorrente si sarebbe dovuta confrontare con tale precedente, al quale si ritiene di dovere dare continuità.

2.2 La seconda censura – la cui correttezza, peraltro, appare discutibile, posto che la scissione fra udienza di precisazione delle conclusioni e di discussione e decisione orale è, nell’art. 281 sexies, comma 1, solo eventuale, dipendendo dall’istanza di parte – è inammissibile per palese violazione dell’art. 366 cod. proc. civ., n. 6, che costituisce il precipitato normativo del principio di autosufficienza.

Infatti, il ricorso omette di indicare specificamente lo svolgimento processuale (gli atti processuali relativi) anteriore all’udienza in cui ha avuto luogo la decisione, di modo che l’affermazione dell’essere stata omessa la precisazione delle conclusioni non è supportata dai necessari riferimenti.

Al riguardo, si rinvia alla consolidata giurisprudenza di questa Corte sull’esegesi dell’art. 366 c.p.c., n. 6 (Cass. sez. un. n. 28547 del 2008; Cass. sez. un. n. 7161 del 2010, da ultimo; Cass. n. 4201 del 2010 in riferimento agli atti processuali).

3. Il secondo motivo denuncia contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio; violazione art. 8 del Regolamento in materia di procedure di risoluzione delle controversie tra operatori di comunicazione elettroniche ed utenti, approvato con Delib. Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni 173/07/CONS. (Allegato A alla delibera n. 173/07/CONS).

E’ censurata la sentenza impugnata per avere ritenuto indimostrato l’esperimento, anteriormente all’inizio della lite in primo grado, del tentativo di conciliazione previsto dal detto regolamento.

Si sostiene, sia che l’esperimento sarebbe stato dimostrato dalla produzione dell’attestazione dell’invio di detta istanza per posta e non, quindi, – come ritenuto – dalla sola fotocopia del formulario UG, riempito con i dati personali dell’appellata, ma senza che sia stata altresì prodotta prova documentale della sua effettiva comunicazione alla controparte e della sua presentazione all’autorità preposta.

In tal modo erroneamente il Tribunale avrebbe considerato indimostrato la condizione di procedibilità, per non essere stata data prova della comunicazione dell’istanza conciliativa alla controparte.

Sotto questo secondo profilo si sottolinea che il detto Regolamento prevede che l’attivazione del contraddittorio debba curarsi da parte del CORECOM. 3.1. Il primo rilievo è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, poichè, non solo non si è riprodotto il contenuto di tale attestazione, ma nemmeno si è detto in quale sede e come nel giudizio di merito sia stata prodotta e, soprattutto se e dove sia stata prodotta in questa sede di legittimità, al fine di consentirne alla Corte l’esame; viene, quindi,in rilievo la giurisprudenza di questa Corte già citata al precedente punto.

3.2. Al riguardo, si rileva che in chiusura dell’esposizione del ricorso e prima delle sue conclusioni, si dice che il ricorso, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, sarebbe fondato sui seguenti atti e documenti: – doc. n. 1 verbale di udienza del 22/10/2009; – doc. n. 2 fascicolo produzione al Giudice di Pace di Badolato (mentre, oltretutto, la sentenza di primo grado è del giudice di pace di Davoli); – doc. n. 3 fascicolo produzione al Tribunale di Catanzaro;

ma, in tali indicazioni, nessun riferimento specifico si rinviene al documento di cui trattasi.

Da ultimo, per completezza, deve rilevarsi che l’eventuale censura addebitata dal ricorrente al giudice di merito, sotto questo profilo, di avere travisato i fatti, non tenendo in conto la trasmissione dell’istanza in narrativa, essendo stata prodotta agli atti la prova del fatto dell’avvenuto deposito dell’istanza presso la competente Autorità preposta ad esperire il tentativo di conciliazione, concretizzerebbe un errore revocatorio, da far valere ai sensi dell’art. 395 cod. proc. civ., n. 4, e non con il ricorso per cassazione come proposto.

3.3. Il secondo rilievo è manifestamente fondato, ma può comportare solo la correzione della motivazione della sentenza impugnata, senza però incidere sul suo dispositivo.

Le modalità di proposizione dell’istanza di conciliazione prevista dal citato Regolamento sono fissate dall’art. 7, commi 3 e 4 di esso, dopo che i due commi precedenti ne hanno indicato il contenuto.

Il comma 3 così dispone: L’istanza, a pena di inammissibilità, è sottoscritta dall’utente o, per le persone giuridiche, dal rappresentante legale, ovvero da un rappresentante munito di procura speciale, conferita con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, ed è consegnata a mano contro rilascio di ricevuta ovvero inviata a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, a mezzo fax o tramite posta elettronica certificata. Il comma 4, a sua volta precisa: L’istanza può anche essere inoltrata compilando il formulario UG, disponibile sul sito ufficiale dell’Autorità ((OMISSIS)) e presso gli uffici dei Co.re.com. L’attivazione del contraddittorio con l’operatore, cioè con la controparte, è, invece, rimessa dal successivo art. 8 al CORECOM, il quale, sotto la rubrica avviso di convocazione delle parti, nel comma 1, dispone che il Co.re.com, verificata l’ammissibilità della domanda, comunica alle parti, entro sette giorni lavorativi dal ricevimento dell’istanza e con le medesime modalità di cui all’art. 5, comma 6, l’avviso di convocazione per l’esperimento del tentativo di conciliazione, da tenersi non prima di sette giorni lavorativi dal ricevimento della predetta comunicazione.

In considerazione delle previsioni indicate, il Tribunale ha errato nel pretendere dalla parte oggi ricorrente la prova della comunicazione di sua iniziativa della sua istanza di conciliazione alla Telecom, perchè essa non ne aveva l’onere. L’errore, tuttavia, non è stato decisivo, perchè il Tribunale ha anche ritenuto che la condizione di procedibilità non fosse stata dimostrata per non essere stata data prova della presentazione dell’istanza. Punto questo su cui vale la ragione di inammissibilità sopra indicata.

4. Conclusivamente, il ricorso è dichiarato manifestamente infondato, per il concorso di una ragione di manifesta infondatezza riguardo al primo motivo, e di inammissibilità e di correzione della motivazione quanto al secondo”.

La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti.

Non sono state presentate conclusioni scritte, nè alcuna delle parti è stata ascoltata in camera di consiglio.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.

Conclusivamente, il ricorso è rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo in favore della resistente, sono poste a carico della ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore della resistente, che liquida in complessivi Euro 600,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 20 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2011

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