Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23405 del 26/10/2020

Cassazione civile sez. III, 26/10/2020, (ud. 30/06/2020, dep. 26/10/2020), n.23405

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28512-2019 proposto da:

E.O., C.M.;

– ricorrenti –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– resistenti –

avverso la sentenza n. 3268/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 05/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/06/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI;

udito l’Avvocato.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il ricorrente, E.O., cittadino nigeriano della regione dell’Edo State.

Racconta di essere fuggito da quel paese in quanto durante una battuta di caccia, imbattutosi in ladri di petrolio, e venendo da questi ultimi disarmato, si univa a loro fino a quando venivano tutti scoperti dalla polizia, al cui arresto il ricorrente riusciva a sottrarsi fuggendo via dal paese. Ha chiesto il riconoscimento dello status di rifugiato, la protezione sussidiaria ed in subordine il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari.

La Commissione territoriale non ha creduto al suo racconto ed ha rigettato le richieste.

Questa decisione è stata confermata dal Tribunale di Venezia che ha motivato le ragioni della inverosimiglianza del racconto del ricorrente con argomenti fatti propri dalla corte di appello, avverso la cui decisione ricorre E.O. con tre motivi. Il Ministero dell’Interno non si è costituito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- La ratio della decisione impugnata. La corte di appello basa il suo giudizio innanzitutto sulla inverosimiglianza del racconto del ricorrente, che impedisce dunque ogni individualizzazione dell’accertamento; in secondo luogo, e ciò nonostante, la corte ritiene che la situazione generale della Nigeria, ed in particolare della regione dell’ECO State, non è tale da presentare pericoli per l’incolumità, circostanza che impedisce altresì il riconoscimento della protezione umanitaria.

2.- Il ricorrente propone tre motivi.

p.- Con il primo motivo denuncia nullità della sentenza sia per motivazione apparente che per omesso esame di un fatto rilevante. Il ricorrente lamenta un difetto di motivazione del giudizio di non credibilità del suo racconto, difetto che starebbe nel mero rinvio al giudizio di primo grado. Inoltre, ritiene che la corte non ha usato, come avrebbe dovuto, i suoi poteri istruttori per approfondire la vicenda narrata e posta a base dell’espatrio.

p.- Con il secondo motivo si deduce sempre difetto di motivazione, e violazione altresì dell’art. 15 c.p.c., nonchè del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14.

Ritiene il ricorrente che, avendo erroneamente ritenuto non credibile il suo racconto, la corte ha erroneamente negato la protezione sussidiaria che invece sarebbe derivata da un corretto accertamento della situazione nigeriana.

p.- Il terzo motivo denuncia omessa motivazione, omesso esame di un fatto rilevante e violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998 e successive modifiche, art. 5.

Secondo il ricorrente, sempre sulla base erronea della non credibilità del suo racconto, si è arrivati a negare anche il permesso per motivi umanitari, senza però effettuare la dovuta comparazione tra il livello di integrazione in Italia e la situazione del paese di origine.

3. Il ricorso è infondato.

Primo terzo motivo, come detto, contengono, tra le altre, una censura di omesso esame, che però è inammissibile per due ragioni: la prima è che le decisioni di merito sono conformi l’una all’altra, non risulta che la seconda sia basata su fatti diversi dalla prima, e dunque osta alla proposizione della censura di omesso esame l’art. 348 ter c.p.p.; la seconda ragione è che in realtà, di fatto, pur sotto la formale rubricazione di omesso esame, il ricorrente denuncia un difetto di approfondimento istruttorio, che è cosa diversa e che non è fondato per quanto si dirà di seguito.

Va premesso che entrambe le corti hanno ritenuto poco credibile il racconto del ricorrente. Sebbene ci sia qualche decisione di questa corte in senso contrario, va ribadito che in materia di protezione internazionale, l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona. Qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (Cass. 16925/2018; Cass. 28862/2018; Cass. 33858/2019).

Questa regola trae argomento dal fatto che la credibilità del racconto serve a poter effettuare una individualizzazione dell’accertamento, ossia ad accertare le condizioni del diritto alla protezione non in astratto, ricavandole semplicemente dalla situazione del paese di origine, bensì in concreto, ossia tenendo conto della condizione personale del ricorrente, vale a dire di quanto costui rischia come individuo, per la sua personale e soggettiva situazione.

Il giudizio di credibilità è un giudizio di fatto, non censurabile in Cassazione, se non per difetto di motivazione, come ha effettivamente fatto il ricorrente (Cass. 3340/ 2019).

E tuttavia, le ragioni indicate dalla corte, che non ha fatto mera relazione a quelle di primo grado, sono ampie e non contraddittorie, cosi da escludersi il vizio paventato.

Lo stesso ricorrente implicitamente ammette le lacune del suo racconto ma ritiene che avrebbero dovuto essere superate in sede di interrogatorio, attraverso il contraddittorio, ossia attraverso apposite domande che la corte avrebbe dovuto porgli e che non ha posto.

Non c’è ovviamente un obbligo generalizzato di audizione dello straniero (Cass. 3030/2018), il quale peraltro non allega argomenti che avrebbe potuto addurre e che gli è stato impedito di fare.

Con la conseguenza che il giudizio sulla credibilità rimane valido.

Anche ad ammettere che esso non precluda la valutazione della situazione oggettiva del paese di origine, va osservato, e ciò comporta l’infondatezza del secondo motivo, che la corte ha comunque motivato adeguatamente quanto alla situazione della Nigeria, ed alla convinzione che essa non comporti un generalizzato pericolo per ciascun civile in quanto tale; le fonti sono plurime, citate e riportate oggettivamente. Ove la situazione del paese di origine non sia tale, in generale, da comportare pericoli per i civili in quanto tali, essa può venire in considerazione quando quei pericoli comporta in relazione alla particolare situazione soggettiva del ricorrente, che ha una razza, appartiene ad una religione, o versa in una situazione particolare, tale che per lui, se non per tutti gli altri, la situazione in atto nel paese comporta pericoli.

La credibilità del racconto, come si è detto, serve anche a questa finalità, ossia di consentire l’individualizzazione della situazione che legittima la protezione dello straniero.

p.- Quanto alla protezione umanitaria, il terzo motivo di ricorso oltre che omesso esame denuncia altresì violazione di legge ((D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8) in relazione all’obbligo di valutare i motivi per concedere la protezione umanitaria. Questa parte del terzo motivo è fondata.

La corte infatti non ha effettuato lacuna valutazione della situazione del ricorrente, non tendendo in considerazione nè il livello di integrazione raggiunto, nè, per contro, l’eventualità che tale livello venga perduto in caso di rimpatrio. Pur avendo il giudice di merito esaminato la questione (protezione umanitaria) non l’ha fatto seguendo criteri di comparazione indicati da questa Corte.

Il ricorso va accolto dunque quanto a quest’ultimo motivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo, nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Venezia in diversa composizione anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 30 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2020

 

 

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