Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2340 del 02/02/2010

Cassazione civile sez. III, 02/02/2010, (ud. 19/11/2009, dep. 02/02/2010), n.2340

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

B.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. FERRARI

35, presso lo studio dell’avvocato MARZI MASSIMO FILIPPO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LAMBERTI MARCO, giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.S. DI PECCARRISI CESARE & C. SNC, EUROFIERE SRL;

– intimate –

avverso la sentenza n. 1234/2008 della CORTE D’APPELLO di TORINO del

14/03/08, depositata il 17/09/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/11/2009 dal Consigliere Relatore Dott. SCARANO Luigi Alessandro;

e’ presente il P.G. in persona del Dott. SCARDACCIONE EDUARDO

VITTORIO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

Considerato che e’ stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:

“Con sentenza del 17/9/2008 la Corte d’Appello di Torino respingeva il gravame interposto dalla sig. B.L. nei confronti della pronunzia del Tribunale di Alba dell’11/7/2007 di rigetto della domanda spiegata contro la societa’ EUROFIERE s.r.l., che chiamava in garanzia la societa’ AS di Cesare Peccarisi s.n.c., di risarcimento dei danni subiti in conseguenza di caduta avvenuta in Bra a causa di un ferro abbandonato sul marciapiedi all’esito di evento fieristico.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la B. propone ora ricorso per Cassazione, affidato sostanzialmente a 4 motivi (pur se formalmente risulta redatto un unico motivo, articolato in plurimi profili di censura).

Gli intimati non hanno svolto attivita’ difensiva.

Con il 1 MOTIVO la ricorrente denunzia violazione del principio di soccombenza ed inesistenza del giudicato.

Con il 2 MOTIVO denunzia violazione del principio dell’automatica estensione della domanda al terzo.

Con il 3 MOTIVO denunzia errata qualificazione della domanda.

Con il 4 MOTIVO denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il ricorso dovra’ essere dichiarato inammissibile, in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, dell’art. 366 bis c.p.c. e dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.

L’art. 366 bis c.p.c. dispone che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4 l’illustrazione di ciascun motivo deve a pena di inammissibilita’ concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).

Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede allora che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.

Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimita’ (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108)-, e non puo’ con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v.

Cass., 17/7/2007, n. 15949).

Orbene, nel caso i motivi recano quesiti di diritto che risultano formulati in modo invero difforme rispetto allo schema sopra delineato, in quanto connotati da genericita’ e mancanza di riferibilita’ al caso concreto dedotto all’esame della Corte, e pertanto sforniti di collegamento tale da consentire di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645; Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360), non consentendo di poter circoscrivere la pronuncia nei limiti di un relativo accoglimento o rigetto, a fortiori in presenza di motivi come nella specie altresi’ carenti di autosufficienza (cfr., da ultimo, Cass., 23/6/20013, n. 17064).

E’ d’altro canto da escludersi la configurabilita’ di una formulazione dei quesiti di diritto implicita nella formulazione dei motivi di ricorso, avendo Cass., Sez. Un., 26/3/2007, n. 7258 precisato che una siffatta interpretazione si risolverebbe invero nell’abrogazione tacita della norma.

I motivi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilita’ richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo”;

atteso che la relazione e’ stata comunicata al P.G. e notificata al difensore della parte costituita;

rilevato che la ricorrente ha presentato memoria;

considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;

rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella Camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione, non infirmate dalle osservazioni dalla ricorrente esposte nella memoria, non potendo considerarsi invero come idonei quesiti di diritto le affermazioni riportate ai numeri da 1 a 5 e su D) del ricorso, le quali in ogni caso si palesano certamente difformi dal relativo schema – richiamato nella relazione – delineato da questa Corte (in particolare v. Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658;

Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), appalesandosi pertanto inidonei a consentire, in base alla loro sola lettura (v. Cass., Sez. Un., 27/3/2009, n. 7433; Sez. Un., 14/2/2008, n. 3519; Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., 7/4/2009, n. 8463), di evincere in termini esaustivi i termini della contestazione (cfr. Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645; Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360) e di poter circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (cfr., Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258), non essendo d’altro canto l’art. 366 bis c.p.c. suscettibile di essere interpretato nel senso che il quesito di diritto possa (e a fortiori debba) desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacche’ una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v.

Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258);

considerato che l’inidonea formulazione del quesito di diritto equivale alla relativa omessa formulazione, in quanto nel dettare una prescrizione di ordine formale la norma incide invero anche sulla sostanza dell’impugnazione, imponendo al ricorrente di chiarire con il quesito l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (v. Cass., 7/4/2009, n. 8463;

Cass. Sez. Un., 25/11/2008, n. 28054; Cass. Sez. Un., 30/10/2008, n. 26020), (anche) in tal caso rimanendo invero vanificata la finalita’ di consentire a questa Corte il miglior esercizio della funzione nomofilattica sottesa alla disciplina del quesito introdotta con il D.Lgs. n. 40 del 2006 (cfr., da ultimo, Cass. Sez. un., 10/9/2009, n. 19444);

ritenuto doversi altresi’ sottolineare come il ricorso risulti altresi’ carente di autosufficienza, laddove viene fatto riferimento ad elementi od atti attinenti al giudizio di merito senza invero debitamente riportarli nel ricorso (es., la “domanda spiegata dall’attrice in primo grado”, la “sentenza resa nel medesimo grado”, l’”atto di appello”; le “precisazioni delle conclusioni in primo grado”);

atteso che a tale stregua le deduzioni dell’odierna ricorrente in realta’ si risolvono nella mera doglianza circa l’asseritamente erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle sue aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr., da ultimo, Cass., 18/4/2006, n. 8932), per tale via in realta’ sollecitando, contra ius e cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimita’, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimita’ non e’ un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte di cassazione elementi di fatto gia’ considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443);

ritenuto che il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile;

considerato che non e’ peraltro a farsi luogo a pronunzia sulle spese del giudizio di cassazione, non avendo gli intimati svolto attivita’ difensiva.

P.Q.M.

LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2010

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