Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23399 del 26/10/2020

Cassazione civile sez. III, 26/10/2020, (ud. 30/06/2020, dep. 26/10/2020), n.23399

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27804/2019 proposto da:

O.I., L.M.;

– ricorrenti –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso. AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– resistenti –

avverso la sentenza n. 4956/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 17/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/06/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI;

udito l’Avvocato.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il ricorrente proviene dalla Costa d’Avorio. Ha chiesto di beneficiare della protezione internazionale, sia nella forma del diritto di asilo, che nella forma della protezione sussidiaria; in alternativa ha chiesto il permesso di soggiorno per motivi umanitari, sostenendo di aver contratto debiti nel suo paese di origine e di rischiare, per conseguenza, ritorsioni gravi, data la situazione socio-economica della Costa d’Avorio in caso di rimpatrio.

La Commissione Territoriale ha negato ciascuno di tali benefici.

O.I. ha dunque proposto ricorso ex art. 702 bis c.p.c. al Tribunale che ha confermato il giudizio della Commissione, ritenendo non sussistenti i presupposti per concedere alcuno dei benefici richiesti.

Il ricorrente ha dunque proposto appello, ma limitando il tema di impugnazione alla protezione sussidiaria ed a quella umanitaria, ossia abbandonando la domanda di asilo.

La corte di appello ha confermato la valutazione, dunque la decisione, effettuata dal primo grado.

Ricorre ora O.I. con tre motivi. Il Ministero costituitosi tardivamente, non ha depositato controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- La ratio della decisione impugnata.

La corte di appello ha ritenuto adeguatamente motivata la decisione di primo grado. Ha aggiunto che le asserzioni del ricorrente di rischiare il sacrificio di diritti fondamentali in caso di rientro in patria, sia a cagione dei debiti non onorati, sia a causa della generalizzata situazione di violenza del suo Paese, non hanno trovato riscontro. In particolare, non avrebbe trovato riscontro il riferimento ad una situazione di generalizzato conflitto nella Costa d’Avorio (la corte riferisce sulla base di un report, diffuso anche in Internet).

Il giudice di merito ha peraltro escluso, di conseguenza, anche che ricorrano presupposti per la protezione umanitaria, proprio a cagione del difetto di riscontri circa il concreto pericolo di persecuzione o comunque di vulnus alla persona ed ai suoi diritti.

2.- Il ricorrente prospetta tre censure.

2.1.- Con il primo motivo denuncia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14. Secondo la sua prospettazione la decisione della corte di appello sarebbe motivata in modo contraddittorio ed insufficiente, per via della incompleta istruttoria effettuata quanto alle condizioni del Paese di origine del ricorrente. Per contro, quest’ultimo allega report di Amnesty International a smentita della tesi del giudice di merito quanto alla condizione di relativa sicurezza della Costa d’Avorio.

2.2.- Con il secondo motivo si denuncia violazione del D.Lgs. n. 2512 del 2007 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8.

Il motivo è una specificazione di quello precedente, relativamente alla protezione umanitaria negata. Il ricorrente ritiene che il difetto di istruttoria sulle condizioni socio-economiche della Costa d’Avorio rende la motivazione meramente apparente, ed apodittica l’affermazione circa l’assenza di rischi.

2.3.- Il terzo motivo denuncia violazione del D.Lgs. n. 268 del 1998, art. 5 comma 6 e art. 19.

Attiene, come il precedente, al diniego di protezione umanitaria.

Secondo il ricorrente, anche in tal caso, la corte di merito ha omesso di sfruttare i suoi poteri-doveri di verifica d’ufficio della situazione rilevante nel paese d’origine; ha omesso ogni istruttoria quanto alla situazione socio-economica ed alla possibile influenza di quest’ultima sui rischi di violazione dei diritti fondamentali, limitando la sua indagine alla situazione socio-politica.

Invece le norme citate impongono al giudice di valutare d’ufficio con completezza la situazione in cui versa il Paese del ricorrente e di effettuare una comparazione tra l’integrazione acquisita dallo straniero in Italia e la condizione in cui verrebbe a trovarsi ove rimpatriato.

3.- Il ricorso è infondato.

I primi due motivi possono trattarsi congiuntamente.

In relazione ad essi va ricordato che “il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nel prevedere che “ciascuna domanda è esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati”, deve essere interpretato nel senso che l’obbligo di acquisizione di tali informazioni da parte delle commissioni territoriali e del giudice deve essere osservato in riferimento ai fatti esposti ed ai motivi svolti in seno alla richiesta di protezione internazionale, non potendo per contro addebitarsi la mancata attivazione dei poteri istruttori officiosi, in ordine alla ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione, riferita a circostanze non dedotte” (Cass. 2355/2020).

Il ricorrente ha dedotto invero di non aver onorato un debito, o di essere comunque esposto alla merce dei creditori in caso di ritorno nella Costa d’Avorio.

La corte di merito ha effettuato una valutazione della situazione del Paese d’origine legata a questa allegazione, e l’ha dunque fatta correttamente.

Il rischio che giustifica le diverse forme di protezione (in questo caso se ne discute di due: sussidiaria e umanitaria) non può che essere valutato alla luce dei motivi indicati dal ricorrente, ossia della sua situazione personale, di come il ricorrente la prospetta.

La situazione del Paese d’origine, in sostanza, deve essere tale da creare rischi per ciò che il ricorrente ha personalmente fatto, o per la sua condizione personale: il rischio che la situazione generale comporta deve essere misurato sulla condizione personale del ricorrente, che è quella che lui allega a sostegno della sua richiesta.

3.1.- Il terzo motivo in gran parte denuncia una analoga omissione quanto alla protezione umanitaria, e dunque valgono per quest’ultimo le osservazioni che precedono, con la considerazione ulteriore che la comparazione (della cui insufficienza si duole il ricorrente) va effettuata, per l’appunto, tra la condizione di integrazione del ricorrente in Italia, e la situazione che troverebbe se rientrasse in Costa d’Avorio.

Sotto quest’aspetto il ricorso è anche carente di completezza, in quanto non risulta quanto e come il ricorrente si sia integrato in Italia.

Il ricorso va pertanto rigettato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 30 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2020

 

 

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