Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23399 del 09/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 09/11/2011, (ud. 29/09/2011, dep. 09/11/2011), n.23399

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 21557-2009 proposto da:

C.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE G. MAZZINI 113, presso lo studio dell’avvocato LOZZI

FLAVIA, rappresentato e difeso dall’avvocato PASSARETTI MASSIMILIANO,

giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende,

ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 181/2008 della Commissione Tributaria

Regionale di NAPOLI del 24.9.08, depositata il 15/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/09/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA GIOVANNA C. SAMBITO.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RAFFAELE

CENICCOLA.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29 settembre 2011, dal Relatore Cons. Maria Giovanna Sambito.

Fatto

LA CORTE

ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la relazione, con cui si è esposto:

“1. Con sentenza n. 181/29/2008, depositata il 15.10.2008 la CTR della Campania ha confermato la sentenza con la quale la CTP di Caserta aveva rigettato il ricorso proposto da C.A. avverso l’avviso di accertamento relativo ad Iva, Irpef ed Irap per l’anno 1999, Iva ed Irap per l’anno 2000 ed iva per l’anno 2001, affermando che il contribuente era il titolare della ditta accertata, e che, pertanto, sussisteva la sua responsabilità fiscale, irrilevanti essendo le vicende “penali riguardanti asserite truffe subite dal C.”.

2. Per la cassazione della sentenza ricorre il contribuente, sulla scorta di tre motivi, con i quali lamenta: 1) “violazione della norma di cui all’art. 363 c.p.c., n. 3, per omissione della indicazione della norma di legge su cui si fonda la decisione”; “violazione della norma di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione della norma di cui all’art. 295 c.p.c.; 3) violazione della norma di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, per omessa e/o insufficiente motivazione.

L’intimata non ha depositato controricorso.

3. Il ricorso appare inammissibile: le doglianze non sono, infatti, corredate dalla formulazione del quesito di diritto nè dall’omologo momento di sintesi per il vizio di motivazione, che non chiarisce neppure quale sia il fatto controverso, in relazione al quale la motivazione si assume omessa o insufficiente. La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che in un sistema processuale che già prevedeva la redazione del motivo, con l’indicazione della violazione denunciata, la peculiarità del disposto di cui all’art. 366 bis c.p.c., consiste, proprio, nell’imposizione al patrocinante che redige il motivo, di una sintesi originale ed auto sufficiente della censura, funzionalizzata alla formazione immediata e diretta del principio di diritto e, quindi, al miglior esercizio della funzione nomofilattica della Corte di legittimità (v. tra le altre, Cass. N. 20409/ 2008 n. 2799/2011).

4. Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio.” che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata al ricorrente;

che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie;

considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione, e che, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile, non v’è luogo alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità, in assenza di svolgimento di attività difensive da parte dell’intimata.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2011

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