Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23399 del 06/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 06/10/2017, (ud. 07/04/2017, dep.06/10/2017),  n. 23399

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8233/2016 proposto da:

S.G., + ALTRI OMESSI

– ricorrenti –

contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 18706/2015 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, depositata il 22/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

07/04/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, riunita nella Camera di consiglio ex art. 380 bis, comma 1 del 7/4/2017, udita la relazione del Consigliere Dott. Antonello Cosentino, osserva quanto segue:

I ricorrenti nominati in epigrafe ricorrono contro il Ministero dell’economia per la revocazione ex art. 395 c.p.c., n. 4, della sentenza di questa Corte n. 18706/15 con la quale è stata rigettata la loro richiesta di cassazione di un decreto emesso dalla corte d’appello di Perugia il 9 ottobre 2013 ai sensi della L. n. 89 del 2001.

Con detto decreto la corte d’appello di Perugia aveva rigettato le domande degli odierni ricorrenti di riparazione del danno subito a causa della irragionevole durata di un giudizio in materia di pubblico impiego svoltosi innanzi al Tar Lazio, argomentando che, come risultante dalla sentenza che aveva definito tale giudizio, il medesimo era stato da loro introdotto nonostante che essi avessero già conseguito il riconoscimento delle loro spettanze o in via amministrativa o tramite altre sentenze che avevano definito giudizi amministrativi precedentemente instaurati ed ormai definiti.

Con il terzo motivo del ricorso per cassazione disatteso da questa Corte con la sentenza n. 18706/15 gli odierni ricorrenti avevano censurato il decreto della corte perugina argomentando che, poichè il dies ad quem della irragionevole durata del procedimento presupposto andava individuato nel momento (non successivo al 14 marzo 2011) di proposizione delle loro domande di equa riparazione, le vicende del giudizio presupposto successive al 14 marzo 2011 – e, in particolare, la sentenza del Tar Lazio del 29/3/2011 con cui tale giudizio era stato definito – sarebbe stata del tutto irrilevante nella fattispecie.

Tale motivo di ricorso è stato così sintetizzato nel paragrafo 6 della sentenza di questa Corte n. 18706/15: “Il terzo motivo lamenta la violazione e la falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, per avere la corte territoriale considerato quale dies ad quem ai fini del computo di durata ragionevole del giudizio presupposto, quello, successivo alla proposizione di tutti i ricorsi (presentati tra il 21 febbraio e il 14 marzo 2011), in cui fu emessa la sentenza definitiva (pronunciata il 29/3/2011). Sicchè, conclude la parte ricorrente, avrebbero dovuto restare irrilevanti tutte le vicende successive alla proposizione del ricorsi”. La Corte di Cassazione ha quindi rigettato tale motivo sul rilievo che la critica mossa in tale mezzo di gravame risultava “del tutto inconcludente” giacchè, “Vero il principio enunciato nel motivo, secondo cui la possibilità… di proporre la domanda di equa riparazione pendente il processo di riferimento comporta che di quest’ultimo debba considerarsi solo il segmento processuale svoltosi fino alla domanda stessa, la parte ricorrente non ne trae e non ne specifica in concreto alcuna conseguenza favorevole alla propria posizione”.

Nell’odierno ricorso per revocazione i ricorrenti argomentano che la statuizione sopra trascritta sarebbe inficiata da errore di fatto.

Ad avviso dei ricorrenti, infatti, il terzo motivo del loro ricorso per la cassazione del decreto della corte d’appello di Perugia specificava – contrariamente a quanto affermato nella sentenza qui impugnata per revocazione – la conseguenza, favorevole per gli stessi ricorrenti, desumibile dal principio per cui del giudizio presupposto va considerato solo il segmento processuale svoltosi fino alla proposizione della domanda di equa riparazione; tale conseguenza, si argomenta nell’odierno ricorso per revocazione, sarebbe stata specificata nella impossibilità di rigettare la domanda di equa riparazione sulla scorta di risultanze tratte da un atto del processo presupposto (nella specie, la sentenza del Tar Lazio che tale processo aveva definito) successivo alla proposizione della domanda di equa riparazione.

Il Ministero dell’economia non si è costituito nel presente giudizio di revocazione.

Il ricorso va dichiarato inammissibile perchè l’errore ascritto dai ricorrenti al sentenza di questa Corte n. 18706/15 non è qualificabile come svista percettiva, ma, in ipotesi, come errore nell’interpretazione del motivo di ricorso, ossia come errore di giudizio. Al riguardo va ricordato che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, in materia di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione non è configurabile errore revocatorio quando la decisione della Corte sia conseguenza di una (pretesa) errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali; ciò perchè dall’area degli errori revocatori resta esclusa la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una attività valutativa (si vedano in particolare, per l’esclusione della configurabilità dell’errore revocatorio quando si affermi l’erronea lettura di un motivo di ricorso per cassazione, le pronunce di questa Corte nn. 14608/2007, 5076/2008, 5221/2009, 3365/2009, 24512/2009).

Non vi è luogo a regolazione delle spese del presente giudizio, non avendo l’intimato Ministero spiegato attività difensiva.

Non trova applicazione il disposto del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, D.Lgs. n. 546 del 1992, trattandosi di causa relativa all’equa riparazione di cui alla L. n. 89 del 2001, esente dal contributo unificato.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 7 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2017

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