Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23396 del 26/10/2020

Cassazione civile sez. III, 26/10/2020, (ud. 30/06/2020, dep. 26/10/2020), n.23396

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32232/2019 proposto da:

M.C., elettivamente domiciliato in Roma Via Della Giuliana,

32, presso lo studio dell’avvocato Antonio Gregorace, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1631/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 21/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/06/2020 dal Consigliere ENZO VINCENTI.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. – Con ricorso affidato a quattro motivi, M.C., cittadino maliano, ha impugnato la sentenza della Corte di Appello di Venezia, resa pubblica il 16 aprile 2019, che ne rigettava il gravame avverso la decisione di primo grado del Tribunale della medesima Città, che, a sua volta, ne aveva respinto l’opposizione avverso il diniego della competente Commissione territoriale del riconoscimento, in via gradata, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.

2. – La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, osservava che: a) le allegazioni difensive in punto di richiesta della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), erano “puramente astratte” e mancavano di censurare le rationes decidendi correttamente fondanti il rigetto del ricorso dinanzi al giudice di primo grado (“non credibilità della narrazione proposta (timore di essere ucciso dal gruppo di ribelli denominato “Jeunesse” per essersi rifiutato di arruolarsi al fine di svolgere turni di guardia nel villaggio), la contraddittorietà e a tratti inconferenza rispetto alla tutela richiesta”); b) non sussistevano le condizioni per il riconoscimento della protezione di cui al citato art. 14, lett. c) in quanto, in forza delle più recenti COI accreditate (EASO 2018; HRW 2018, IRIN 2017, UN 2017; diversamente da quelle dedotte dal richiedente, da ritenersi “generiche,… tratte da un sito dedicato ai turisti occidentali che visitano il Paese, non significative nel presente contesto”), con riferimento alla regione di Kayes e al centro-sud del Mali, si registrava un “basso indice di violenza” e non veniva indicata “come un’area fuori controllo, dove i civili possono rimanere vittime di violenze indiscriminate”; c) non poteva riconoscersi la protezione umanitaria, in quanto, oltre alla mancanza di credibilità del narrato del richiedente e alla mancanza di allegazioni sul grado di integrazione sociale in Italia, non sussistevano, in caso di rimpatrio nel paese di origine, condizioni di vulnerabilità per la compromissione del nucleo essenziale dei diritti fondamentali.

3. – L’intimato Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva, depositando unicamente “atto di costituzione” al fine di eventuale partecipazione ad udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. – Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione al mancata riconoscimento della protezione internazionale”, per non aver “i Giudici di primo grado… in alcun modo enunciato i motivi per i quali hanno ritenuto di non concedere la protezione internazionale richiesta.

1.1. – Il motivo è infondato.

Come innanzi sintetizzato nel “Rilevato che”, la Corte territoriale ha esaminato le istanze di riconoscimento della protezione internazionale ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a), b) e c), e di quella umanitaria, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, rigettandole con motivazione affatto intelligibile e, dunque, non apparente.

2. – Con il secondo mezzo è dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “omesso esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla Commissione territoriale e delle allegazioni portate in giudizio per la valutazione delle condizioni del paese di origine del ricorrente”, essendo smentite le “fonti autonomamente utilizzate dagli organi giudiziari… dalle notizie pubblicate sui maggiori organi di stampa e siti web, dal sito ufficiale del Ministero degli Esteri nonchè dalla costante giurisprudenza di merito” (segnatamente: rapporto COI 2016, siti internet del giungo 2017 e del novembre 2015).

3. – Con il terzo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 per il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria, di cui al detto art. 14, lett. c) in ragione delle condizioni attuali socio-politiche del paese di origine.

4. – Il secondo e terzo motivo, da scrutinarsi congiuntamente in quanto connessi, sono inammissibili, prima ancora che infondati.

Contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, in contrasto con la ratio decidendi della sentenza impugnata, la Corte di appello (cfr. sintesi nel “Rilevato che”), come già prima il Tribunale, non soltanto ha preso in esame le dichiarazioni dal richiedente rese davanti alla Commissione territoriale, reputandole però non credibili, ma ha anche formulato il giudizio, negativo, sulla ricorrenza delle condizioni per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) in forza della puntuale considerazione di COI più recenti e attendibili rispetto a quelle, ritenute generiche e inconferenti, allora dedotte dal richiedente (e ribadite in questa sede).

5.- Con il quarto motivo è prospettata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la “errata applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 in relazione alla mancata concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari”, non avendo il giudice del merito preso in considerazione il grado di integrazione del richiedente in Italia e le precarie condizioni socio-politiche del paese di provenienza.

3.1.- Il quarto motivo è fondato.

In tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto in Italia, isolatamente ed astrattamente considerato (Cass., S.U., n. 29459/2019, Cass. n. 8819/2020).

La Corte di appello non ha fatto corretta applicazione di tale principio, avendo mancato di effettuare la necessaria valutazione comparativa siccome comprendente la situazione di integrazione del richiedente e quella oggettiva nel Paese di origine, tale da doversi escludere, in loco, un vulnus al nucleo essenziale dei diritti fondamentali della persona, oltre ad aver fornito una motivazione apparente in punto di vulnerabilità del richiedente medesimo.

4. – Va, dunque, accolto il quarto motivo di ricorso; ricorso che deve, invece, essere rigettato nel resto.

La sentenza impugnata va, quindi, cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, che, nel delibare, la domanda di protezione umanitaria, dovrà attenersi al principio innanzi enunciato.

Il giudice di rinvio dovrà provvedere, altresì, alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il quarto motivo e rigetta nel resto il ricorso;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 30 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2020

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