Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23396 del 17/11/2016


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Cassazione civile sez. un., 17/11/2016, (ud. 13/09/2016, dep. 17/11/2016), n.23396

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente aggiunto –

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente di sez. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente di sez. –

Dott. CURZIO Pietro – rel. Presidente di sez. –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente di sez. –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente di sez. –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26060-2014 proposto da:

MINISTERO DELLA DIFESA, MINISTERO DELL’INTERNO, in persona dei

rispettivi Ministri pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

li rappresenta e difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

G.E., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la

CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ANDREA BAVA, per delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 225/2014 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 19/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/09/2016 dal Presidente Dott. PIETRO CURZIO;

uditi gli avvocati Bruno RETTORI per l’Avvocatura Generale dello

Stato ed Andrea BAVA;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. IACOVIELLO

Francesco Mauro, che ha concluso per il rigetto del primo motivo,

cassazione con rinvio.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il (OMISSIS) G.E., paracadutista in servizio di leva, durante un’esercitazione notturna che avrebbe dovuto svolgersi con armi inerti, rimase ferito a causa dell’esplosione di una bomba carica utilizzata per errore altrui, riportando lesioni permanenti.

2. Con la L. n. 266 del 2005 il legislatore ridisegnò la nozione di vittime del dovere e creò quella di soggetti ad esse equiparati, prevedendo la copertura retroattiva di eventi a decorrere dal 1 gennaio 1961. Il G., a seguito dell’introduzione di questa normativa, chiese i relativi benefici in sede amministrativa, con esito negativo. Convenne quindi in giudizio i ministeri della Difesa e dell’Interno.

3. Il Tribunale di Brescia accolse il ricorso, dichiarandolo “soggetto equiparato alle vittime del dovere” e condannando il ministero dell’Interno all’inserimento del suo nominativo nella relativa graduatoria e quello della Difesa al riconoscimento dei benefici.

4. A seguito dell’appello dei ministeri, il G. rinunciò ad alcuni emolumenti. La Corte d’appello, con sentenza pubblicata il 25 giugno 2014, oltre a dare atto di tale rinuncia, escluse altri benefici (quello relativo all’assistenza psicologica garantita dallo Stato e all’erogazione di medicinali di classe C, per carenza di certificazione medica circa la necessità degli stessi) accogliendo sul punto l’appello. Affermò inoltre che quelli residui rimanevano subordinati al raggiungimento di un’utile posizione in graduatoria, considerato che ogni anno viene fissato un tetto di spesa e occorre che l’avente diritto iscritto nell’elenco si collochi in una posizione coperta finanziariamente.

5. Contro tale decisione i ministeri hanno proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi.

6. Il G. si e difeso con controricorso, memoria e note depositate in udienza a seguito della requisitoria del PG.

7. Con il primo motivo i ministeri denunziano violazione dell’art. 103 Cost., comma 1, e art. 7 c.p.a., comma 4, riproponendo l’eccezione di difetto di giurisdizione dell’AGO in favore del giudice amministrativo formulata nei gradi di merito. Contestano che si tratti di benefici assistenziali ex art. 442 c.p.c. e sostengono trattarsi di posizioni soggettive derivanti da obbligazioni di natura contrattuale rientranti in un rapporto di lavoro pubblico non contrattualizzato.

8. La tesi non può essere condivisa, in quanto si è in presenza di un diritto soggettivo e si verte in materia di assistenza.

9. La normativa di riferimento è dettata dalla L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, commi 562 – 565 che hanno esteso i benefici previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo a tutte quelle che vengono definite “vittime del dovere”.

10. La definizione di questa categoria di persone si rinviene nel comma 563, che così si esprime: “per vittime del dovere devono intendersi i soggetti di cui alla L. 13 agosto 1980, n. 466, art. 3 è in genere, gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subito un’invalidità permanente in attività di servizio o nell’espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi: a) nel contrasto ad ogni tipo di criminalità; b) nello svolgimento di servizi di ordine pubblico; c) nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari; d) in operazioni di soccorso; e) in attività di tutela della pubblica incolumità; f) a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteri di ostilità”.

11. Il successivo comma 564 amplia ulteriormente l’area, disponendo: “sono equiparati ai soggetti di cui al comma 563 coloro che abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegue il decesso in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative”.

12. Il comma successivo affida ad un regolamento da emanare entro novanta giorni il compito di disciplinare “i termini e le modalità per la corresponsione delle provvidenze” ai soggetti prima indicati o ai familiari superstiti. Il regolamento è stato emanato con D.P.R. 7 luglio 2006, n. 243, che non si è limitato a disciplinare termini e modalità, ma ha compiuto una serie di precisazioni in ordine alla definizione di “benefici e provvidenze” e di “missioni”.

13. Alla luce di questa normativa, deve affermarsi che quello configurato dal legislatore è un diritto soggettivo e non un interesse legittimo, in quanto, in presenza dei requisiti richiesti, i soggetti prima indicati, o i loro familiari superstiti, hanno una posizione giuridica soggettiva nei confronti di un’amministrazione pubblica priva di discrezionalità in ordine alla decisione di erogare o meno le provvidenze ed in ordine alla misura delle stesse (su questa medesima linea si sono espresse, in relazione a norme di analogo contenuto, Cass. 18 dicembre 2007, n. 26626 e 29 agosto 2008, n. 21927).

14. i sostiene che elementi di discrezionalità si rinverrebbero nella disciplina che regola l’attività del Comitato di verifica cui la normativa richiamata (D.P.R. n. 90 del 2010, artt. 1079 e ss codice dell’ordinamento militare) affida il compito di formulare un parere medicolegale in ordine al riconoscimento della dipendenza delle infermità invalidanti o del decesso da causa di servizio. Ma dall’analisi di tale disciplina emerge che il comitato non ha discrezionalità nello svolgere il suo compito di accertare la dipendenza da cause di servizio e deve applicare criteri e modalità precisate dalla legge per la determinazione dell’invalidità permanente. L medesima normativa, poi, prevede che l’amministrazione “in conformità al giudizio espresso dalle commissioni mediche ospedaliere nonchè al parere del comitato di verifica” adotta il provvedimento di attribuzione del beneficio e ne cura la liquidazione, senza introdurre elementi di discrezionalità.

15. Nè un filtro discrezionale può essere desunto dal limite massimo di dieci milioni di Euro all’anno, a decorrere dal 2006, previsto per la spesa finalizzata all’estensione dei benefici (L. 466 del 2005, comma 562), in quanto l’apposizione di un tetto alla spesa annua può giustificare il mancato accoglimento delle domande qualora il limite sia stato raggiunto e non vi siano più fondi, ma non discrezionalità nella erogazione del beneficio.

16. Fissato il punto decisivo costituito dal fatto che si è in presenza di un diritto soggettivo e non di un interesse legittimo, deve poi rilevarsi che tale diritto non rientra nello spettro di diritti e doveri che integrano il rapporto di lavoro subordinato dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche. Si tratta infatti di un diritto che si colloca fuori e va al di là di tale rapporto, contrattualizzato o meno che esso sia, potendo riguardare anche soggetti che con la amministrazione non abbiano un rapporto di lavoro subordinato, ma abbiano in qualsiasi modo svolto un servizio.

17. Come si è visto, la norma di riferimento è la L. n. 266 del 2005, comma 564 che estende la disciplina dettata per i dipendenti pubblici (dalla L. n. 466 del 1980, comma 563) anche a “coloro” che abbiano subito infermità dipendenti da causa di servizio, delineando un’area che si estende al di là del rapporto di impiego pubblico e che ingloba, ad esempio, i militari di leva, o che potrebbe estendersi a forme regolate di volontariato, prevedendo diritti anche in favore loro o dei familiari superstiti.

18. Come si è sottolineato in dottrina, si è in presenza di un diritto di natura prevalentemente assistenziale volto a prestare un ausilio a chi abbia subito un’infermità o la perdita di una persona cara a causa della prestazione di un servizio in favore di amministrazioni pubbliche da cui siano derivati particolari rischi. Quindi la competenza è regolata dall’art. 442 c.p.c. e la giurisdizione è del giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro e dell’assistenza sociale. Il primo motivo è quindi infondato.

19. Con il secondo motivo i ministeri denunziano un’errata interpretazione della L. n. 266 del 2005, art. 1, commi 563 e 564 e del D.P.R. n. 246 del 2006, laddove la CA ha accolto una nozione estensiva di missione comprensiva di ogni attività anche addestrativa e di esercitazione, idonea ad esporre il militare ad un rischio superiore a quello ordinario.

20. Anche questo motivo non può essere accolto. Come si è visto, la disposizione di riferimento è quella dettata dal comma 564, per il quale il diritto previsto dal comma 563 è esteso a “coloro che abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, “in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative.

21. I giudici di merito hanno accertato in fatto che il militare di leva si è ferito durante una esercitazione notturna, consistente nella simulazione di un combattimento tra due gruppi militari contrapposti con l’uso di bombe a mano, una delle quali, quella che colpì il G., a causa di un errore commesso da altro militare di leva preposto agli armamenti, invece di essere inoffensiva era carica.

22. Il problema è allora quello di stabilire se questo tipo di situazione possa rientrare nel concetto di missione delineato dall’art. 1, comma 564, più volte richiamato.

23. La norma parla di “missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionalì. In questo modo il legislatore mostra di intendere il concetto di missione in senso estensivo, tanto con riferimento ai luoghi (dentro e fuori dai confini nazionali), quanto, e soprattutto, con riferimento alle tipologie e modalità (“missioni di qualunque natura”).

24. Nel concetto di missioni “di qualunque natura” rientra certamente anche l’affidamento dell’incarico di partecipare ad un’esercitazione nel corso del periodo di addestramento.

25. Il legislatore, però, aggiunge che le infermità contratte “in occasione o a seguito” della missione devono essere “dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative”.

26- Anche su questo punto l’interpretazione della legge fornita dalla Corte di merito deve essere condivisa, perchè l’esercitazione che in sè avrebbe comportato il rischio ordinario di una esercitazione militare, ha determinato il ferimento del militare a causa delle particolari condizioni operative determinatesi in seguito al grave errore organizzativo consistito) nell’utilizzazione di una bomba a mano armata, in luogo di quella inerte. La particolarità delle condizioni ambientali ed operative, può sicuramente consistere anche in una situazione venutasi a creare nel corso della missione e non preventivamente determinata.

27. Questa interpretazione trova conferma nel regolamento di attuazione (D.P.R. n. 243 del 2006), il cui art. 1, lett. c), specifica che per particolari condizioni ambientali ed operative si intendono le condizioni comunque implicanti l’esistenza “o anche il sopravvenire di circostanze straordinarie ” che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto.

28. E’ una lettura della norma già formulata dalla sezione lavoro in una decisione che ha portato ad una soluzione opposta a causa della diversità del caso, che si caratterizzava per il fatto che il rischio era quello tipico di un’attività di addestramento con armi nella quale i compiti affidati con la missione di addestramento non si erano complicati per l’esistenza o il sopravvenire di circostanze ed eventi straordinari, ulteriori rispetto al rischio tipico” (Cass., 24 giugno 2015, n. 13114), complicazione che invece è riscontrabile nel caso in esame.

29. Deve pertanto respingersi il ricorso nei confronti della sentenza della Corte di Brescia, così come, in applicazione delle medesime scelte ermeneutiche, la sezione lavoro ha respinto il ricorso (in quel caso del militare) nella controversia che ha portato alla decisione 13114/2015, anch’essa decisa nel merito da quella Corte.

30. Segue la condanna dei ricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente. Non sussistono invece i presupposti per il pagamento di importi a titolo di contributo unificato a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ministeri ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, liquidandole, complessivamente, in 3.000,00 Euro per compensi professionali, oltre 15% per spese forfetarie ed accessori.

Così deciso in Roma, il 13 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2016

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