Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23395 del 17/11/2016


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Cassazione civile sez. un., 17/11/2016, (ud. 03/11/2015, dep. 17/11/2016), n.23395

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Primo Presidente f.f. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente Sezione –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8796/2014 proposto da:

CANTINA M. DI M.B. & C. SOCIETA’ AGRICOLA

S.S., in persona del legale rappresentante pro tempore,

BO.SE. in proprio e nella qualità di legale rappresentante sia

della AZIENDA AGRICOLA BO.SE. S.S. sia, insieme alla sig.ra

BO.AN. – della BO. FRATELLI SERIO & BA. S.A.S.,

AZIENDA AGRICOLA B.G. & FIGLI S.S. DI B.M.,

G. ED E., in persona del sig. B.G., F.M.,

S.L., SC.PI.LU., TENUTA CARRETTA S.R.L., in

persona del sig. G.R., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA DEI GRACCHI 20, presso lo studio dell’avvocato MADDALENA

FERRAIUOLO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MARCO CASAVECCHIA, per delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI, in persona del

Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

e contro

R.G., CERETTO S.S., C.A., A.E.,

C.P.E., D.G., DR.AM., PODERI EINAUDI

S.R.L., COMUNE DI BAROLO;

– intimati –

CANTINE DEI MARCHESI DI BAROLO S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

G.P. DA PALESTRINA 19, presso lo studio degli avvocati DOMENICO

TOMASSETTI, DUILIO CORTASSA, MARCO PROSPERETTI, che la rappresentano

e difendono, per delega a margine del controricorso e ricorso

incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

CANTINA M. DI M.B. & C. SOCIETA’ AGRICOLA

S.S., elettivamente domiciliata e difesa come sopra;

– controricorrenti all’incidentale –

e contro

BO.SE. in proprio e nella qualità di legale rappresentante

della BO. FRATELLI S. E BA. S.P.A. e dell’AZIENDA

AGRICOLA BO.SE. S.S., AZIENDA AGRICOLA B.G. &

FIGLI S.S. DI B.M., F.M., S.L.,

SC.PI.LU., TENUTA CARRETTA S.R.L., MINISTERO DELLE

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI, COMUNE DI BAROLO,

R.G. in proprio e nella qualità di titolare dell’AZIENDA

AGRICOLA R.G., DR.AM.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4883/2013 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 03/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/11/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIO GRECO;

uditi gli avvocati Maddalena FERRAIUOLO, Marco CASAVECCHIA, Domenico

TOMASSETTI, Duilio CORTASSA, CORSINI Isabella dell’Avvocatura

Generale dello Stato;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbito il ricorso incidentale condizionato.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Ta Cantina M. di M.B. & C. Società Agricola s.s. e altri undici proprietari e conduttori di terreni in Barolo, Cuneo, nella zona vinicola “(OMISSIS)”, impugnarono davanti al Tribunale amministrativo regionale del Tazio il D.M. 30 settembre 2010, recante le modifiche del disciplinare di produzione dei vini a denominazione di origine controllata e garantita (OMISSIS), nella parte in cui aveva consentito che la detta denominazione potesse essere seguita da menzioni geografiche aggiuntive.

I ricorrenti ritenevano infatti ingiustificata l’estensione della menzione “(OMISSIS)” anche a zone di produzione che (OMISSIS) non sono, chiamandosi, ad esempio, “(OMISSIS)” oppure “(OMISSIS)”, e non invece, rispettivamente, “(OMISSIS) o (OMISSIS)” oppure “(OMISSIS) o (OMISSIS)”.

Nel giudizio intervennero, per l’accoglimento del ricorso, il Comune di Barolo e R.G., e per il suo rigetto la società Cantine dei Marchesi di Barolo.

Il giudice amministrativo accolse la domanda sul rilievo che le denominazioni geografiche individuate dal decreto ministeriale confondevano le denominazioni assegnate alle diverse zone, comportando confusione per il consumatore, e quindi violando la ratio della normativa comunitaria e nazionale in materia.

Il Consiglio di Stato, adito in appello dal Ministero delle politiche agricole e forestali, ricostruito il quadro normative di riferimento, segnatamente con riguardo alla disciplina delle sottozone e delle indicazioni geografiche aggiuntive nella legislazione nazionale, dettata prima dalla L. 10 febbraio 1992, n. 164, e successivamente dal D.Lgs. 8 aprile 2010, n. 61, recante tutela delle denominazioni d’origine e delle indicazioni geografiche dei vini, in attuazione della L. 7 luglio 2009, n. 88, art. 15, e chiarita la funzione dell’indicazione geografica aggiuntiva, ha accolto il gravame: “considerato che l’obiettivo primario” della normativa comunitaria e nazionale “è quello di evitare confusioni fra i consumatori e che lo scopo della contestata previsione del d.m. impugnato era proprio quello di evitare la confusione che si sarebbe potuta creare costringendo alcuni produttori, come le Cantine Marchesi di Barolo, ad utilizzare (necessariamente) nell’etichetta una indicazione geografica aggiuntiva ((OMISSIS)), laddove avrebbe potuto alimentare confusione fra gli operatori e (soprattutto) nei consumatori”, il giudice d’appello ha reputato che il d.m. impugnato non poteva ritenersi emanato in carenza di istruttoria o fosse illogico, come ritenuto dal TAR.

Nei confronti della decisione hanno proposto ricorso per cassazione, sulla base di un complesso motivo, illustrato con successiva memoria, la Cantina M. di M.B. & C. Società Agricola s.s., Serio BO., l’Azienda Agricola BO.SE. s.s., BO. Fratelli Serio & Ba. s.a.s., la Azienda Agricola B.G. & Figli s.s. di B.M., G. ed E., F.M., S.L., Sc.Pi.Lu., e la Tenuta Carretta s.r.l.

Resistono con controricorso, illustrato con memoria, il Ministero delle politiche agricole e forestali e la Cantina dei Marchesi di Barolo spa, che propone ricorso incidentale condizionato.

I ricorrenti principali resistono al ricorso incidentale con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il ricorso principale viene denunciata “violazione delle norme sulla giurisdizione (art. 111 Cost., art. 362 c.p.c., D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, artt. 7, 91, 110 e ss.), eccesso di potere giurisdizionale”. I ricorrenti lamentano che il giudice d’appello abbia superato i limiti della generale giurisdizione di legittimità, estendendo la propria giurisdizione al merito della vicenda, sostituendosi alle valutazioni proprie dell’amministrazione, effettuando una comparazione tra l’interesse commerciale di un singolo soggetto e l’interesse pubblico alla corretta denominazione dei prodotti, e quindi alla corrispondenza di questa con i luoghi da essa indicati; deducono poi diniego di giurisdizione lamentando che avverso il decreto sarebbe stata dedotta anche una questione procedurale, vale a dire la mancanza dell’impulso dei produttori interessati per la modifica del disciplinare, che era stata dichiarata assorbita dal TAR ma poi non esaminata dal Consiglio di Stato, che pure, accogliendo l’impugnazione, aveva rigettato il ricorso di primo grado e confermato il decreto ministeriale opposto.

Con il ricorso incidentale condizionato la Cantine Marchesi di Barolo censura la sentenza impugnata per avere, confermando sul punto la sentenza del TAR, affermato la giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia, contestata in primo grado ed in appello.

Con riguardo alla prima doglianza del ricorso principale il Collegio osserva che la valutazione della portata della nozione dell’indicazione geografica aggiuntiva, quale è dato rilevare dal decreto ministeriale impugnato, è condotta dal Consiglio di Stato alla stregua della ricostruzione normativa operata, ed i richiami a fattispecie concrete hanno valore esemplificativo, anche con riguardo alle modalità di emersione della specifica problematica.

Secondo l’insegnamento di questa Corte, “le decisioni del giudice amministrativo sono viziate per eccesso di potere giurisdizionale e, quindi, sindacabili per motivi inerenti alla giurisdizione, laddove detto giudice, eccedendo i limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato e sconfinando nella sfera del merito (riservato alla P.A.), compia una diretta e concreta valutazione della opportunità e convenienza dell’atto, ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell’annullamento, esprima la volontà dell’organo giudicante di sostituirsi a quella dell’Amministrazione, così esercitando una giurisdizione di merito in situazioni che avrebbero potuto dare ingresso soltanto a una giurisdizione di legittimità (dunque, all’esercizio di poteri cognitivi e non anche esecutivi) o esclusiva o che comunque ad essa non avrebbero potuto dare ingresso; tale sindacato è esercitabile dalla S.C. anche quando è posta in discussione la possibilità stessa, nella situazione data, di fare ricorso a quella speciale forma di giurisdizione di merito che è la giurisdizione di ottemperanza” (Cass., sez. un., 9 novembre 2011, n. 23302; 15 marzo 1999, n. 137).

Con la seconda doglianza i ricorrenti denunciano a ben vedere un’omessa pronuncia. In proposito questa Corte ha affermato che “il ricorso avverso la sentenza del Consiglio di Stato con il quale si deduce l’omessa pronuncia sulla domanda di risarcimento dei danni, può integrare motivo inerente alla giurisdizione, denunciatile ai sensi dell’art. 362 c.p.c., solo se il rifiuto della giurisdizione è giustificato dalla ritenuta estraneità della domanda alle attribuzioni giurisdizionali del giudice amministrativo, non quando si prospettino come omissioni dell’esercizio del potere giurisdizionale errori “in iudicando” o “in procedendo” (Cass. sez. un., 26 gennaio 2009, n. 1853); “il ricorso col quale venga denunciato un rifiuto di giurisdizione da parte del giudice amministrativo rientra fra i motivi attinenti alla giurisdizione, ai sensi dell’art. 362 c.p.c., soltanto se il rifiuto sia stato determinato dall’affermata estraneità alle attribuzioni giurisdizionali dello stesso giudice della domanda, che non possa essere da lui conosciuta” (Cass., sez. un. 8 febbraio 2013, n. 3037).

In conclusione, il ricorso principale deve essere dichiarato inammissibile, assorbito l’esame del ricorso incidentale condizionato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

Sussistono, infine, i presupposti per dare atto, ai sensi del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso principale inammissibile, assorbito l’esame del ricorso incidentale condizionato.

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 5.000 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 3 novembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2016

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