Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23392 del 06/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 06/10/2017, (ud. 02/12/2016, dep.06/10/2017),  n. 23392

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17168/2015 proposto da:

D.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CAIO MARIO 7,

presso lo studio dell’avvocato MARIA TERESA BARBANTINI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato NICOLA ZAMBON;

– ricorrente –

contro

D.E., D.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

PO, presso lo studio dell’avvocato GUIDO BUFFARINI GUIDI,

rappresentati e difesi dall’avvocato GIOVANNI SAMBO;

– controricorrenti –

e contro

D.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 19917/2014 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, depositata il 22/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/12/2016 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito l’Avvocato ZAMBON Nicola, difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti;

udito l’Avvocato SAMBO Giovanni difensore dei resistenti che si

riporta agli atti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

revocazione, inammissibilità ricorso per cassazione.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 19917 del 22 settembre 2014 la Corte di Cassazione ha dichiarato improcedibile il ricorso (rg 10648/08) proposto da D.I. contro D.A., E. e L., per impugnare la sentenza della Corte di appello di Venezia n. 1072 del 22 agosto 2007.

Ha rilevato che parte ricorrente non aveva prodotto l’avviso di ricevimento della notifica della sentenza “effettuata direttamente al difensore della parte destinataria della notifica stessa”.

Con ricorso datato 11 giugno 2015 il ricorrente ha chiesto la revocazione della sentenza 19917 per errore di fatto.

Gli intimati hanno svolto difese sull’ammissibilità del ricorso, ma hanno comunque dichiarato di rimettersi al giudizio del Collegio.

A seguito di esame preliminare, è stata fissata direttamente la pubblica udienza.

Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2) Il ricorso per revocazione è ammissibile e fondato.

Infondatamente gli intimati hanno eccepito l’inammissibilità per carenza dei quesiti ex art. 366 bis c.p.c.. Tale norma è stata abrogata per i ricorsi, come quello in esame, avverso provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore della L. n. 69 del 2009.

L’errore denunciato ha natura di errore di fatto.

Parte ricorrente rileva infatti che essa non era mittente, ma destinataria della notifica della sentenza impugnata, cosicchè non poteva produrre l’avviso di ricevimento della notifica.

La Corte di Cassazione è stata tratta in inganno verosimilmente dalla enunciazione, contenuta in principio ricorso, che la sentenza era stata “notificata in data 14 febbraio 2008” e ha creduto che questa frase costituisse allegazione di aver effettuato la notifica, della quale ha cercato invano, non potendolo trovare, l’avviso di ricevimento. Per contro la verifica completa della relata di notifica del documento (all. 1 del ricorso 10648/08) avrebbe potuto rivelare che D.I. era destinatario della notifica.

3) Va quindi revocata la sentenza 19917/2014 e si deve dar corso alla fase rescissoria, cioè a nuovo esame del ricorso 10648.

4) A seguito della declaratoria, in primo grado, di cessazione della materia del contendere, il residuo contrasto concerne le spese di causa, che tra le odierne parti sono state compensate dal giudice di primo grado (sentenza 22/2003 del Tribunale di Rovigo), ma che il giudice di appello (sentenza 1072/07) ha posto a carico di D.I. per entrambi i gradi di giudizio.

4.1) La controversia era nata dalla rinuncia all’eredità di D.V., dichiarata da D.P.. Il creditore D.I. ha impugnato la rinuncia e con successiva citazione ha evocato in giudizio, poi riunito al principale, gli altri eredi di V., ai quali era devoluta l’eredità per la parte rinunciata dal loro fratello P..

Quest’ultimo ha poi revocato la propria rinuncia all’eredità, causando la cessazione della materia del contendere.

Di qui il regolamento delle spese riassunto sub 4.

La Corte di appello ha ritenuto che la domanda con cui il creditore esercita l’impugnazione ex art. 524 c.c., deve essere proposta e trascritta nei confronti del successivo chiamato al quale l’eredità è devoluta per effetto della rinunzia, per poter risolvere il conflitto tra creditori ed eredi successivi in favore dei primi. Ha rilevato che il creditore I. non aveva trascritto la domanda contro gli odierni intimati e lo ha quindi condannato alla refusione delle spese. 5) Secondo la sintesi fatta da Cass. 19917/14, il ricorrente con riguardo a questo profilo ha dedotto due motivi:

a) violazione e falsa applicazione dell’art. 524 c.c. e art. 2652 c.c., n. 1, laddove la Corte di Appello dopo aver affermato, la sussistenza della legittimazione passiva dei chiamati all’eredità che avevano accettato in luogo del rinunciante, aveva ritenuto che tale legittimazione fosse condizionata alla concreta trascrizione della domanda, non tenendo conto che l’art. 2651 c.c., n. 1, prevedeva solo la facoltà di trascrizione.

La censura si conclude con il quesito: “se l’effettiva trascrizione della domanda giudiziale, ex art. 524 c.c. e art. 2652 c.c., n. 1, sia condizione necessaria per la sussistenza della legittimazione passiva dei chiamati all’eredità in luogo del debitore rinunciante, o se piuttosto tale legittimazione passiva, discendente dalla facoltà per il creditore di trascrivere la domanda ai sensi dell’art. 2652 c.c., n. 1, onde assicurarsi l’opponibilità della futura sentenza ad eventuali terzi aventi causa dei chiamati in luogo del debitore rinunciante, come affermato da codesta Suprema Corte, sez. 3^, con sentenza 15.10.n. 15468, prescinda dall’effettiva concreta trascrizione, la quale sia un posterius e comunque una facoltà che il creditore-attore possa esercitare in base all’andamento del giudizio ed all’eventuale effettivo delinearsi di un concreto pericolo di alienazione”;

b) omessa motivazione circa il fatto se sia o meno avvenuta la trascrizione della domanda giudiziale nei confronti di D.A., D.E. e D.L.; il giudice di appello aveva omesso di motivare sul fatto che D.I. non avesse trascritto, nei confronti di D.A., E. e L., la domanda di impugnazione della rinuncia di D.P. all’eredità relitta dal padre, omettendo di esaminare il documento decisivo (prodotto con la memoria ex art. 183 c.p.c., depositata in primo grado il 7.3.2001, da cui risultava la trascrizione anche del secondo atto di citazione, ossia di quello notificato il 13.11.1999 nei confronti anche di D.A., E. e L.; la Corte veneziana non aveva, inoltre, valutato il comportamento processuale delle parti, attestante che l’avvenuta trascrizione della domanda suddetta costituiva circostanza pacifica fra le parti.

5.1) Il secondo motivo, che pone la questione della effettiva sussistenza o meno della trascrizione, è potenzialmente assorbente.

Sul punto parte controricorrente ha eccepito in primo luogo la mancata formulazione del quesito di diritto. L’eccezione è infondata, perchè con riguardo alle censure per vizio di motivazione non era necessario il quesito di diritto, ma la presenza di un momento di sintesi del motivo, che costituisse chiara indicazione del fatto controverso.

Nella specie il ricorso del 2008 era ineccepibile, poichè a pag. 16 i tre capoversi conclusivi del motivo, che iniziavano con le parole “Era dunque circostanza… pacifica in causa l’avvenuta trascrizione della domanda….”, costituivano un perfetto momento di sintesi ex art. 366 bic c.p.c..

5.2) La censura è fondata, perchè sussisteva l’omesso esame del documento decisivo recante la trascrizione della domanda giudiziale, descritto in ricorso. Inoltre la difesa del ricorrente si era riferita alla seconda citazione e alla sua trascrizione, anch’essa in atti unitamente alla memoria ex art. 184 c.p.c., depositata il 15 giugno 2001.

Era dunque già sufficiente l’esame di questa documentazione per smentire quanto creduto dalla Corte di appello.

Vane sono quindi le sfuggenti difese del controricorso (v. specialmente pag. 8) che si interroga elusivamente sulla esistenza o meno della trascrizione.

Non può dirsi che si tratta di vizio revocatorio, poichè è mancata la valutazione anche delle altre deduzioni in argomento svolte in causa, ulteriormente valorizzate dal ricorso (pag. 14-15).

L’accoglimento del secondo motivo comporta l’assorbimento del primo, relativo agli aspetti teorici della necessità della trascrizione, poichè a questo punto il limite posto dalla Corte di appello alle ragioni dell’attore è comunque superato.

6) Il terzo motivo del ricorso per cassazione di D.I. denuncia violazione degli artt. 100 e 339 c.p.c. e nullità della sentenza per insanabile contraddittorietà della motivazione in ordine alla dichiarata inammissibilità dell’appello incidentale subordinato che concerneva l’avvenuta compensazione delle spese di primo grado.

La Corte di appello ha rilevato che Ivano chiedeva un’espressa compensazione delle spese di primo grado di giudizio. La Corte ha risposto che la compensazione era “sostanzialmente già contenuta nella decisione oggetto di gravame”, che si era pronunciata con la formula “nulla sulle spese”. Ha dunque ritenuto che fosse carente di interesse.

Ivano sostiene che vi era invece un suo interesse “ad una pronuncia in positivo di compensazione delle spese di lite”, sulla base di una ratio diversa da quella fissata dal primo giudice nel provvedere sulle spese, ratio che è stata di fatto accolta dalle tesi della Corte di appello sulla legittimazione passiva dei convenuti.

Il motivo va pertanto respinto in applicazione del seguente principio di diritto: “allorquando la sentenza di appello abbia confermato la decisione di primo grado in base ad una diversa motivazione, non possono sindacarsi in sede di ricorso per cassazione le statuizioni contenute nella pronuncia di primo grado e i relativi motivi di impugnazione sono inammissibili sotto il profilo del difetto di interesse ai sensi dell’art. 100 c.p.c.” (Cass. 3986/99; 27391/05).

7) L’accoglimento del secondo motivo del ricorso per cassazione n. 10648/08 comporta la cassazione della sentenza d’appello e la decisione dell’appello di D.A., E. e L., ai sensi dell’art. 384 c.p.c., nel senso del rigetto del gravame da essi proposto. E’ venuto meno il fondamento unico della decisione, senza che vi sia necessità di ulteriori accertamenti di fatto.

7.1) Le spese del giudizio di appello possono essere compensate integralmente tra le parti, giacchè la contesa sulle spese di lite è sorta a seguito di cessazione della materia del contendere determinata dal comportamento sostanziale e processuale di altro soggetto (Patrizio). Ciò ha comportato l’esame di una questione (la legittimazione passiva ex art. 524 c.c.) che giustificava il gravame, per la novità della questione, risolta dalla Corte di appello sulla base di un raro precedente risalente al 2003.

8) Le spese del giudizio di cassazione, tenendo conto del modesto valore della controversia sulle spese e del fatto che il ricorso per revocazione è stato determinato dalla svista sopradescritta, si liquidano a carico dei soccombenti, odierni resistenti, come in dispositivo.

Non v’è ovviamente luogo per applicare il disposto di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto della L. L. n. 228 del 2012, art. 1,comma 17.

PQM

 

La Corte revoca la sentenza n. 19917/2014 di questa Corte.

Accoglie il secondo motivo del ricorso per cassazione n. 10648/08; dichiara assorbito il primo; rigettato il terzo.

Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’appello principale e compensa tra le odierne parti le spese del giudizio di appello. Condanna D.A., E. e L. alla refusione al ricorrente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 2.500 per compenso, Euro 200 per esborsi, oltre accessori di legge, rimborso delle spese generali (15%).

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 2 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2017

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