Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23388 del 16/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 16/11/2016, (ud. 10/06/2016, dep. 16/11/2016), n.23388

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22483-2013 proposto da:

T.A.M.G., (OMISSIS), T.S. (OMISSIS),

T.G. (OMISSIS), tutti nella qualità di amministratori, soci e

fideiussori della ditta SICILSONDE SNC di M.T. & Figli,

elettivamente domiciliati in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 86,

presso lo studio dell’avvocato EMILIO STERPETTI, rappresentati e

difesi dall’avvocato NICOLA MESSINA giusta procura speciale in calce

al ricorso;

– ricorrenti –

contro

UNICREDIT SPA, in persona del Dirigente Responsabile, elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA DEL FANTE 2, presso lo studio

dell’avvocato GIOVANNI PALMERI, rappresentata e difesa dall’avvocato

LUCIANO PIAZZA giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

BANCO DI SICILIA SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 296/2013 della CORTE D’APPELLO di PALERMO del

18/01/2013, depositata il 27/02/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ANDREA SCALDAFERRI.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1. E’ stata depositata in Cancelleria la seguente relazione: “Il consigliere relatore, letti gli atti depositati, rilevato che G., S. e T.A.M.G., in qualità di soci e fideiussori della Sicilsonde s.n.c. di M.T. e figli, hanno proposto ricorso per cassazione della sentenza, depositata il 27 febbraio 2013, con la quale la Corte d’appello di Palermo ha, in parziale riforma della sentenza di primo grado e in accoglimento dell’appello incidentale del Banco di Sicilia, revocato la declaratoria di nullità di clausole anatocistiche dei rapporti di conto corrente tra gli odierni ricorrenti ed il Banco e confermato nel resto la sentenza impugnata;

che resiste con controricorso Unicredit s.p.a., che con atto del 19.10.2010 ha incorporato Banco di Sicilia spa;

considerato che la Corte palermitana, in accoglimento del primo motivo di appello incidentale del Banco di Sicilia ritenuto pregiudiziale rispetto a tutte le altre censure afferenti la nullità di clausole del contratto di conto corrente, ha ritenuto che la transazione (o negozio bilaterale di accertamento), dalla Corte stessa ravvisata nel mutuo di consolidamento stipulato dalle parti al fine di rateizzare la esposizione maturata a carico della correntista, impedisca alle parti stesse di rimettere in discussione la sussistenza e l’entità dei debiti consolidati, non avendo peraltro gli odierni ricorrenti proposto domanda di annullamento di tale contratto di consolidamento ex art. 1972 c.c., comma 2;

che con unico articolato motivo i ricorrenti denunciano la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, lamentando, da un lato, che la domanda di annullamento sarebbe da ritenersi compresa – come il più comprende il meno – nella domanda di “dichiarare nullo il mutuo di consolidamento in quanto in contrasto con la normativa di legge”, da essi proposta in primo grado e riprodotta nelle conclusioni dell’atto di appello; dall’altro, che la Corte distrettuale avrebbe omesso di considerare anche la nullità della commissione di massimo scoperto;

ritenuto che, sotto il primo profilo, la doglianza di omessa considerazione della domanda proposta dagli odierni ricorrenti pare non meritevole di accoglimento, atteso che: a) il solo contenuto delle conclusioni riportato in ricorso (non risultando peraltro depositato unitamente al ricorso l’atto di citazione in primo grado e l’atto di appello) pare confermare l’interpretazione espressa al riguardo dalla corte di merito, che ha qualificato tale domanda di nullità alla stregua del disposto dell’art. 1972 c.c., comma 1 (rilevandone puntualmente l’infondatezza per la non ricorrenza dei caratteri della illiceità nelle dedotte invalidità dei titoli costituenti oggetto di transazione) ed ha escluso che fossero stati dedotti i fatti costitutivi della domanda di annullamento alla stregua della norma richiamata;

che la questione relativa alla nullità appare implicitamente quanto rettamente ritenuta assorbita nelle ragioni della decisione, e d’altra parte nessuna censura specifica risulta sul punto formulata in ricorso; ritiene pertanto che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio a norma dell’art. 380 bis c.p.c. per ivi, qualora il collegio condivida i rilievi che precedono, essere rigettato”.

2. In esito alla odierna adunanza camerale, il Collegio, esaminate le difese delle parti, condivide le considerazioni esposte nella relazione, sì che il rigetto del ricorso si impone.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso in favore della controparte delle spese di questo giudizio, in Euro 4.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre spese generali forfetarie e accessori di legge. Dà inoltre atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2016

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