Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23387 del 23/10/2020

Cassazione civile sez. III, 23/10/2020, (ud. 02/07/2020, dep. 23/10/2020), n.23387

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. IANNELLI Domenico – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23168-2018 proposto da:

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE

FERRARI N 2, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PALANZA,

rappresentato e difeso dall’avvocato LEONARDO ROSA;

– ricorrente –

contro

MEDIOLANUM ASSICURAZIONI SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CICERONE 60, presso lo studio dagli avvocati STEFANO PREVITI, e

CARLA PREVITI, che la rappresentano e difendono nel presente

giudizio;

SARA ASSICURAZIONI SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, P.ZA

MARTIRI DI BELFIORE 2, presso lo studio degli avvocati GAETANO

ALESSI, e ROSARIO LIVIO ALESSI, che la rappresentano e difendono nel

presente giudizio;

– controricorrenti –

e contro

T.A., I. PETROLI SNC;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1026/2018 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 30/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/07/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. P.A., in proprio e nella qualità di erede di D. e G.C., ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 1026/18, del 30 maggio 2018, della Corte di Appello de L’Aquila, che – all’esito del giudizio di rinvio, conseguito alla sentenza di questa Corte n. 1870/13, del 28 gennaio 2013, che aveva annullato la sentenza n. 179/10, resa dalla stessa Corte aquilana – ha rigettato il gravame esperito dall’odierna ricorrente, e dal di lei coniuge G.C., nella parte in cui mirava a conseguire la condanna (anche) della società Sara Assicurazioni S.p.a., responsabile per la “RCA” del veicolo di proprietà di T.A., al risarcimento dei danni da essi subiti in relazione al sinistro stradale in cui perse la vita in (OMISSIS), il figlio degli allora appellanti, G.D..

2. Riferisce, in punto di fatto, la ricorrente di aver promosso unitamente al marito C., deceduto nelle more del giudizio – una causa risarcitoria, per il ristoro dei danni patiti in conseguenza della morte del figlio D., decesso intervenuto, nelle circostanze di tempo e luogo già sopra indicate, mentre viaggiava in qualità di terzo trasportato a bordo di un veicolo condotto da tale I.L., a seguito della collisione, secondo la prospettazione attorea, con un’autovettura parcheggiata in divieto di sosta, di proprietà del predetto T.A..

Gli allora attori, in particolare, convenivano in giudizio la società proprietaria dell’autovettura sulla quale viaggiava il figlio, la I. Petroli S.n.c., l’assicuratore per la “RCA”, società Mediolanum S.p.a., nonchè, unitamente al T., il suo assicuratore per la “RCA”, Sara Assicurazioni S.p.a. (d’ora in poi, “società Sara”).

Orbene, il Tribunale di Avezzano riconosceva la concorrente responsabilità dello I. (nella misura dell’80%) e dello stesso G. (nella residua misura del 20%, per non aver indossato la cintura di sicurezza), condannando le società I. Petroli e Mediolanum al risarcimento del danno, rigettando l’azione verso la società Sara.

Confermata dalla Corte di Appello de L’Aquila – che rigettava, sul punto, il gravame esperito dei coniugi P.- G. – la sentenza del primo giudice, in relazione alla reiezione della domanda verso la società Sara, sul presupposto della prescrizione del diritto azionato (e ciò sul rilievo che non potesse operare, nella specie, il maggior termine di prescrizione previsto per il reato di omicidio colposo), proposto ricorso per cassazione dalla P., questa Corte – con la citata sentenza n. 1870/13 – ha accolto il motivo di impugnazione relativo a tale statuizione, affermando come non potesse escludersi “a priori” l’operatività del termine ex art. 2947 c.c., comma 3, cassando la sentenza impugnata e rinviando alla stessa Corte territoriale, costituendo questione di merito stabilire se vi fosse stata, o meno, la concorrente responsabilità del T. nella causazione del sinistro.

In sede di giudizio di rinvio, tuttavia, la Corte aquiliana – con la sentenza oggi impugnata – rigettava la domanda risarcitoria proposta contro la società Sara, ravvisando l’esistenza di un giudicato in relazione all’esenzione di responsabilità del T..

3. La società Sara ha resistito, con controricorso, all’avversaria impugnazione, chiedendone la declaratoria di inammissibilità ovvero, in subordine, di infondatezza.

4. Entrambe le parti hanno depositato memoria, insistendo nelle proprie argomentazioni.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Con il primo motivo la ricorrente denuncia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – “nullità della sentenza”, nonchè “violazione e falsa applicazione di norme di diritto”, individuate negli artt. 336 e 384 c.p.c., oltre che negli artt. 1292,1310 e 2054 c.c., nonchè nella L. 24 dicembre 1992, n. 990, e ciò in relazione all’errato riconoscimento del giudicato interno sull’assenza di responsabilità del T..

La ricorrente assume che questa Corte – nel pronunciare la sentenza rescindente che ha cassato il precedente “dictum” del giudice di appello, e segnatamente nel riconoscere che il termine di prescrizione applicabile alla pretesa risarcitoria esercitata nei confronti del T. e della sua assicurazione fosse quello di cui all’art. 2947 c.c., comma 3, – avrebbe lasciato impregiudicata la questione sulla sussistenza della responsabilità del primo, giacchè, ove avesse invece escluso tale responsabilità, avrebbe dovuto decidere la causa nel merito ai sensi dell’art. 383 c.p.c., comma 2, rigettando la domanda anche in ossequio ai principi di economia processuale e di giusto processo.

In particolare, è richiamato il principio secondo cui, in ipotesi di annullamento con rinvio per violazione di norme di diritto, “la pronuncia della Corte di cassazione vincola al principio affermato e ai relativi presupposti di fatto, onde il giudice del rinvio deve uniformarsi non solo alla “regola” giuridica enunciata, ma anche alle premesse logico-giuridiche della decisione adottata”, e ciò “senza poter estendere la propria indagine a questioni che, pur se non esaminate nel giudizio di legittimità costituiscono il presupposto stesso della pronuncia di annullamento”, giacchè, diversamente, “si verrebbe a porre nel nulla o a limitare gli effetti della sentenza di cassazione, in contrasto col principio di intangibilità”.

Su tali basi, dunque, è innanzitutto ipotizzata la violazione e falsa applicazione degli artt. 384 e 336 c.p.c., per avere la Corte territoriale “ristretto l’ambito di applicazione del principio di diritto, enunciato da questa Corte, alla sola pregiudiziale di prescrizione, rifiutando ogni nuova valutazione sul merito della responsabilità giuridica del T. nel determinismo dell'”exitus””.

E’ denunciata, inoltre, la violazione della L. n. 990 del 1969, art. 26 secondo cui l’azione diretta che spetta al danneggiato nei confronti dell’assicuratore è soggetta al termine di prescrizione applicabile all’azione verso il responsabile, da individuarsi normalmente, “ex lege”, nel proprietario del mezzo coinvolto, e ciò ai sensi dell’art. 2054 c.c., comma 3; principi, questi, rimasti immutati anche dopo l’entrata in vigore del cosiddetto “codice delle assicurazioni private”. Senza tacere, poi, come l’art. 1310 c.c. stabilisca un vincolo di identità di effetti della prescrizione tra coobbligati solidali, ciò che depone, nuovamente, per la unicità delle posizioni dell’assicurato e del responsabile civile, essendo le stesse legate da un nesso di pregiudizialità dipendenza.

Su tali basi, pertanto, si ritiene che il giudice del rinvio, per ottemperare correttamente al principio di diritto enunciato da questa Suprema Corte, avrebbe dovuto dare rilievo alla unicità delle posizioni tra assicurato e assicuratore, riconoscendo come l’eccezione pregiudiziale sulla prescrizione investisse entrambe le posizioni, dispiegando effetti rescindenti anche rispetto a quei capi della decisione che riguardavano il merito della statuizione.

5.1. Il motivo è fondato.

Non sussiste alcun “giudicato interno” – come invece affermato dal giudice del rinvio – in relazione all’assenza di responsabilità del T., secondo quanto emerge dalla lettura degli atti di causa, alla quale questa Corte è abilitata, in ragione della natura di “error in procedendo” del vizio denunciato, rispetto al quale essa è anche giudice del “fatto processuale” (cfr., tra le altre, Cass. Sez.6-5, ord. 12 marzo 2018, n. 5971, Rv. 647366-01; ma nello stesso senso già Cass. Sez. Un., sent. 22 maggio 2012, n. 8077, Rv. 622361-01).

Invero, dalla lettura dell’atto di appello, allora proposto dall’odierna ricorrente, emerge come il gravame investisse la statuizione relativa sia alla dichiarata prescrizione del diritto al risarcimento del danno, sia all’esclusione della responsabilità del T.. Si legge, infatti, in tale atto che il Tribunale di Avezzano avrebbe errato “nel ritenere prescritta l’azione risarcitoria, nei confronti del proprietario dell’autovettura Volvo tg. (OMISSIS) Sig. T.A. (…), come pure erra il Tribunale gravato nel ritenere esente da responsabilità il Sig. T.A. (“recte”: A.) per carenza di istruttoria sul punto”.

Per parte propria, la decisione del giudice di appello – in evidente applicazione del principio “della ragione più liquida” – ha ritenuto di poter definire il giudizio ad esso devoluto mediante la sola affermazione relativa all’intervenuta prescrizione del diritto.

La pronuncia del Tribunale di Avezzano, dunque, risultava fondata su due “rationes decidendi”, ovvero l’esclusione della responsabilità del T. e, comunque, la prescrizione del diritto al risarcimento del danno, non potendo operare, al dire del primo giudice, il termine di prescrizione previsto di cui all’art. 2947 c.c., comma 3. Ambedue tali “rationes” risultavano gravate con appello dall’odierna ricorrente, e ciò, peraltro, doverosamente, alla stregua del principio secondo cui il “giudice di merito che, dopo avere aderito ad una prima “ratio decidendi”, esamini ed accolga anche una seconda “ratio”, al fine di sostenere la propria decisione, non si spoglia della “potestas iudicandi”, atteso che l’art. 276 c.p.c., distingue le questioni pregiudiziali di rito dal merito, ma non stabilisce, all’interno di quest’ultimo, un preciso ordine di esame delle questioni” (Cass. Sez. 3, ord. 13 giugno 2018, n. 15399, Rv. 649408-01), donde la necessità dell’impugnazione di entrambe, pena, altrimenti, l’inammissibilità dell’impugnazione; e ciò in forza del principio secondo cui, ove “la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza” (tra le molte, Cass. Sez. 6-5, ord. 18 aprile 2017, n. 9752, Rv. 643802-01).

Orbene, diversamente dalla decisione del primo giudice, quella adottata dalla Corte aquilana all’esito del gravame proposto dall’odierno ricorrente, risultava basata esclusivamente sulla dichiarazione di prescrizione del diritto, ponendosi le considerazioni sull’assenza di responsabilità del T. quali affermazioni compiute solo “ad abundantiam”.

Orbene, tale essendo il contenuto della decisione del secondo giudice, questa Corte, allorchè venne chiamata a pronunciarsi sul ricorso per cassazione indirizzato avverso di essa (adottando la sentenza rescindente che ha messo capo al giudizio di rinvio, all’esito del quale è stata resa la decisione oggi impugnata), non venne investita da motivi di impugnazione relativi alla responsabilità del T., il cui accertamento, difatti, essa ha lasciato impregiudicato, devolvendolo al giudice del rinvio, “costituendo (…) questione di merito valutare se sussista o meno la responsabilità penale concorrente prospettata dagli attori” (così si è espressa, testualmente, questa Corte). D’altra parte, eventuali ulteriori motivi di ricorso per cassazione, sul punto, sarebbero stati, allora, inammissibili, avendo “illo tempore” la Corte territoriale rigettato la domanda risarcitoria esclusivamente sulla base della ritenuta prescrizione del dritto, svolgendo solo quali “obiter dicta” rilievi in merito all’assenza di responsabilità del T., sicchè gli ipotetici motivi di ricorso, che fossero stati indirizzati avverso di essi, sarebbero stati destinati a declaratoria di inammissibilità, essendo “inammissibile, in sede di giudizio di legittimità, il motivo di ricorso che censuri un’argomentazione della sentenza impugnata svolta “ad abundantiam”, e pertanto non costituente una “ratio decidendi” della medesima” (da ultimo, Cass. Sez. 1, ord. 10 aprile 2018, n. 8775, Rv. 648883-01; nello stesso senso Cass. sez. Lav, sent. 22 ottobre 2014, n. 22380, Rv. 633495-01).

6. I motivi secondo e terzo – che rispettivamente denunciano, l’uno, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (vale a dire, la responsabilità del T.), anche “sub specie” di violazione degli artt. 336,384,112 e 116 c.p.c., nonchè, l’altro, violazione degli artt. 91,112,336 e 384 c.p.c., in ordine alla regolamentazione delle spese legali relative sia alla fase rescindente sia alla fase rescissoria, oltre che nullità della sentenza, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per ultrapetizione – restano assorbiti dall’accoglimento del primo motivo.

Quanto, in particolare, al motivo (il terzo) che investe l’assetto dato, dal giudice del rinvio, alle spese di lite, trova applicazione il principio in forza del quale la cassazione della sentenza travolge la pronuncia sulle spese “perchè in tal senso espressamente disposto dall’art. 336 c.p.c., comma 1, sicchè il giudice del rinvio ha il potere di rinnovare totalmente la relativa regolamentazione alla stregua dell’esito finale della lite” (Cass. Sez. 3, sent. 14 marzo 2016, n. 4887, Rv. 639295-01).

7. All’accoglimento del primo motivo di ricorso segue la cassazione, in relazione, della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello de L’Aquila, in diversa composizione, per la decisione nel merito, oltre che per la liquidazione delle spese anche del presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiarando assorbiti il secondo e il terzo.

Cassa, in relazione, la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello de L’Aquila, in diversa composizione, perchè decida nel merito, oltre che per la liquidazione delle spese anche del presente giudizio.

Così deciso in Roma, all’esito di adunanza camerale della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 2 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2020

 

 

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