Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23386 del 23/10/2020

Cassazione civile sez. III, 23/10/2020, (ud. 02/07/2020, dep. 23/10/2020), n.23386

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1607-2019 proposto da:

C.M., in proprio e quale erede di

C.F., considerato domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE

ORESTE FIORENZA;

– ricorrente –

e contro

TUA ASSICURAZIONI SPA, CA.SA., ALLIANZ SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 305/2018 della CORTE D’APPELLO di 2020

CALTANISSETTA, depositata in data 1/06/2018;

764 udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

del 2/07/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Nel 2005, L.C., C.P. e C.M., in proprio e nella qualità di eredi di C.F., convennero in giudizio Ca.Sa. e la Unione Assicurazione S.p.a. per sentirli condannare al risarcimento dei danni sofferti, sia iure proprio, sia iure hereditatis, in seguito all’incidente avvenuto in (OMISSIS), S.S. (OMISSIS) tra le auto condotte e di proprietà rispettivamente del proprio congiunto C.F. (deceduto in conseguenza delle lesioni gravissime riportate in tale sinistro) e di Ca.Sa..

Esposero gli attori che C.F., mentre era alla guida della Fiat Punto di sua proprietà, provenendo da una strada interpoderale e dopo aver dato precedenza ai veicoli transitanti da destra e sinistra, si era immesso nella S.S. (OMISSIS) e, giunto al centro della carreggiata, era andato a collidere con la Peugeot condotta da Ca.Sa.. A seguito dell’impatto C.F. aveva riportato lesioni personali gravissime per le quali era deceduto durante il trasporto al nosocomio di (OMISSIS).

Affermarono gli attori che l’esclusiva responsabilità, nella determinazione dell’evento, doveva imputarsi al Ca., che procedeva a velocità sostenuta nonostante il limite imposto da apposito segnale, impegnando il centro della carreggiata ed omettendo di rallentare in prossimità di un’intersezione stradale ben segnalata.

A sostegno delle loro ragioni, gli attori rappresentarono la pendenza, per l’incidente de quo, di un processo penale a carico di Ca.Sa. per il reato di cui all’art. 589 c.p. e richiamarono le conclusioni cui era giunto il perito del P.M., secondo cui l’impatto non si sarebbe verificato se il conducente la Peugeot, come da prescrizioni, avesse circolato in prossimità del margine destro della propria corsia di marcia.

Si costituì Ca.Sa. contestando integralmente la domanda attorea e chiedendone il rigetto; sostenne che l’incidente doveva ascriversi a responsabilità esclusiva di C.F. che, provenendo da strada interpoderale, non aveva adempiuto all’obbligo di arrestarsi allo “STOP” imposto da apposita segnaletica e di dare precedenza ai veicoli che, come la propria Peugeot, procedevano sulla “strada favorita”; in via riconvenzionale, chiese la condanna degli attori, in solido, con la R.A.S. (compagnia assicuratrice della Fiat Punto condotta da C.F.) al risarcimento dei danni dallo stesso subiti e derivati dall’incidente oggetto del giudizio.

Si costituirono le compagnie assicuratrici dei veicoli coinvolti nel sinistro, la Uni One Assicurazioni S.p.a. (poi Duomo Unione Assicurazioni S.p.a., e successivamente Società Cattolica di Assicurazioni a r.l.) e la R.A.S.’ poi Allianz S.p.a), che gli attori avevano chiesto e ottenuto di chiamare in causa a seguito della domanda riconvenzionale del convenuto. Entrambe le compagnie, oltre a formulare eccezioni e richieste preliminari, chiesero il rigetto delle domande contro di loro proposte perchè infondate.

Con sentenza depositata il 5 luglio 2010 il Tribunale di Gela dichiarò che il sinistro in parola era ascrivibile alla responsabilità prevalente del defunto C., dante causa degli attori, proprietario e conducente della Fiat Punto, assicurata per la r.c. con la RAS S.p.a., poi Allianz S.p.a., con il concorso di colpa nella misura del 30% del Ca., conducente e proprietario della Peugeot 306 assicurata per la r.c. con la Duomo Unione Assicurazioni S.p.a., poi Società Cattolica di Assicurazioni a r.l..

Condannò, pertanto, Ca.Sa., in solido con la Duomo Unione Assicurazioni, a pagare agli attori, per il ristoro dei danni sofferti in conseguenza della morte del loro congiunto, la somma di Euro 288,000,00, già rivalutata, con gli interessi dalla data della sentenza al soddisfo; condannò gli attori, in solido tra loro, a pagare al Ca., per i danni dallo stesso subiti nell’incidente in parola, la somma di Euro 16.100,00, già rivalutata, con gli interessi dalla data della sentenza al soddisfo; compensò le spese tra gli attori e Ca.Sa. e la Duomo Unione Assicurazioni S.p.a. in ragione della reciproca parziale soccombenza; accolse la domanda di garanzia formulata dagli attori nei confronti della R.A.S. tenuta alla r.c. come da regolare polizza stipulata da C.F. per la Fiat Punto di proprietà e condotta dallo stesso e, per l’effetto, condannò la R.A.S. a manlevare gli attori per tutto quanto dovuto dagli stessi al Ca. a titolo di risarcimento dei danni sofferti, oltre alle spese afferenti a tale domanda da distrarsi in favore dell’avv. Fiorenza procuratore antistatario.

Avverso la sentenza di primo grado proposero appello L.C., C.P. e C.M., lamentando che il Tribunale, erroneamente, aveva formulato un giudizio di responsabilità concorrente del Ca. nella misura del 30% avvalendosi della perizia redatta nel processo penale, senza ammettere la consulenza tecnica richiesta da parte attrice, e, quindi, aveva ingiustamente, solo in parte, accolto la domanda; chiesero, quindi, la riforma della sentenza impugnata, con il favore delle spese.

Si costituì l’Allianz S.p.a. (già R.A.S. S.p.a.) contestando la fondatezza del proposto gravame e chiedendone il rigetto con la condanna degli appellanti alle spese del giudizio; propose appello incidentale, adducendo l’erroneità della sentenza laddove l’aveva condannata alla rifusione alle spese di lite nei riguardi degli attori, chiamanti in garanzia, appello poi rinunciato.

Si costituì la Duomo Assicurazione S.p.a. chiedendo il rigetto del gravame.

La Corte di appello di Caltanissetta, con sentenza n. 305/2018, pubblicata in data 1 giugno 2018, confermò la sentenza impugnata; dichiarò Allianz S.p.a. decaduta dall’appello incidentale proposto; compensò le spese di lite di quel grado tra gli appellanti e la Duomo Unione Assicurazioni S.p.a.; dichiarò irripetibili le spese di lite di quel grado di Allianz S.p.a..

Avverso la sentenza della Corte di merito C.M. ha proposto ricorso per cassazione, basato su tre motivi e illustrato da memoria. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso per cassazione è stato proposto solo da uno degli originari attori e appellanti. Non va, tuttavia, fissato un termine per l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei predetti. Si osserva al riguardo che il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano certamente quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perchè non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato ad esplicare i suoi effetti.

Ne consegue che, in caso di ricorso per cassazione prima facie come nella specie – infondato o inammissibile, appare superflua, pur potendone sussistere i presupposti (risultando, nel caso all’esame, L.C. e C.P. litisconsorti processuali), la fissazione del termine per l’integrazione del contraddittorio, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (Cass. 8 febbraio 2010, n. 2723; Cass., sez. un., 22 marzo 2010, n. 6826; Cass., ord., 13 ottobre 2011, n. 21141; Cass. 17/06/2013, n. 15106).

2. Con il primo (rubricato “Violazione degli artt. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3) e 5) per omessa valutazione delle statuizioni contenute nella sentenza n. 185/2015 pronunziata in data 16.04.2015 dal Tribunale di Gela e munita di attestazione di avvenuto passaggio in giudicato”, il ricorrente lamenta che la Corte territoriale “non… (avrebbe) minimamente preso in considerazione e valutato le statuizioni contenute nella predetta sentenza prodotta all’udienza del 25 febbraio 2016 con attestazione di irrevocabilità, avente efficacia nel presente giudizio quale “giudicato cd. esterno”, essendo stata emessa in relazione al medesimo fatto storico (sinistro stradale mortale occorso a C.F. in data (OMISSIS)) ed avente ad oggetto “risarcimento danni riportati dall’autovettura condotta dalla vittima””.

1.1. Il motivo è infondato, in quanto non sussiste l’invocato giudicato esterno, non avendo tutte le parti di questo processo partecipato a quel giudizio deciso con la sentenza richiamata e relativo ai danni a cose. Ed infatti risulta (v. ricorso, p. 9, e sentenza n. 185/2015, in atti) che quel giudizio è stato promosso dalla sola L., moglie del defunto, in proprio e nella qualità di erede dello stesso, e nei confronti di Duomo Assicurazioni Uni One S.p.a. e Ca.Sa. mentre il presente giudizio risulta essere stato promosso dalla predetta nonchè da C.P. e C.M., in proprio e nella qualità di eredi di C.F., e dello stesso giudizio sono stati, altresì, parti, oltre al Ca., anche le compagnie assicuratrici di entrambi i veicoli coinvolti nel sinistro di cui si discute in causa (Cass.20/02/2013, n. 4241; Cass. 4/07/2019, n. 17931).

1.2. L’invocata decisione avrebbe potuto, pertanto, essere solo liberamente valutata dalla Corte di merito, la quale l’ha sicuramente tenuta presente, come risulta dall’ultima pagina della sentenza impugnata in questa sede.

1.3. Peraltro, la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (v. ex multis, Cass., ord., 4/07/2017, n. 16467; Cass. 23/05/2014, n. 11511).

1.4. Infine, si osserva che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv. in L. n. 134 del 2012, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque – come nel caso in esame – preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., sez. un., 7/04/2014 n. 8053; Cass., ord., 29/10/2018, n. 27415).

3. Con il secondo motivo, rubricato “Violazione ex art. 360 c.p.c., n. 5) per omessa ammissione delle prove richieste nel giudizio di primo grado e reiterate nel giudizio di appello ex art. 356 c.p.c. Omesso esame della motivazione della sentenza penale di condanna n. 607 del 01.10.2008 pronunziata dal Tribunale di Gela in composizione monocratica a carico di Ca.Sa., confermata con sentenza n. 880 del 03.12.2009 dalla Corte di Appello di Caltanissetta – Sezione Seconda Penale. Violazione dell’art. 2697 c.c.”, si censura la sentenza impugnata “non avendo la Corte nissena motivato in ordine al mancato accoglimento di tali richieste, peraltro suffragate dalla produzione di consulenza tecnica a firma dell’ing. c.a. per mezzo della quale si evidenziava, in forma specifica e dettagliata, l’errata determinazione del presumibile punto d’urto (P.P.U.) da parte degli agenti di Polizia intervenuti e che, conseguentemente, aveva indotto anche in errore il consulente nominato dal Pubblico Ministero nell’ambito del procedimento penale iscritto a carico di Ca.Sa. per l’ipotesi di reato di omicidio colposo, conclusosi con la pronunzia di sentenza n. 607 del Tribunale Penale di Gela in composizione monocratica in data 01.10.2008 che riconosceva l’im(pu)tato colpevole del reato ascritto e lo condannava alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione (pena sospesa), condanna confermata nel successivo giudizio di impugnazione celebrato dinanzi l’Ecc. ma Corte di Appello di Caltanissetta – Sezione Seconda Penale (sentenza n. 880/09 del 03.12.2009)”.

Deduce, altresì, il ricorrente di aver evidenziato l’errata determinazione del presumibile punto d’urto, basata su “Errori di calcolo denunziati nel corso del giudizio di primo grado, puntualmente e specificatamente indicati (cfr. pag. 7 comparsa conclusionale di parte attrice depositata nel proc. n. 1293/05 r.g. Tribunale di Gela) ed in relazione ai quali si era già avanzata, in punto di precisazione delle conclusioni e nei successivi scritti conclusionali depositati ex art. 190 c.p.c., istanza di rimessione della causa in istruttoria al fine di ammettere consulenza tecnica per l’accertamento del grado di responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro che aveva cagionato la morte al povero C.F.”.

3.1. Il motivo va disatteso.

Si osserva, in relazione alle doglianze relative alla mancata ammissione “delle prove richieste in citazione e nella memoria ex art. 184 c.p.c. depositata in data 08.02.2008” e ai lamentati errori di calcolo, che il motivo all’esame è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, non essendo state riportate specificamente così come articolate nei predetti atti e in sede di precisazione delle conclusioni anche in secondo grado – tali prove e neppure risultano riportati specificamente nel motivo, che deve essere autosufficiente, gli errori di calcolo in parola.

A quanto precede va aggiunto che la consulenza tecnica d’ufficio è un mezzo istruttorio – e non una prova vera e propria – sottratto alla disponibilità delle parti ed affidato al prudente apprezzamento del giudice del merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario giudiziario e la motivazione dell’eventuale diniego può anche essere implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato effettuata dal suddetto giudice (Cass. 2/03/2006, n. 4660). Inoltre, nella specie va evidenziato che, sulla richiesta di c.t.u., la Corte di merito si era già espressa motivatamente per il rigetto della stessa, con ordinanza del 7 giugno 2012 (v. sentenza impugnata, p. 5), nè il ricorrente ha dedotto in ricorso di aver reiterato tale istanza in sede di precisazione delle conclusioni in secondo grado nè di tale richiesta vi è cenno nelle conclusioni riportate nella sentenza impugnata.

Le ulteriori doglianze vanno disattese, avendo la Corte territoriale, come del resto avevano sostenuto gli stessi appellanti (v. sentenza impugnata p. 6), correttamente, ritenuto non vincolante per il giudice civile la sentenza penale di condanna, che, come la sentenza n. 185/15 del Tribunale di Gela, poteva essere solo liberamente valutata dai giudici del merito e va al riguardo ribadito quanto già osservato alla fine dell’esame del primo motivo (p.p. 1.3 e 1.4.).

4. Con il terzo motivo, rubricato “Violazione ex art. 360 c.p.c., n. 5) per omesso esame e valutazione del motivo di appello riguardante la compensazione delle spese di giudizio del primo grado” si censura la sentenza impugnata per aver “la Corte territoriale ritenuto la soccombenza reciproca delle parti e non preso in considerazione la domanda formulata dagli attori sia nell’atto introduttivo sia in punto di precisazione delle conclusioni”.

4.1. Il motivo va disatteso.

Ed invero, si osserva che non è stato riportato in ricorso il tenore testuale “del motivo di appello riguardante la compensazione delle spese”, di cui si lamenta l’omesso esame, con conseguente difetto di specificità, per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, del motivo di ricorso all’esame (Cass., 20/08/2015, n. 17049).

Peraltro, lo stesso ricorrente riporta la motivazione della sentenza impugnata con cui la Corte territoriale ha rigettato tale motivo sicchè non sussiste, in ogni caso, il lamentato vizio motivazionale, alla luce dei ristretti limiti in cui lo stesso è ora configurabile (Cass., sez. un., 7/04/2014 n. 8053). Per completezza si evidenzia che la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (Cass. 20/12/2017, n. 30592; Cass. 31/01/2014, n. 2149).

5. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

6. Non vi è luogo a provvedere per le spese del giudizio di cassazione, non avendo gli intimati svolto attività difensiva in questa sede.

7. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315), evidenziandosi che il presupposto dell’insorgenza di tale obbligo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (v. Cass. 13 maggio 2014, n. 10306).

PQM

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 2 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2020

 

 

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